Essere linkati dalla Cina

Ho appena chiuso una conversazione via email con una blogger cinese (almeno credo sia di sesso femminile, ma certo al cento per cento non sono) che mi informava che stava adoperando alcune mie foto (avevo notato il suo interesse  sul mio account) su Flickr per corredare un suo blog sulla cucina e la cultura italiane. Come sempre accade in questi casi ho risposto dicendo che le mie immagini sono rilasciate in licenza Creative Commons, quindi nessun problema di utilizzo a patto di rispettare la licenza, in special modo la citazione della fonte con l’inserimento di un link alla foto originale. L’episodio mi è stato utile per toccare con mano uno dei problemi più stringenti per i blogger cinesi: Janet (così si firma in codice europeo) mi ha subito risposto ringraziandomi per la disponibilità ed esponendomi tutti i timori rispetto alla possibilità di linkare un servizio, quale flickr. Si rischia come minimo di venire bloccati dai firewall governativi, di dovere cambiare indirizzo ip e nome di dominio. A sostegno di questi timori mi manda alcuni link che qui rigiro:

Vengo così ad apprendere che con incredibile analogia alla storica  “Grande Muraglia”, i cinesi (il governo cinese) hanno realizzato “Il Grande Firewall”, un sistema concepito per consentire l’utilizzo di internet limitando allo stesso tempo il contatto con idee e persone occidentali per l’apparato indesiderabili. Qualcosa l’avevo evidentemente già appreso dai giornali ai tempi della questione Google in Cina, ma “toccare con mano” è sempre un’altra cosa…

Una rapida ricerca sul servizio “whois” mi fa capire che il registrar del dominio è effettivamente un privato, non ci sono dietro compagnie. Capisco quindi le difficoltà di Janet e le dico di andare avanti senza problemi.

Salire in politica

Sono molto contento della avvenuta adozione dell’espressione “salire in politica” adoperata da Monti, credo sia un altro segno del concreto tentativo di distacco dal ventennio berlusconista. Mi auguro che i giornalisti cancellino dalla prassi professionale l’utilizzo di “scendere in campo“, restituendo al calcio quello che è del calcio e liberandoci dall’ennesimo stupro della lingua italiana.

Per una divergenza del pensiero economico

Leggo su Sole24ore un intessante articolo dal pessimo titolo “Occupazione 3.0”. Vabbè, si sa che i titolisti sono quello che sono, il contenuto mi è sembrato interessante e mi ha dato conferma di alcuni pensieri che vado facendo da qualche tempo a questa parte. Il nobel per l’economia Michael Spence, nobel nonché docente della Stanford University afferma

Occorrerà adottare un nuovo modello di crescita…. Il vecchio sistema, basato sul debito, non può funzionare.

Come dire, magari non era necessario essere un nobel per pensarla, questa cosa 😉 Comunque il fatto che sia un nobel ad affermarla immagino sia un conforto per quanti pensano che il sistema dell’incremento all’infinito dei consumi non possa essere alla lunga praticabile: anche ammesso di trovare modi sempre nuovi per colmare il fabbisogno energetico e tecnologie innovative per i materiali rimane l’incontrovertibile limite della finitezza del sistema terra.
Dunque: che vogliamo fare? Andare avanti come sappiamo nella certezza che si tratti di una corsa verso il disastro o investire per sperimentare e poi affermare un nuovo modello economico e di sviluppo? Secondo il mio sentire la domanda sarebbe da giudicare del tutto retorica ma da quel che vedo e che riesco a leggere non e affatto così! Le ricette per uscire dalla crisi sembrano tutte centrate sulla ripresa dei consumi, tutte con l’attenzione rivolta alla contingenza e manca quella capacità di vedere lo sviluppo nel tempo.
Mi auguro che affermazioni come quelle di Spence possano contribuire a creare un pò di divergenza tra gli economisti pensatori. Da parte nostra, e qui penso alla comunità dei docenti e dei formatori, credo ci sia la consapevolezza che si stia andando comunque verso sistemi che richiedono e sempre più a tutti richiederanno di diventare “più bravi”. Le competenze professionali e civiche dovranno sicuramente aumentare, e non di poco! Gli investimenti in formazione dovranno sicuramente crescere. Non saprei con esattezza affermare come potremmo cercare di convincerci sulla necessità di questo cambiamento, ma vedo e sento voci sparse (vedi ad esempio Come un fiore sul ciglio del prato (Natale 2012)) che, magari con un punto di osservazione diverso, tentano di convergere verso il medesimo risultato.

