Una rappresentazione abbastanza accurata ed immediatamente ottenibile della propria rete di apprendimento personale è fornita da TwitterMosaic.
Ecco la mia:
Pagine Personali
Una rappresentazione abbastanza accurata ed immediatamente ottenibile della propria rete di apprendimento personale è fornita da TwitterMosaic.
Ecco la mia:
Ha avuto inizio oggi (prima sessione delle quattro in programma) il workshop di aggiornamento professionale di psicopedagogia dell’apprendimento tenuto dal Cidi di Palermo alla Scuola Piazzi di via mario Rutelli. Relatore il prof. Mario Di Mauro, Università Ca’ Foscari di Venezia – Centro Interateneo per la Ricerca didattica e la Formazione avanzata.
Il tema è di quelli attuali ed estremamente spinosi, ha fatto notare Di Mauro, schierandosi al contempo tra i crititici dell’adozione del concetto di competenza in ambito scolastico. Motivo: il concetto di competenza deriva da ambiti e ambienti assai diversi da quelli dell’istruzione e della formazione. I modelli di riferimento sono quelli dell’impresa che ha effettivamente bisogno di declinare delle competenze in termini di capacità di soddisfare agli obblighi delle diverse mansioni. A scuola invece le esigenze sono diverse.
La tesi è stata sostanziata dal risultato di uno studio molto approfondito che non sarei in grado di riportare ” a caldo” e senza aver adeguatamente riguardato i materiali che saranno messi agli atti dell’iniziativa. Quello che posso dire stasera è che è stato chiaramente ribadita una sorta di contrapposizione tra la “società della tecnica” e la “società umana della comunicazione”. Che sono stati esaminati i modelli di definizione e valutazione delle competenze di scuola rispettivamente americana e inglese. Che è stato citato il sociologo francese le Boterf, autore di una interessante definizione di competenza che sarà approfondita nei prossimi incontri.
Le mie personali impressioni: la dicotomia “società della tecnica” – “società dell’uomo” mi è sembrata un pò forzata e curvata nel verso della dimostrazione di un teorema per il quale il dominio della tecnica obbliga ad una eccessiva razionalizzazione dell’organizzazione produttiva e alla conseguente costrizione degli esseri umani in ruoli e mansioni determinati rigidamente dalle esigenze della produzione. La tesi mi sembra un pò stantia e mi ricorda analisi del mondo della produzione di stampo ottocentesco. Sociologi, antropologi, economisti, psicologi ci hanno nel frattempo segnalato tante altre dinamiche, una per tutte: l’uomo consumatore, l’individuo considerato come target del marketing, l’uomo, e soprattutto l’adolescente, per il quale la spinta del mercato ha sostituito la spinta del bisogno e del desiderio. In questo senso economia e finanza credo possa essere considerati attori più pesanti della tecnologia.
Domani alle 15 il secondo incontro.
Che il sito web di WolframAlpha fosse una meraviglia dalle enormi potenzialità ce ne eravamo già accorti da tempo: sul web la potenza di un “motore” come quello di “Mathematica”! Praticamente un sogno: diventava immediatamente possibile accedere alla soluzione di equazioni, rappresentazione di fenomeni fisici, possibilità di calcolo sino a quel momento inconcepibili per il web. Si inserisce l’espressione matematica in un apposito campo e immediatamente se ne ottiene la soluzione numerica ( se esiste), la rappresentazione grafica e molto altro. Matematica interattiva sul web!
Ma la visione dei creatori del sistema si spinge molto oltre, sino ad abbracciare il concetto di motore di ricerca di tutta la conoscenza “computabile”: tutto spiegato molto bene alla pagina “Vision & History”, ma difficile da comprendere in un sol colpo. Basti pensare ad esempio che se si inserisce nel campo di ricerca la parola “Roma”, si ottiene una schermata densa di informazioni demografiche, geografiche, meteorologiche e storiche su quella città. Se si inserisce la parola “proton” ( in italiano protone) se ne ottengono le caratteristiche fisiche: massa, spin,carica elettrica, vita media, etc. Se scrivo “c4” , apprendo che è una nota musicale (un do) a 261.626 hertz , la sua posizione sulla tastiera diun pianoforte virtuale e la posso anche sentire!
Non solo matematica, quindi, ma tutto ciò che è descrivibile formalmente e quantitativamente diventa potenzialmente oggetto di inserimento nel motore computazionale.
