Saperi tradizionali e cultura

La scena è la seguente: in automobile, per le campagne a caccia di soggetti fotografici. Guardandomi in giro ascoltavo, allo stesso tempo, il podcast della puntata di wikiradio sull’iPad ( http://www.radio.rai.it/podcast/A42594994.mp3), lo ascoltavo dall’iPad, guarda caso, collegato alla radio della macchina. E mentre ascoltavo il sempre piacevolissimo Roncaglia spiegare le ragioni dello straordinario successo del dispositivo dal quale sto adesso scrivendo, andava crescendo in me un disagio, uno scontento legato alla discrepanza tra le diverse sensazioni che stavo provando: ammirazione, da una parte, per gli attori del successo dell’iPad e contentezza per esserne un più che soddisfatto utilizzatore; sconforto, dall’altra, per essere ancora una volta investito dai segnali dello sfacelo del nostro (italiano e mediterraneo) tradizionale ambiente: campagne abbandonate, brutture e sporcizia diffuse, ingiustificata alterazione del paesaggio. Ho dovuto per qualche momento interrompere l’ascolto per cercare di focalizzare il pensiero. Perché, mi dicevo, ci sono luoghi dove si riesce a produrre, si riesce a creare innovazione e ricchezza mentre noi, che pure proveniamo da un passato ricchissimo anche considerando i soli beni della cultura materiale, non riusciamo a concludere nulla di buono? Come mai rimaniamo schiavi di mode culturali e sollecitazioni di mercato provenienti dall’esterno mentre la nostra economia e il nostro territorio stanno andando in rovina? Sullo sfondo di questa riflessione la parola “cultura”, un pò confusamente, si ripresentava alla mia attenzione. E così adesso vado a guardare su Treccani.it e a leggere:

Cultura. L’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.

Mi sembra illuminante il riferimento al miglioramento delle facoltà individuali, forse è proprio questo che ci è storicamente mancato. Forse la moltitudine di mestieri e di competenze dei quali eravamo ricchissimi basavano la loro efficacia sulla applicazione di una prassi per lo più senza riflessione, rielaborazione, senza crescita del lavoratore e del cittadino. Diventate inefficaci le prassi per le mutate condizioni socioculturali e infine per la globalizzazione siamo rimasti grezzi e incolti, prede per agitatori e demagoghi di tutte le specie.
E soprattutto incapaci di crescere.

Paesaggi rurali storici

20130301-233345.jpgUn testo prezioso per chi, come me, ama andare in giro e ama fare fotografie. La lettura del paesaggio diventa inevitabilmente connaturata.
Peccato per il corpus di immagini che non è alla’altezza dell’opera, si tratta spesso di foto puramente descrittive a volte perfino un po’ sciatte. Nonostante la mole ho trovato carente la sezione dedicata alla sicilia perché mancante dei paesaggi dell’ennese e del messinese, fondamental, i primi, per la coltura estensiva dei cereali, i secondi per la presenza delle faggete e delle tracce delle antiche transumanze.

Pochi giorni al voto

Non è mia abitudine parlare di elezioni e di voto ma questa volta sono davvero assai preoccupato! Mi associo in pieno al’appello di Eco:

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Stiamo assistendo a un finale di campagna elettorale drammaticamente pericoloso per il nostro paese: il capo dello schieramento politico responsabile del tracollo economico e sociale in cui versa l’Italia e del suo discredito internazionale, anziché essere isolato e ignorato, è prepotentemente tornato alla ribalta televisiva, nel silenzio dell’autorità competente a regolare la comunicazione politica e nel giubilo di molti mezzi di informazione, assurdamente avidi di commentare, chiosare e rimbalzare le bugie e i vuoti di memoria sparsi a piene mani, con la tipica totale indifferenza per i dati di realtà e per le proprie responsabilità. Il mondo intero guarda con terrore a un ritorno di Berlusconi, caratterizzato da una politica di proposte populiste e isolazioniste, un vero e proprio peronismo del XXI secolo.
Con le bugie e la negazione assoluta della penosa realtà cui i suoi governi hanno ridotto l’Italia – la recessione economica, la disoccupazione, la mancanza di prospettive per i giovani, la descolarizzazione, l’abbandono del patrimonio culturale e dell’ambiente, l’irresponsabile rivalutazione di Mussolini e del fascismo, la corruzione endemica, il potere della criminalità organizzata – Silvio Berlusconi tenta nuovamente di illudere, di circuire, di comprare il consenso degli elettori. Cosa è se non un tentativo di compravendita del consenso la desolante profferta di restituzione dell’IMU?
Il disprezzo per gli elettori non potrebbe, in questa odiosa campagna, essere più evidente: i cittadini italiani – secondo la destra – privi di memoria e a maggior ragione di capacità critica, dovrebbero vendere il loro diritto di scegliere la classe politica che dovrà affrontare i gravissimi problemi del paese in cambio di un’elemosina, pagata per di più con i loro soldi. Poiché ormai tutti sappiamo che per diminuire una voce di entrata dello Stato non si può che aumentarne altre, oppure tagliare ancora di più i servizi sociali.
Ma alcuni diranno che neppure gli altri schieramenti politici che si candidano alle elezioni sono granchè affidabili, vuoi perché negli scorsi anni hanno mal rappresentato l’opposizione ai governi in carica, vuoi perché hanno identità incerta o improvvisata. Non sarà Libertà e Giustizia, che ha sempre cercato, nella sua breve storia, di esercitare al meglio un ruolo di critica e di pungolo nei confronti dei partiti politici, a prenderne ora le difese, e tantomeno a dare indicazioni di voto.
Anzi, non abbiamo dimenticato di aver dichiarato che mai più saremmo andati a votare con questa legge elettorale, nella speranza di ottenere dal Parlamento un gesto di dignità, con l’approvazione di una legge elettorale migliore, più rispettosa della Costituzione e dei cittadini.
Condividiamo dunque molte delle perplessità e critiche alle formazioni politiche che si contrappongono, in questa competizione elettorale, all’impresentabile destra che affligge il nostro paese. E tuttavia sentiamo ora il dovere di richiamare tutti – e in particolar modo i giovani, delusi da uno scenario che offre loro ben poche possibilità di identificazione; coloro che oggi hanno ben più pressanti problemi di mancanza di lavoro e di soldi; gli scettici, che hanno per tante volte esercitato il voto senza vedere mai una gestione del potere degna di un paese civile; gli idealisti, che coltivano aspirazioni e obiettivi ben più alti di quelli che si agitano in questa vigilia di elezioni – alla necessità cogente di superare in modo netto e definitivo l’umiliante fase della nostra storia che si sta chiudendo, ma non si è ancora chiusa.
Quella fase che ha visto il dominio dell’ignoranza, della corruzione, dell’uso a fini privati della ricchezza pubblica, dello sprezzo della magistratura, della menzogna sistematica per nascondere la propria incapacità di svolgere il ruolo che la Costituzione affida ai governi: guidare la comunità nazionale a elevare il proprio grado di civiltà.
Per raggiungere e consolidare l’obiettivo – di farla finita con i governi dei peggiori – Libertà e Giustizia fa appello a tutti i cittadini italiani che condividono la necessità di guardare avanti affinché superando le riserve e le delusioni, decidano di esercitare il loro diritto di voto in queste elezioni, locali e nazionali, a favore di una delle formazioni politiche che si impegnano a contrastare questa destra inetta e illiberale che ancora ci minaccia.
Ma non è questo il solo appello che facciamo ai cittadini italiani: il voto non è una delega in bianco! E per esercitare un controllo sul potere politico occorre rimanere attivi, informati, critici: occorre imparare, da cittadini, a chiedere e a protestare, a creare reti e legami, a far sentire la propria voce. Il nostro paese dovrà nei prossimi anni affrontare problemi molto impegnativi: ricostruire una propria missione nel mondo globalizzato e riparare il proprio tessuto sociale, liberandolo da criminalità e corruzione. Imprese tanto grandi non possono essere delegate, richiedono – per riuscire – l’impegno di tutti in prima persona.
Dunque, il voto del 24 e 25 febbraio è solo un primo, ma indispensabile passo.

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Salire in politica

Sono molto contento della avvenuta adozione dell’espressione “salire in politica” adoperata da Monti, credo sia un altro segno del concreto tentativo di distacco dal ventennio berlusconista. Mi auguro che i giornalisti cancellino dalla prassi professionale l’utilizzo di “scendere in campo“, restituendo al calcio quello che è del calcio e liberandoci dall’ennesimo stupro della lingua italiana.