Impunità

20121219-182308.jpgArrivo a scuola, stamattina, subito mi accorgo di qualcosa che non va: posteggio semideserto, troppo poco movimento. In portineria la polvere bianca per terra rende subito tutto chiaro: svuotati gli estintori ancora una volta! Piano terra e primo piano inagibili, scuola chiusa.
Sono veramente seccato. Non riesco a tollerare che una comunità come quella dell’istituto sia in balia di qualche malandrino mezzo deficiente. Quindici giorni fa il furto di 22 iPad che dovevano servire per una sperimentazione didattica. Oggi ancora gli estintori, uso strategico, lunedì e martedì la scuola è stata chiusa per il concorso, sabato è già vacanza natalizia, mercoledì-giovedì-venerdì rimanevano da risolvere… E così i ricevimenti dei genitori si sono oggi fatti in palestra…
La cosa che mi disturba di più è comunque l’interruzione, a tutti i livelli del processo fomativo, del rapporto causa ed effetto. Parlo di cose semplici, del genere: se non si è preparati si boccia oppure se si fa un danno se ne pagano le spese. Invece no, parlando ad esempio con i ragazzi che qualche settimana fa occupavano a singhiozzo l’istituto mi sono reso conto che la forza sulla quale contavano non consisteva nelle convinzioni, nelle ideologie e tanto meno nella voglia di far qualcosa! Niente di tutto questo. Piuttosto il discorso girava sempre su argomentazioni del tipo “ma tanto non possono farci niente” oppure “lo zio commissario della Digos ci ha detto che se non ha la nostra carta di identità la preside non ci può denunciare”. Non il coraggio, non le idee e nemmeno una vera volontà; piuttosto l’impunità. Viene lo scoraggiamento.

41 bis per la scuola

La legge di stabilità (alias la finanziaria) per l’anno 2013 prevedeva che i docenti dovessero effettuare 24 ore di attività frontale a fronte delle attuale 18. Il tutto senza alcun aumento nella retribuzione… Tale norma è stata eliminata ma ne sono state introdotte delle altre delle quali non ho visto nei media alcuna traccia essendosi parlato solamente delle 24 ore e della riduzione del Fondo per l’Istituzione ( le somme che ogni scuola ha disponibili per il suo funzionamento).

Nel tentativo di capirci qualcosa in più sono andato a leggere il risultato dei lavori della Commissione Parlamentare VII (Cutura, scienza e istruzione) e ho cercato di sintetizzarne il contenuto nelle due mappe concettuali che allego.

Alcune novità mi sembrano rilevanti e foriere di possibili cambiamenti:

  • l’organico funzionale di rete, ad esempio, che consentirebbe di utilizzare lo stesso docente come “tappabuchi” in scuole diverse
  • la dimensione “minima” delle 18 ore, da riequilibrare a scelta del dirigente in funzione di una valutazione dei carichi di lavoro dei diversi docenti dell’istituto
  • la variabilità della retribuzione, costituita ( novità assoluta) da una parte fissa e da una parte legata al “merito”
  • la necessità di tenere un registro dei lavori fatti al di fuori delle 18 ore in classe.

Credo se ne debba parlare per le imminenti iniziative.

 

 

Ancora sulle mostre a Londra

Aggiornamento del post precedente.