Sin qui bellissimo e prezioso, ma rimaneva piuttosto difficile pensarne una applicazione didattica, soprattutto a causa della necessità di imparare un minimo di linguaggio e di modalità di interazione: per gli studenti un ostacolo antipatico e difficile. Problema adesso in gran parte superato dalla disponibilità della tecnologia denominata “WolframAlpha Widgets“. In pratica diventa possibile generare delle vere e proprie miniapplicazioni, inseribili in qualsiasi pagina web, capaci di eseguire interattivamente una delle tante cose computabili dal sistema. Tutti possono creare i propri widgets: diventa così possibile mettere a disposizione degli studenti la possibilità di sperimentare e di eseguire particolari operazioni immediatamente.
Ho voluto subito provare a farne uno per i miei studenti e sono rimasto veramente ben impressionato dalla facilità con la quale si riesce facilmente a portare a termine il compito prefissato. Ecco il risultato:
Si tratta di un widget che disegna sullo stesso diagramma cartesiano due differenti sinusoidi delle quali potere inserire i valori di ampiezza, pulsazione e fase. Provare per credere! Consentendo ai miei alunni di quarta e di quinta la possibilità di “manipolare” le sinusoidi in modo visivo (quasi “tattile” mi verrebbe da dire), spero di poter raggiungere l’obiettivo di concretizzare la loro conoscenza dei fenomeni legati ai segnali elettrici e quindi aiutarli a raggiungere un minimo di competenza almeno relativamente alla loro descrizione.
Ho già inserito il widget nei rispettivi siti didattici: vedremo!
Dedicato oggi una buona fetta della giornata ad una piccola, personale sperimentazione: realizzare e pubblicare un piccolo learning object (senza pretese di rispetto di standard Scorm e simili) usando solamente gli strumenti gratuiti di Google.
Argomento prescelto: calcolo della resistenza equivalente di un bipolo, un classico delle classi terze degli istituti tecnici con indirizzo elettrotecnico, elettronico, informatico.
La competenza da sviluppare prevede che si sia in grado di semplificare progressivamente la rete elettrica in questione e di svolgere alcuni semplici calcoli.
Il learning object si divide in conseguenza in due parti fondamentali: la prima, la semplificazione progressiva del circuito, per la quale ben si addice il formato della slide presentation; la seconda, il calcolo, da affrontare “su carta” e da verificare successivamente su di un apposito foglio elettronico.
Entrambe le funzionalità sono messe a disposizione da “Documents” di Google e anche con buona dotazione di funzionalità . Ho trovato molto comodo l’utilizzo dello strumento di disegno per realizzare lo schema elettrico; si adatta anche all’utilizzo della tavoletta grafica. Scomoda invece, e abbastanza inspiegabile, l’impossibilità di trasferire il medesimo disegno da un ambiente all’altro e cioè dalla presentazione al foglio di calcolo: il copia e incolla non funziona e funziona male anche l’importazione come immagine (ovviamente dopo averla esportata in uno dei formati grafici consentiti) che viene collocata in una finestra sovrapposta alle celle e non ridimensionabile nè ritagliabile.
Un’altra voglia frustrata è stata quella relativa all’embedding del foglio di calcolo in una slide: mi sarebbe piaciuto farlo nell’ultima slide in modo da fornire lo strumento automatico per la verifica della correttezza dei calcoli matematici. Per ovviare all’inconveniente ho pensato di utilizzare google “sites”: ho generato un nuovo sito web vuoto (operazione che richiede pochissimi secondi) e, in questo, una pagina contenente in successione l’embedding della presentazione e quello del foglio di calcolo.
Il tutto funziona piuttosto egregiamente ma bisogna aver cura avere pubblicato come pagina web entrambi i documenti inclusi nella pagina. In caso contrario sul sito verrebbe mostrato solamente il messaggio di invito, da parte di Google, alla creazione di un nuovo account.
Un’altra limitazione, forse più grave, riguarda l’utilizzo del foglio elettronico che effettua un semplice calcolo sulla base dei valori di resistenza inseriti dall’utente. Allo stato attuale della mia sperimentazione non sono sicuro che questo possa avvenire se non lasciando al pubblico la possibilità di modificare l’intero foglio, alterandone quindi anche la funzionalità.
Conclusioni: ho impiegato parecchio tempo nel compiere le diverse prove trovando funzionali gli strumenti di editing e invece piuttosto confuse le modalità di setaggio dei permessi relativi alla condivisione e alla pubblicazione. Direi che si tratta di una strada non difficilmente percorribile dal docente mediamente tecnologizzato a patto che abbia un account google ed un minimo dimestichezza con gli strumenti a disposizione.