Per una divergenza del pensiero economico

Leggo su Sole24ore un intessante articolo dal pessimo titolo “Occupazione 3.0”. Vabbè, si sa che i titolisti sono quello che sono, il contenuto mi è sembrato interessante e mi ha dato conferma di alcuni pensieri che vado facendo da qualche tempo a questa parte. Il nobel per l’economia Michael Spence, nobel nonché docente della Stanford University afferma

Occorrerà adottare un nuovo modello di crescita…. Il vecchio sistema, basato sul debito, non può funzionare.

Come dire, magari non era necessario essere un nobel per pensarla, questa cosa 😉 Comunque il fatto che sia un nobel ad affermarla immagino sia un conforto per quanti pensano che il sistema dell’incremento all’infinito dei consumi non possa essere alla lunga praticabile: anche ammesso di trovare modi sempre nuovi per colmare il fabbisogno energetico e tecnologie innovative per i materiali rimane l’incontrovertibile limite della finitezza del sistema terra.
Dunque: che vogliamo fare? Andare avanti come sappiamo nella certezza che si tratti di una corsa verso il disastro o investire per sperimentare e poi affermare un nuovo modello economico e di sviluppo? Secondo il mio sentire la domanda sarebbe da giudicare del tutto retorica ma da quel che vedo e che riesco a leggere non e affatto così! Le ricette per uscire dalla crisi sembrano tutte centrate sulla ripresa dei consumi, tutte con l’attenzione rivolta alla contingenza e manca quella capacità di vedere lo sviluppo nel tempo.
Mi auguro che affermazioni come quelle di Spence possano contribuire a creare un pò di divergenza tra gli economisti pensatori. Da parte nostra, e qui penso alla comunità dei docenti e dei formatori, credo ci sia la consapevolezza che si stia andando comunque verso sistemi che richiedono e sempre più a tutti richiederanno di diventare “più bravi”. Le competenze professionali e civiche dovranno sicuramente aumentare, e non di poco! Gli investimenti in formazione dovranno sicuramente crescere. Non saprei con esattezza affermare come potremmo cercare di convincerci sulla necessità di questo cambiamento, ma vedo e sento voci sparse (vedi ad esempio Come un fiore sul ciglio del prato (Natale 2012)) che, magari con un punto di osservazione diverso, tentano di convergere verso il medesimo risultato.

Ancora sulle mostre a Londra

Aggiornamento del post precedente.

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Visitata la mostra di Richard Hamilton alla National Gallery. The Late Works raccoglie le ultime opere dell’artista fondatore della popart compresa l’ultima, incompiuta, distribuita su tre tele in tre differenti versioni. Hamilton é considerato a tutti gli effetti un pittore, ma le tecniche utilizzate mi consentono di includerlo in questa piccola carrellata dedicata alle mostre fotografiche: computer grafica, fotografia, interventi manuali su tele stampate dalle inkjet. È come se questi lavori gettassero un ponte tra la pittura e la ricerca che parte dalla fotografia per cercare di svincolarsi dal dato di realtà, dalla tentazione documentaria. Guardandoli ci si ritrova spiazzati: linee prospettiche da disegno tecnico si fondono e trasmutano in architetture da fotografia di interni e, in queste, figure femminili, nudi femminili, sono intenti, ma in pose statuarie, ad occupazioni assolutamente “pop” quali passare l’aspirapolvere. In altre opere ricostruzioni 3D della stessa National Gallery contengono ritagli di foto che rappresentano persone intente a collocare quadri all’interno del museo.

20121027-130916.jpgEvery Was Moving” al Barbican ospita oltre 400 opere di affermati artisti quali Bruce Davidson, William Eggleston, David Goldblatt, Graciela Iturbide, Boris Mikhailov, Sigmar Polke, Malick Sidibé, Shomei Tomatsu, Li Zhensheng e di alcuni importanti innovatori morti prematuramente: Ernest Cole, Raghubir Singh and Larry Burrows. Le fotografie sono degli anni 60 e 70 e mostrano un mondo in evoluzione: la condizione dei neri in sudafrica, le manifestazioni di Malcom X e di Martin Luther King negli Stati Uniti, momenti di vita del Mali post-francese. Impressionanti le foto dalla Cina della “rivoluzione culturale” con panoramiche della manifestazioni di massa o con istantanee dei “revisionisti” messi alla gogna con i cartelli al collo con i quali rinnegavano le personali convinzioni. Meravigliose le immagini dall’India di Singh, con una ricerca sul colore come “vita” intenzionalmente contrapposto all’occidentale e mortifero bianco/nero.

