Pon per la formazione dei docenti sulla didattica in rete

Ci sto lavorando in vista della scadenza del 15 giugno prossimo. Incollo qui la bozza di lavoro.


Apprendimento e insegnamento con gli strumenti del web 2.0

Azione D.1 – interventi formativi rivolti ai docenti e al personale della scuola, sulle
nuove tecnologie della comunicazione

Corso di formazione centrato su:

  • strumenti didattici reperibili in rete
  • materiali didattici reperibili in rete
  • strategie e metodologie dell’insegnamento in rete
  • strumenti per l’utilizzo della rete in aula

Contenuti

  • Sistemi LMS (Learning Management System) open source
  • Creazione, amministrazione e utilizzo di blog didattici
  • Utilizzo di risorse didattiche da diversi network:
    • Scribd
    • Slideshare
    • YouTube
  • Creazione e utilizzo di Learning Object
  • Utilizzo degli e-book
  • utilizzo della lavagna interattiva

Finalità Leggi tutto “Pon per la formazione dei docenti sulla didattica in rete”

Un vero sollievo: i digital native non esistono

Che soddisfazione poter leggere l’articolo di Antonio Fini Il mito dei nativi digitali! Il concetto mi era sempre rimasto un pò sullo stomaco: insegno costantemente dal 92 in scuole superiori, precisamente tecnici industriali e professionali e questi nativi digitali sinceramente non li ho mai incontrati. Adesso tutta una serie di studi (i riferimenti nel post originale) stanno a dimostrare che si tratta di un falso concetto e ciò tutto sommato mi sembra abbastanza tranquillizzante! Non stiamo allevando una generazione di alieni verso la quale perdiamo progressivamente capacità di comunicare . . . si scopre, piuttosto, che il digital divide risente maggiormente delle differenze culturali e sociali che di quelle generazionali. Queste affermazioni sono supportate da studi e ricerche certamente attendibili.

Assai interessante, nello stesso post, la raccolta di slide dal titolo “La competenza digitale dei digital natives” frutto di un lavoro nell’ambito del progetto Digital Competence Assessment. Mi viene da pensare (sto guardando la slide 20) che il concetto di Competenza Digitale sia stato caricato da un eccessivo portato e da eccessive aspettative, quasi a riassumere un insieme molto più vasto di competenze che, in altri momenti storici, avremmo più genericamente definito “culturali”. Probabilmente queste riflessioni e osservazioni andrebbero viste anche alla luce di quanto afferma Maragliano a proposito della ri-mediazione didattica: se l’apprendimento non avviene al di fuori di un processo comunicativo, allora é ovvio che i media ( dalla scrittura al multimedia interattivo)  svolgono un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento. Dal momento che gran parte della umana conoscenza é ormai veicolata dai mezzi digitali messi a disposizione dalla rete, io credo che si rischi di far coincidere la competenza digitale con l’intero arco delle competenze possibili . . .

Abbasso Zemanta!

Image representing Zemanta as depicted in Crun...
Image via CrunchBase

Spinto da un post su di uno dei miei “twine” preferiti, mi sono convinto a provare Zemanta, un sistema che facilita l’inclusione di contenuti multimediali quando si scrive sul proprio blog oppure quando si scrive un messaggio di posta elettronica. Zemanta propone anche link che sono attinenti con l’oggetto del nostro post e pretende di facilitare perfino la scelta dei tag da attribuire al nostro testo. Bene, preso da entusiamo per la novità installo zemanta, apro il mio blog, comincio ad editare un nuovo post: benissimo, zemanta si fa vedere, apre una finestrina con una serie di immagini generiche che non mi servono affatto. Noto però una finestrina di ricerca, serve a indicare l’argomento di cui trattasi, e quindi scrivo il nome della mia città: Palermo! Ecco comparire, dopo poco, una collezione di immagini classiche della città, scelte per lo più da quelle su Flickr rilasciate con licenza Creative Commons (correttissimo . . ). Più in basso un’ altra finestra mostra una serie di notizie provenienti da tutto il mondo: vabbé . . . non mi interessano . . . Continuo a far scendere lo sguardo per arrivare alla finestra che suggerisce i tags: e qui ci rimango! Su otto tag proposti, quattro sono: mafia, godfather, cosa nostra, gaetano lo presti. Gli altri sono quelli ovvi: palermo, sicilia, etc. Sinceramente: ci rimango male! Penso: “magari è stato un caso” e ci riprovo: niente da fare! Questa volta spicca in bella mostra il nome di totò riina e della famiglia gambino, il traffico di droga, il crimine . . .   A questo punto comincio a domandarmi: “può darsi che siano questi i risultati di Google quando si cerca Palermo?” Faccio la prova: nelle prime 10 pagine dei risultati alla ricerca “palermo”, ovvero i primi 100 risultati in ordine di ranking, non trovo citata la mafia né i mafiosi nè altre attività illegali. Provo quindi la ricerca per immagini: anche qui stessa storia: non trovo nulla che giustifichi la selezione dai tag proposti da zemanta. Che cosa pensare? Quale sarà il database privilegiato dagli sviluppatori di questo sistema? Non che voglia difendere l’indifendibile, Palermo è quella che é, ma il dubbio che il sistema privilegi lo stereotipo diventa intollerabilmente fondato. Se queste son le applicazioni del semantic web (zemanta – semantic): brrrr . . . spero proprio di no.