Chi volesse dare un occhiata al learning object prodotto puó farlo a questo indirizzo: https://sites.google.com/site/columbaproflearning/
Liberamente tradotto da xWeb di George Siemens
Dare un nome alle cose è importante. E’ più facile dire “web 2.0” piuttosto che “web partecipativo, con contenuto distribuito, guidato dalla conversazione”. Sfortunatamente, i nomi modellano i concetti a volte in maniera imprecisa. E, una volta creato il nome, uomini di market, consulenti, opinionisti si lanciano “nella monetizzazione delle potenzialità sinergiche del web 2.0 [o di qualsiasi altra cosa]”. Proprio oggi mi sono imbattuto su Twitter in un post relativo al “crowdsourcing the longtail of training content”. ugh. Talvolta le parole, anzichè di aiuto, sono dannose.
Ancora, dare un nome alle cose può anche essere di aiuto nell’evidenziare un punto di svolta. O ppure un buon nome può focalizzare l’attenzione ai cambiamenti dando loro una forma definita che può essere adoperata per la previsione di trend significativi. Web 2.0 fu uno di quei punti di svolta. Un altro punto di svolta è costituito dall’articolo elearning 2.0 di Stephen Downes.
Siamo adesso in un periodo nel quale i progressi tecnologici stanno generando qualcosa di più definitivo di una collezione casuale di innovazioni quali FourSquare, il semantic web e la “augmented reality.
La settimana scorsa Steve Wheeler, con la sua presentazione sul web 3.0, ha lanciato un dibattito. Downes ha subito replicato suggerendo che Web X ( nel senso di eXtended) sarebbe stato un buon titolo. Un buon nome, peccato somigli troppo a web ex – il fornitore di conferenze on line. Abbiamo bisogno di un altro termine. Io sto pensando a “xWeb” e non credo di essere il solo: si veda l’articolo di Rita Kopp proprio sull’argomento dello “extended Web”. Analogamente a quanto successo per lo sviliuppo dei termini PLE, connettivismo, elearning 2.0 e anche web 2.0, “xWeb” non rappresenta un qualcosa di totalmente nuovo. Piuttosto da forma ad un argomento che molte persone si stanno sforzando di definire.
Cosa è xWeb?
xWeb è l’utilizzazione di dati intelligenti e strutturati tratti dalle nostre interazioni e identità fisiche e virtuali in modo da estendere la nostra capacità di essere conosciuti da altre persone e da altri sistemi.
Come definizione è abbastanza imprecisa, ma si tratta solo di un punto di partenza. Dal momento che xWeb nasce dal web e dal web 2.0, gli elementi coinvolti sono assai numerosi. Ciò che è unico nel xWeb è il modo nel quale è capace di trasformare come lavoriamo, come impariamo, come interagiamo con gli altri e con l’informazione. Ad un certo livello si tratta della maturazione del web come già lo conosciamo – una estensione naturale degli attuali trend di sviluppo della tecnologia e di internet. Ma, ad un differente livello, coinvolge una negoziazione tra due questioni chiave sulle quali continuo sempre a riflettere:
Con xWeb noi stiamo ripensando cosa spetta a noi fare in quanto persone e stiamo cominciando a fare affidamento a quanto la tecnologia fa meglio di quanto potremmo fare noi stessi.
Negli ultimi anni ho cercato di catturare la natura del cambiamento tecnologico. In parte ne ho parlato sui blog, in parte ne ho trattato in presentazioni e pubblicazioni, altro si può trovare su delicious.
Alcuni temi ricorrenti:
augmentation
aggregation
semantic web
location-based services (geoweb)
data overlay
smart information
visualization
social media
open data and data in general
Internet of things
cloud computing
mobile technologies
Analytics and monitoring…
A questa lista potremmo ancora aggiungere “filtering”, gli strumenti del tipo “like this”, gli strumenti di annotazione (diigo), il wearable computing e così via.