20121027-130133.jpgMeno importante, ma sulla stessa scia della riflessione sulle mutazioni, la mostra “London: Landscapes in Transition” di Mike Seaborn alla galleria Foto8. Le foto testimoniano e interpretano le trasformazioni del territorio di Londra est sino alla zona della foce del Tamigi, una zona le cui grandi trasformazioni hanno avuto inizio con l’abbandono delle attività produttive, e quindi dei docks, a favore dell’utilizzo residenziale.

Di carattere storico, la collezione fotografica del Victoria and Albert Museum espone immagini di un vasto arco temporale, dalle origini sino agli anni 70, didatticamente disposte per esplorare la progressione e l’evoluzione del genere. Personalmente mi ha provocato riflessioni sulle origini del gusto e del genere che più mi appartengono.

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My personal London Photo Path

Mi sono dedicato a qualche giro londinese per gallerie e mostre fotografiche. Qui di seguito qualche sintetica considerazione.

Shoot! Existential Photography – The Photographers Gallery

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C’é stato un periodo, tra la prima e la seconda guerra mondiale, nel quale nelle fiere e nelle feste si erano diffusi degli stand per fare il tiro a bersaglio. Fare centro significava vincere un premio. In qualche caso il premio consisteva in una fotografia scattata dall’atto stesso di “fare centro”. Lo scatto era provocato dallo sparo, lo sparo provocando la fotografia della persona che sta sparando. In un certo senso un corto circuito concettuale sottolineato dal titolo ” Existential photography”. La mostra contiene materiali raccolti da collezionisti nell’arco di alcuni decenni e presenta più di un lato curioso ptestandosi anche ad alcune osservazioni di tipo sociologico. Con tre sterline in più è possibile sperimentarsi ad un tiro a bersaglio allestito al termine del percorso espositivo. Naturalmente con scatto della foto se si colpisce il bersaglio!

William Klein – Daido Moriyama Tate Modern

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Corposa esposizione alla Tate Modern, già la sede, da sola, vale la visita. Si tratta di due artisti che la critica classifica come “maestri”, rimando pertanto volentieri al sito della mostra per una rapida descrizione. Mi sentirei solo di aggiungere che si tratta di scatti e di ricerche fotografiche ormai un pó datate, quindi particolarmente interessanti per quanti prediligono una prospettiva storica. Tra le opere in mostra alcune sono certamente tra quelle indimenticabili.

Wildlife Photographer of the Year Natural History Museum
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Ho fatto ingresso nella mostra immaginando che mi sarei trovato a guardare delle bellissime quanto noiose immagini di animali. Ma già alla prima sono piombato in una sorta di incredula estasi: le immagini sono non solo meravigliose ma anche coinvolgenti in modo inaspettato. Dinamismo, complessità, perfezione formale e un incredibile dose di amore verso la natura mi avvolge così decisamente da costringermi a rallentare, fermarmi, metabolizzare: da sindrome di Stendhal.

Oleg Kulik – Regina Gallery
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Sono immagini che dispiacciono. Non sono in grado di valutare quanto riportato nella presentazione dell’esposizione, ovvero se davvero il popolo Russo sia costretto ad affrontare una tale ambiguità esistenziale da dover fronteggiare una contiguità animale anche sul piano sessuale. A me sembra una provocazione bella e buona e , sotto questo aspetto, sicuramente molto efficace. Le foto sono per una metà ricavate dalle performance stradali dell’artista: nudo, tenuto al guinzaglio come un cane, come tale si comporta. Le altre sono concepite e realizzate come foto in quanto tali: in molti casi vengono simulati accoppiamenti bestiali.

Holliwood Unseen – Gettyimages gallery

Certamente godibile, ma non incontra le mie pesonali preferenze. Gli scatti sono quelli realizzati dai fotografi delle major hollywoodiane che creavano la”immagine” degli attori a quei tempi emergenti, dalla Marilyn Monroe a Clarke Gable, da Rita Haiworth ad Humprey Bogart. Commerciale.

Baron Wolman The groupies – Mach Schau

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Che bello! Si tratta delle foto pubblicate su Rolling Stones nel 1969 e ritraggono per lo più le “groupies”, le ragazze che si mettevano al seguito delle rock band. Le foto sono bellissime, non avrei creduto che mi potessero realmente piacere, in generale ritratto e celebrità mi lasciano piuttosto indifferente, e trasudano una gradevolissima ed erotica ingenuità.