Ma non finisce qui! Nel tempo che mi è occorso per scrivere questo post,  sotto la finestra di editing in wordpress mi sono comparsi una serie di link che mi portano a cercare su wikipedia: le voci? “Illegal drug trade”, “mafia”, “organized crime”, “salvatore riina” . . . e dài,  corro a disinstallare!!

Reblog this post [with Zemanta]

Il mio Personal Learning Environment

Ho improvvisamente avuto la tentazione di visualizzare il mio PLE (Personal Learning Environment), ovvero quell’insieme di risorse, di ambienti, di interazioni che mi consentono di “continuare ad imparare” . Chi volesse saperne di più sul concetto di PLE potrebbe trovare utili questi documenti: History of personal learning environments e Personal Learning Environments – the future of eLearning?

Realizzare qualcosa comporta sempre una certa dose di scoperte: intanto l’utilizzo di Mindomo, un web service gratuito per la generazione di mappe mentali;  consente di inserire blocchi a diversi livelli di nidificazione e di aggiungere link ipertestuali, immagini, video etc. La cosa che mi ha convinto maggiormente è stata la possibilità di fare collassare o espandere i diversi rami a seconda del livello di nidificazione: mi sembra una possibilità molto comoda nel caso di presentazioni pubbliche. A patto di avere una connessione attiva diventa preferibile al classico “decotto” powerPoint.

Ho scoperto poi che il proprio PLE non è tracciabile una volta per tutte! Se si volesse tracciare per l’intero corso della propria esistenza attiva verrebbe fuori qualcosa di gigantesco e richiederebbe una quantità di tempo sproporzionata. Di qui la decisione di concentrare l’attenzione sul PLE “attuale”, quello dell’ultimo anno ad esempio. Magari l’anno prossimo ne farò un altro, certamente diverso dal presente.

Interessante anche la riflessione derivata dalla necessità di classificare i propri ambiti di interesse: tracciare questa mappa è stato anche sistematizzare a grandi linee il mio personale ambito di conoscenze.  Ancora una volta si scopre di star facendo anche una riflessione su se stessi: non male direi.

Per accedere alla mappa interattiva fare click sulla immagine (allo stato attuale l’embedding della mappa porta ad un risultato assai insoddisfacente).

Il mio attuale PLE
Il mio attuale PLE

Sul web 3.0

How Web 3.0 Will Work

Howstuffworks è tra i siti che spesso consiglio ai miei alunni per la ricchezza degli argomenti trattati, per il taglio divulgativo ma non banale, per l’approccio didattico ma non pedante.

Da qui leggo l’articolo How Web 3.0 Will Work , col futuro d’obbligo, trattandosi di una proiezione sulla possibile, direi piuttosto probabile, evoluzione del web: di che si tratta? In pochissime parole: il web “1” è stato quello dei contenuti statici, qualcuno, dispregiativamente, diceva anche “brochureware”, un posto cioè dove aziende e privati pubblicano le informazioni senza alcuna possibilità di interazione da parte dei fruitori. Siti cioè solo “da leggere”. Il web “2”, radicalmente diverso, ha visto come elemento fondamentale la produzione dei contenuti da parte degli stessi utenti della rete. Si consideri ad esempio la diffusione dei blog personali, un fenomeno che ha seriamente messo in discussione i tradizionali metodi di formazione della opinione pubblica. O il dilagare dei cosiddetti social-network, Facebook in testa, che consentono a tutti di stare in contatto, scambiare informazioni, creare o negare consenso in modo assai semplice e immediato.

Il web 3.0 potrebbe coincidere, ma ancora non è proprio “imminente”, con il cosiddetto “semantic web” che consentirebbe di fare dei motori di ricerca addirittura degli interpreti del “significato” dei documenti del web. Obiettivo ambizioso ma non impossibile, per una spiegazione delle tecnologia sottostante rimando all’articolo How Semantic Web Works . Concentriamo la nostra attenzione piuttosto sulle conseguenze, sulla utilità di una simile trasformazione.