Questi i temi chiave al centro del concetto di xWeb
Ho appena scoperto l’esistenza di Edmodo, che non so se definire piattaforma di e-learning o social network al livello del singolo docente. Da quanto appare dalla presentazione l’interfaccia mutua da facebook alcune delle caratteristiche relative al contatto, alla comunicazione, ai “gruppi”. In aggiunta vi si trovano gli strumenti con i quali il docente può assegnare “i compiti” agli studenti e verificarne anche attraverso iphone e similari l’impegno. Il tutto in ambiente protetto. Non mi convince molto, mi dà la sensazione di essere dedicata a quanti adottano la filosofia del “vorrei ma non posso”, di quanti temono il contatto e la contaminazione con il “network” più allargato. E poi la metodologia dell’assegnare i compiti e poi esercitare il controllo è quanto meno discutibile . . . Da provare però, magari si scopre che può essere molto opportunamente utilizzata dove i problemi di sicurezza sono molto stringenti, ad esempio con le fasce scolari di età inferiore.
English section of the post
In this post I’ll try to summarize in italian language the content of How This Course Works post. So it is not necessary the english translation of it. Better the original one!
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Leggo la pagina How This Course Works del Critical Literacies Online Course Blog in fase di avviamento. Si tratta di un corso di tipo connettivista e le differenze di concezione e di svolgimento sono subito evidenti. Provo a puntualizzarle.
Intanto va evidenziato che l’obiettivo del corso non è quello di ricordare dei contenuti. Si tratta piuttosto di intraprendere delle attività che saranno, di conseguenza, diverse da persona a persona. La sede di svolgimento inoltre non è unica ma l’intero web è potenzialmente coinvolto. Le attività principali sono quattro:
Il corso fornisce una grande quantità di materiali in forma di letture, video, audio e quant’altro immaginabile. La quantità è tale che non è pensabile che si possa leggerli tutti. Ognuno allora è chiamato a scegliere quanto ritiene più interessante e appropriato ai personali interessi.
Una volta che alcuni contenuti siano stati letti o ascoltati o guardati, il passo successivo è di tenerne in qualche modo traccia. I modi consigliati per questo sono:
Si tratta forse della fase più difficile e delicata. Deliberatamente è stato scelto questo termine perchè non si tratta di fare delle “creazioni”, quanto piuttosto delle rielaborazioni personali dei materiali precedentemente aggregati e “remixati”. L’accento qui è posto sul fatto che non si tratta di partire da zero, bensì si parte dai materiali che sono stati precedentemente proposti. Gli stessi materiali dovranno costituire i mattoni sui quali costruire pensiero e comprensione.
Questo pensiero, questa comprensione, sono il vero oggetto del corso. Gli strumenti di alfabetizzazione critica che saranno descritti nel corso dovranno costituire i veri e propri strumenti (tools) per creare il proprio personale contenuto. Il compito dei corsisti è, quindi, non quello di memorizzare i contenuti, ma di usarli come strumenti con i quali fare pratica.
Altra attività fondamentale per il corso è quello della condivisione di quanto andiamo producendo. Può essere imbarazzante, può capitare di sentirsi esposti e di fare pubblicamente degli errori, ma si tratta di una operazione stimolante che ci spinge a lavorare più duramente e più significativamente. E poi il corso si nutre, letteralmente, della condivisione dei materiali che ogni partecipante produce: ogni contributo incrementa la quantità di materiale disponibile. Le persone apprezzano molto che si condivida con loro del materiale. Ognuno di noi apprezza la possibilità di poter accedere a dei materiali.
Le modalità della condivisione sono le seguenti: taggare ogni contributo con la sigla CritLit2010, specialmente su delicious o su twitter. Attraverso questo tag i diversi contributi saranno automaticamente aggregati a livello dell’intero corso. Stesso discorso vale per i post sui blog, o i materiali su facebook o flickr.
Quando un corso connettivista funziona bene, grazie a questa modalità di condivisione è possibile assistere all’instaurarsi di un grande ciclo di produzione, creazione e condivisione. Una esperienza così bella che non si vorrebbe che terminasse con il corso stesso.
Non si direbbe che un tema come quello del libro, sì, il libro inteso come oggetto e strumento, possa essere così ricco di considerazioni, così interessante. Personalmente ho avuto la possibilità di leggerlo ancora prima della sua uscita, come studente del corso ebooklearn per la realizzazione di “ebook” e posso assicurare i curiosi e i potenziali lettori che Gino Roncaglia è riuscito brillantemente in una operazione niente affatto facile: scrivere una sorta di manuale, che è anche un saggio, che si legge e appassiona come un romanzo!
Disponibile il download di alcune pagine-saggio in formato pdf.