Penny Slinger – Riflemaker Contemporary Art
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Microesposizione anfrattata in un piccolo scantinato al quale si accede da una malandata scaletta di legno. Le foto in mostra, insieme ad alcun oggetti realizzati dalla stessa Slinger, sono decisamente anni 70 e marcatamente surreali ma mantengono la loro freschezza ancora oggi. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una persona intelligente. Godibile e stimolante.

Il suono della rete

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È una installazione di arte contemporanea allo Science Museum di Londra, interessante per la suggestione visiva e sonora: messaggi captati dalla rete vengono organizzati in un display che li organizza e moltiplica, una voce a più toni i legge con effetto sonoro tridimensionale. Suggestione ,evocazione, studenti che assistono.
Alla mia seconda visita al museo non sono ancora riuscito nemmeno a “dare un’occhiata” a tutte le sale, l’abbondanza di sollecitazione rischia di trasformarsi in frustrazione per non essere capaci di leggere, guardare, sperimentare, cercar di capire quanto si va trovando di interessante. Davvero troppo, conviene concentrarsi solo su un tema per volta, magari tornando più volte, l’ingresso è gratuito.
20121018-190920.jpgSe posso dare un contributo alle scelte per la visita, io consiglierei in questo periodo senza dubbio la temporanea “Code Breaker“, centrata sui lavori di Alan Turing per continuare poi al livello superiore col padiglione dedicato alla storia della matematica e alla storia dei calcolatori.

20121018-191236.jpgPer proseguire poi, ma più giocosamente, sul tema, con una visita al ChromeLab di Google per parecipare a sessioni collaborative presenza-web per la creazione di musiche o per sperimentare la creazione del proprio ritratto sulla sabbia.

Neuroni specchio, accesso alla conoscenza

Soddisfacente lettura del quotidiano (La Repubblica), stamattina, due gli articoli che mi hanno interessato di più. Nel primo, Neuroni appassionati, Giacomo Rizzolatti viene intervistato sulle conseguenze del comportamento dei “neuroni specchio” sulle emozioni e sull’amore, tema senz’altro evocativo e affascinante a proposito del quale fa una affermazione che mi sembra interessante al fine della definizione e caratterizzazione dell’essere umano:

«I neuroni specchio si trovano nelle aree motorie, e descrivono l’azione altrui nel cervello di chi guarda in termini motori. Fino a non molti anni fa, si riteneva che il sistema motorio producesse solo movimenti. Noi, partendo da un approccio etologico, senza convinzioni a priori sulla funzione delle aree motorie, abbiamo scoperto che molti neuroni del sistema motorio rispondono a stimoli visivi. Se vedo una persona che afferra una bottiglia colgo subito il suo gesto perché è già neurologicamente programmata in me la maniera in cui afferrarla. Si verifica una comprensione istantanea dell’altro, senza bisogno di mettere in gioco processi cognitivi superiori. In seguito abbiamo visto che la stessa cosa capita
per le emozioni. Per esempio il disgusto. Somministrando a una persona uno stimolo olfattivo sgradevole, come l’odore delle uova marce, si attivano determinate parti del cervello. Una di queste è l’insula, un’area corticale che interviene negli stati emozionali. La sorpresa è stata che, se uno guarda qualcuno disgustato, si attiva in lui esattamente la stessa zona dell’insula. Questo permette di uscire da un concetto mentalistico e freddo, riportando tutto al corpo. Io ti capisco perché sei simile a me. C’è un legame intimo, naturale e profondo tra gli esseri umani. Ama il tuo prossimo come te stesso».

Nel secondo, “Il vero spread è quello della conoscenza”, Marc Augé individua nelle differenze di possibilità di accesso all’istruzione una causa di disuguaglianza più forte di quelle di origine economica (non negando, evidentemente, tutte le possibile interdipendenze) e afferma:

La storia ha un senso? Quale senso? L’unico senso è la conoscenza. E l’unico ostacolo alla conoscenza è l’arroganza intellettuale degli allucinati di ogni sorta che vogliono imporre le loro convinzioni all’umanità…..Se un giorno ci sarà una rivoluzione sarà una rivoluzione dell’istruzione e dell’educazione alla libertà.