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Visitata la mostra di Richard Hamilton alla National Gallery. The Late Works raccoglie le ultime opere dell’artista fondatore della popart compresa l’ultima, incompiuta, distribuita su tre tele in tre differenti versioni. Hamilton é considerato a tutti gli effetti un pittore, ma le tecniche utilizzate mi consentono di includerlo in questa piccola carrellata dedicata alle mostre fotografiche: computer grafica, fotografia, interventi manuali su tele stampate dalle inkjet. È come se questi lavori gettassero un ponte tra la pittura e la ricerca che parte dalla fotografia per cercare di svincolarsi dal dato di realtà, dalla tentazione documentaria. Guardandoli ci si ritrova spiazzati: linee prospettiche da disegno tecnico si fondono e trasmutano in architetture da fotografia di interni e, in queste, figure femminili, nudi femminili, sono intenti, ma in pose statuarie, ad occupazioni assolutamente “pop” quali passare l’aspirapolvere. In altre opere ricostruzioni 3D della stessa National Gallery contengono ritagli di foto che rappresentano persone intente a collocare quadri all’interno del museo.

20121027-130916.jpgEvery Was Moving” al Barbican ospita oltre 400 opere di affermati artisti quali Bruce Davidson, William Eggleston, David Goldblatt, Graciela Iturbide, Boris Mikhailov, Sigmar Polke, Malick Sidibé, Shomei Tomatsu, Li Zhensheng e di alcuni importanti innovatori morti prematuramente: Ernest Cole, Raghubir Singh and Larry Burrows. Le fotografie sono degli anni 60 e 70 e mostrano un mondo in evoluzione: la condizione dei neri in sudafrica, le manifestazioni di Malcom X e di Martin Luther King negli Stati Uniti, momenti di vita del Mali post-francese. Impressionanti le foto dalla Cina della “rivoluzione culturale” con panoramiche della manifestazioni di massa o con istantanee dei “revisionisti” messi alla gogna con i cartelli al collo con i quali rinnegavano le personali convinzioni. Meravigliose le immagini dall’India di Singh, con una ricerca sul colore come “vita” intenzionalmente contrapposto all’occidentale e mortifero bianco/nero.

20121027-130133.jpgMeno importante, ma sulla stessa scia della riflessione sulle mutazioni, la mostra “London: Landscapes in Transition” di Mike Seaborn alla galleria Foto8. Le foto testimoniano e interpretano le trasformazioni del territorio di Londra est sino alla zona della foce del Tamigi, una zona le cui grandi trasformazioni hanno avuto inizio con l’abbandono delle attività produttive, e quindi dei docks, a favore dell’utilizzo residenziale.

Di carattere storico, la collezione fotografica del Victoria and Albert Museum espone immagini di un vasto arco temporale, dalle origini sino agli anni 70, didatticamente disposte per esplorare la progressione e l’evoluzione del genere. Personalmente mi ha provocato riflessioni sulle origini del gusto e del genere che più mi appartengono.

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My personal London Photo Path

Mi sono dedicato a qualche giro londinese per gallerie e mostre fotografiche. Qui di seguito qualche sintetica considerazione.

Shoot! Existential Photography – The Photographers Gallery

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C’é stato un periodo, tra la prima e la seconda guerra mondiale, nel quale nelle fiere e nelle feste si erano diffusi degli stand per fare il tiro a bersaglio. Fare centro significava vincere un premio. In qualche caso il premio consisteva in una fotografia scattata dall’atto stesso di “fare centro”. Lo scatto era provocato dallo sparo, lo sparo provocando la fotografia della persona che sta sparando. In un certo senso un corto circuito concettuale sottolineato dal titolo ” Existential photography”. La mostra contiene materiali raccolti da collezionisti nell’arco di alcuni decenni e presenta più di un lato curioso ptestandosi anche ad alcune osservazioni di tipo sociologico. Con tre sterline in più è possibile sperimentarsi ad un tiro a bersaglio allestito al termine del percorso espositivo. Naturalmente con scatto della foto se si colpisce il bersaglio!

William Klein – Daido Moriyama Tate Modern

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Corposa esposizione alla Tate Modern, già la sede, da sola, vale la visita. Si tratta di due artisti che la critica classifica come “maestri”, rimando pertanto volentieri al sito della mostra per una rapida descrizione. Mi sentirei solo di aggiungere che si tratta di scatti e di ricerche fotografiche ormai un pó datate, quindi particolarmente interessanti per quanti prediligono una prospettiva storica. Tra le opere in mostra alcune sono certamente tra quelle indimenticabili.