Ho partecipato ieri all’incontro tra gli attori del progetto Sloop2Desc e i rappresentanti delle aziende coinvolte nel progetto. Ne ho approfittato per sperimentare un nuovo sistema per la realizzazione di presentazioni: Prezi . Lo strumento mi sembra molto promettente e sul sito si trovano diverse realizzazioni e dimostrazioni. Qui di seguito inserisco la mia presentazione e il file audio del parlato.
Sloop2Desc on Prezi
L’audio relativo alla presentazione
Nella natura di un’arca c’è, ovviamente, il “contenere”, il trasportare, il “mettere in salvo”. Arca dei Suoni, sito realizzato dalla Unità operativa IX del Centro per il Catalogo della Regione Siciliana, fa certamente questo: raccoglie dei contributi sonori variamente significativi della cultura siciliana, li mette a disposizione, li diffonde, li distribuisce per mezzo del sito stesso, li mette in salvo dall’oblio. Si tratta già di obiettivi ambiziosi e certamente assai meritevoli. Ma Arca dei Suoni va “molto più in là”: ispirandosi da una parte alle più recenti esperienze di “user generated content” presenti in rete, dall’altra alle pratiche più avanzate riconducibili, in ambito didattico, al cosiddetto “apprendimento collaborativo” e in accordo con una serie di scuole, ha sensibilizzato e incoraggiato gli alunni a raccogliere delle testimonianze sonore provenienti dai rispettivi ambienti: racconti di vita degli anziani, descrizioni di antichi lavori, canti, cunti, l’intero panorama delle possibilità è stata registrata dai ragazzi e autonomamente caricata sul sito stesso. L’operazione sembra apparentemente banale e potrebbe essere scambiata per una sorta di scimmiottamento delle ricerche etnoantropologiche. Ma, anche qui, si tratta di molto di più! Senza voler sembrare eccessivamente retorici, tuttavia va detto che si tratta di una delle dinamiche più genuinamente capaci di costruire, di recuperare, una identità culturale e, allo stesso tempo, di storicizzarla in un processo di scoperta di “cose” forse immaginate, certamente percepite come “lontane”, ma che, saldando le vite degli individui personalmente conosciuti agli eventi della “grande storia”, scatenano una autentica curiosità e voglia di conoscenza, un processo di ricerca e di sistematizzazione altrimenti indicabile come “laboratorio di storia”. Una storia ri-costruita piuttosto che sofferta sui libri di testo, un insieme di scoperte, la possibilità di essere protagonisti delle pubblicazioni di un sito web, ce n’è abbastanza per capire che si tratta di una proposta e di una realizzazione (anche se ancora si tratta di un “prototipo”) dalle potenzialità veramente elevate.
Dal punto di vista tecnico c’è poi da osservare che la realizzazione del sito ha privilegiato l’uso di software di tipo “open source” gratuito e liberamente reperibile in rete, cosa che ha garantito la fattibilità a costi praticamente nulli e che ne continua a garantire la aggiornabilità costante nel tempo. La partecipazione è aperta potenzialmente a tutti quelli che ne hanno voglia: basta registrarsi, operazione analoga a quella tante volte compiuta presso le diverse comunità in rete, e chiedere agli amministratori che il proprio account venga promosso ad “autore“. A questo punto si è pronti per caricare file audio che vengono indicizzati da un database insieme ad una serie di informazioni aggiuntive: titolo, nome della persona che ha curato la registrazione, luogo, data, etc, etc. Lo stesso database è lo strumento principale per la diffusione degli stessi brani: appena caricato, un brano è immediatamente fruibile da chiunque nel mondo disponga di una connessione al web. Insieme ai brani sono caricabili anche immagini, video, testi che ne diventano il corredo e ne amplificano l’interesse culturale. Un sistema di georeferenziazione permette poi di esaminare una mappa interattiva che mostra la localizzazione di provenienza dei diversi file audio in archivio. Completano il sito un blog collettivo, un forum, un sistema di download di materiali, un sistema di messagistica tra gli iscritti.
Insomma, questa volta volutamente con retorica, potremmo concludere dicendo che si tratta di una iniziativa rivoluzionaria sia che la si guardi dal punto di vista di un ufficio regionale, sia che l’osservatorio sia quello delle “buone pratiche” didattiche. Arca dei Suoni riesce ad unire e valorizzare il meglio di due mondi, quello della scuola e quello della burocrazia, generandone una nuova alleanza in grazia della quale i vantaggi ricadono sulla comunità e sugli individui: tutti noi beneficiamo dell’archivio e della raccolta, tutti i partecipanti vivono una esperienza con grandi e significative ricadute sul piano della formazione personale.
Bello!