Sappiamo tutti che le ricerche che possiamo compiere tramite i motori di ricerca sono basate sulle “parole chiave”: se cerchiamo la parola “pesca” troveremo documenti nei quali pesca compare sia per il frutto che l’attività del pescare. Altro esempio: la parola “elettronica” ricorre su siti accademici e scolastici ma anche su cataloghi e offerte di negozi e supermercati. Moltissime parole hanno significati che dipendono dal contesto del discorso e, ad oggi, browser e motori di ricerca non hanno la possibilità di fare una simile distinzione, costringendoci a raffinare le ricerche con accorgimenti vari e comunque moltiplicando i tentativi e dilatando il tempo necessario. Web 3.0 dovrebbe poter superare questi attuali limiti per mezzo dei metatag e delle ontologie sistemi cioè di rappresentazione della conoscenza e, quindi, di disambiguazione dei termini presenti in un documento. In tal modo verrebbe molto più semplice l’estrazione dal web dei contenuti realmente desiderati, necessità tanto più stringente quanto più il web è dilatato, e la connessione con argomenti simili e coerenti.

Molte università e molti centri di ricerca sono al lavoro in questa direzione e qualcosa è già matura per la sperimentazione. Personalmente trovo efficace Twine una sorta di socialnetwork basato sui principi e sui criteri del semantic web: il criterio è simile a quello della aggregazione delle notizie tramite RSS, cosa molto utile ma non selettiva. Su twine i diversi partecipanti pubblicano notizie e riferimenti a documenti del web secondo una precisa griglia di metadatazione e secondo argomenti selezionati chiamati “twines”. Ognuno può creare i suoi ( ad esempio io ne ho creato uno che intitola  Personal Authoring ) e aderire a quanti altri creati da terzi. In tal modo si costituisce una base di conoscenza condivisa basata sulla appartenenza ai diversi filoni di interesse e ai “tag” attribuiti dagli utenti. Inutile aggiungere che non basta una giornata per leggere tutto, ma si ha una certa sicurezza di andare a ritrovare a colpo sicuro una certa informazione che siamo sicuri di avere letto ma non ricordiamo più dove . . .

I materiali della Moodle International Conference 2008

Sono stati recentemente pubblicati i materiali della Conferenza Internazionale degli utilizzatori di Moodle svoltasi all’università RomaTre nel mese di ottobre scorso. Si tratta delle registrazioni video di tutti gli interventi e delle relative presentazioni (ppt o pdf).

Ecco il link: http://www.moodlemoot.it/mod/resource/view.php?id=124

I materiali sono molto utili a quanti stiano adoperando Moodle in una qualsiasi attività didattica. Da ringraziare gli organizzatori tutti per aver voluto condividere gratuitamente queste risorse.

Previsioni del temp . . . oopss . . dell’influenza?

Molto molto interessante! Google ha messo a punto una analisi delle ricerche sul web degli utenti statunitensi per mappare e in qualche misura prevedere la diffusione dell’influenza sul territorio americano. L’iniziativa è documentata sul blog ufficiale di google.org al post: Tracking flu trends.

L’idea è molto intelligente: là dove l’influenza si va diffondendo, crescono bruscamente le ricerche sul web delle voci relative alla malattia, ai suoi sintomi e alle possibili terapie. E’ quindi possibile seguire nel tempo e nello spazio l’andamento di questi incrementi per dedurre una previsione di diffusione del contagio. A quanto pare il metodo riesce ad essere di una decina di giorni più veloce di quello adottato dalle competenti autorità sanitarie.

La lettura di questa notizia mi ha subito stimolato le riflessioni sulla conoscenza connettiva. Si tratta infatti di una qualcosa che viene dedotto dallo spontaneo comportamento degli utenti del motore di ricerca. Comportamento che lascia una traccia nella rete, crea un “pattern”, potremmo dire. La presenza del pattern viene automaticamente rivelata dai software di analisi dei database di google: la conoscenza del fenomeno è – letteralmente – “emergente”: non costruita da alcuno, nemmeno inconsapevolmente.