Wildlife Photographer of the Year Natural History Museum
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Ho fatto ingresso nella mostra immaginando che mi sarei trovato a guardare delle bellissime quanto noiose immagini di animali. Ma già alla prima sono piombato in una sorta di incredula estasi: le immagini sono non solo meravigliose ma anche coinvolgenti in modo inaspettato. Dinamismo, complessità, perfezione formale e un incredibile dose di amore verso la natura mi avvolge così decisamente da costringermi a rallentare, fermarmi, metabolizzare: da sindrome di Stendhal.

Oleg Kulik – Regina Gallery
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Sono immagini che dispiacciono. Non sono in grado di valutare quanto riportato nella presentazione dell’esposizione, ovvero se davvero il popolo Russo sia costretto ad affrontare una tale ambiguità esistenziale da dover fronteggiare una contiguità animale anche sul piano sessuale. A me sembra una provocazione bella e buona e , sotto questo aspetto, sicuramente molto efficace. Le foto sono per una metà ricavate dalle performance stradali dell’artista: nudo, tenuto al guinzaglio come un cane, come tale si comporta. Le altre sono concepite e realizzate come foto in quanto tali: in molti casi vengono simulati accoppiamenti bestiali.

Holliwood Unseen – Gettyimages gallery

Certamente godibile, ma non incontra le mie pesonali preferenze. Gli scatti sono quelli realizzati dai fotografi delle major hollywoodiane che creavano la”immagine” degli attori a quei tempi emergenti, dalla Marilyn Monroe a Clarke Gable, da Rita Haiworth ad Humprey Bogart. Commerciale.

Baron Wolman The groupies – Mach Schau

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Che bello! Si tratta delle foto pubblicate su Rolling Stones nel 1969 e ritraggono per lo più le “groupies”, le ragazze che si mettevano al seguito delle rock band. Le foto sono bellissime, non avrei creduto che mi potessero realmente piacere, in generale ritratto e celebrità mi lasciano piuttosto indifferente, e trasudano una gradevolissima ed erotica ingenuità.

Penny Slinger – Riflemaker Contemporary Art
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Microesposizione anfrattata in un piccolo scantinato al quale si accede da una malandata scaletta di legno. Le foto in mostra, insieme ad alcun oggetti realizzati dalla stessa Slinger, sono decisamente anni 70 e marcatamente surreali ma mantengono la loro freschezza ancora oggi. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una persona intelligente. Godibile e stimolante.

Il suono della rete

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È una installazione di arte contemporanea allo Science Museum di Londra, interessante per la suggestione visiva e sonora: messaggi captati dalla rete vengono organizzati in un display che li organizza e moltiplica, una voce a più toni i legge con effetto sonoro tridimensionale. Suggestione ,evocazione, studenti che assistono.
Alla mia seconda visita al museo non sono ancora riuscito nemmeno a “dare un’occhiata” a tutte le sale, l’abbondanza di sollecitazione rischia di trasformarsi in frustrazione per non essere capaci di leggere, guardare, sperimentare, cercar di capire quanto si va trovando di interessante. Davvero troppo, conviene concentrarsi solo su un tema per volta, magari tornando più volte, l’ingresso è gratuito.
20121018-190920.jpgSe posso dare un contributo alle scelte per la visita, io consiglierei in questo periodo senza dubbio la temporanea “Code Breaker“, centrata sui lavori di Alan Turing per continuare poi al livello superiore col padiglione dedicato alla storia della matematica e alla storia dei calcolatori.

20121018-191236.jpgPer proseguire poi, ma più giocosamente, sul tema, con una visita al ChromeLab di Google per parecipare a sessioni collaborative presenza-web per la creazione di musiche o per sperimentare la creazione del proprio ritratto sulla sabbia.

Reduci testimoni

Reduci testimoni by lorca56
Reduci testimoni, a photo by lorca56 on Flickr.

Di recente ho fatto un giro in bicicletta lungo la perimetrale altomontana dell’Etna. Rispetto ad alcuni anni fa ho trovato che il percorso è diventato molto frequentato sia a piedi da da bikers scatenati. Naturalmente è stata l’occasione per qualche foto.