Insomma, il fenomeno pare proprio essere una tangibile dimostrazione delle tesi di George Siemens e di Stephen Downes (vedi Connectivism e An Introduction to Connective Knowledge )

The dark side of the network

Sul sito Demos – The Think Tank for Everyday Democrazy, leggo di una interessante pubblicazione: Network Citizens, liberamente scaricabile come pdf oppure acquistabile come stampato, e in ogni caso rilasciata in licenza Creative Commons. In essa si affronta il tema della “Cittadinanza Digitale” necessaria se vogliamo che la rete, oggi diventata importantissima sia a livello di individui che di organizzazioni, possa sempre continuare a possedere le caratteristiche di apertura, di innovazione e di collaborazione che ce la rendono preziosa. D’altro canto la tecnologia della rete non è di per sé buona o cattiva: è probabile che sino ad ora gli usi siano stati prevalentemente “buoni” grazie al coinvolgimento degli strati più sensibili e culturalmente elevati delle diverse popolazioni. In futuro potrebbe non essere più così: se vogliamo che la rete non sviluppi i suoi “lati oscuri” è necessario che le popolazioni e le organizzazioni individuino i punti di criticità assolutamente da evitare. Per gli autori questo processo significa sviluppare la “cittadinanza digitale”.

Network Citizens

Power and responsibility at work

Web 2.0, scuola, didattica, rete: i materiali di Littlepan

Angelo Panini, attivo “compagno di master” presso Unituscia sta attualmende producendo e mettendo a disposizione una raccolta di presentazioni sui temi del web 2.0 e dell’utilizzo della rete per la didattica, anche scolastica. Si tratta di contributi davvero utili e interessanti, sicuramente molto consigliabili a quanti stanno cercando di sapere qualcosa in più su questi affascinanti temi.

Questo l’indirizzo su Slideshare della pagina di Angelo: www.slideshare.net/littlepan

Questo l’indice dei materiali attualmente disponibili:

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Moodle International Conference 2008

logo

Qualche breve appunto, qualche breve considerazione personale riguardante l’evento.

Impressioni generali: l’e-learning si è conquistato una sua certa indiscutibile maturità. Aviazione Militare Italiana e Guardia di Finanza hanno presentato i risultati delle attività intraprese per la formazione del personale in servizio: risultati di tutto riguardo, bisogna ammetterlo, se è vero che sono riusciti ad abbassare drasticamente i costi e, allo stesso tempo, incrementare sensibilmente il successo formativo. Bravi, hano proprio dato l’impressione di aver fatto le cose per bene e di essere in grado di continuare a farle anche nel prossimo futuro.

Anche da parte universitaria sono arrivati segnali di maturità del settore: i tempi pionieristici sono  terminati, afferma Paula De Waal, adesso siamo nelle condizioni di cominciare a guardare ai dettagli, possiamo studiare e osservare anche gli aspetti più difficili del processo. Si comincia infatti ad indagare nella direzione della cosiddetta “digital abundance” responsabile in taluni casi di innescare processi di edonismo digitale ( il piacere di pubblicare notizie giusto per essere presenti, per farsi notare), oppure di “media collectionism” (essere sempre tra i primi ad entrare a far parte dei nuovi ambienti digitali), oppure ancora di riduzionismo informale.

Interessante poi la proposta, provenuta da più di un oratore, di cominciare a parlare di i-learning, in modo da superare definitivamente il retaggio e le limitazioni insite nell’idea di insegnamento a distanza, abbracciando al contempo le più costruttive ed edificanti interazioni reticolari caratterizzanti l’era internet, la “i” appunto.

Sul versante più strettatemente tecnico di Moodle mi sembra giusto citare l’intervento di Dougiamas, non tanto per la parte, comunque molto interessante, relativa alle caratteristiche di Moodle 2.0, quanto per la scaletta, userei forse la parola tassonomia, dei possibili utilizzi di moodle in ambito didattico. Martin ha fatto notare come, ancora oggi, la maggioranza delle applicazioni di moodle sia piuttosto banale, limitandosi all’uso della piattaforma per la distribuzione di documenti (pdf in testa . .) e per i forum passivi. Le potenzialità crescono molto se si riesce ad utilizzare gli strumenti dedicati alla interazione, wiki e workshop in testa.

Altrettanto interessante l’intervento di Helen Foster: “Ten useful thinghs a teacher can do with roles”, decisamente orientato ad un utilizzo scolastico della piattaforma, con utilissime indicazioni che consentono ai docenti di coinvolgere gli studenti in alcune fasi di amministrazione e gestione della piattaforma stessa ( può, ad esempio, essere utile “promuovere” uno studente a moderatore di un determinato forum).

Molto interessanti anche gli interventi dei numerosi neozelandesi intervenuti; risulta evidente l’utilizzo di moodle per risolvere realmente numerosi casi concreti.

Meno convincenti gli interventi provenienti dal Politecnico delle Marche, ingessati in una tradizione tutta ingegneristica e lontana dai temi delle strategie didattiche.

Non essendomi congeniale, tralascio qualsiasi considerazione per gli interventi provenienti dal mondo più squisitamente aziendale e concludo ricordando che tutti i materiali della conferenza saranno presto liberamente disponibili sul sito.