Tornare ad essere studenti

Trovo molto denso di significato e foriero di utili riflessioni l’intervento

Teaching How to Learn

by Konrad Glogowski

Viene affrontato il tema dell’inserimento delle tecnologie nelle attività delle classi, sottolinenando come non sia possibile una “magia” relativamente all’apprendimento dei nostri alunni:il solo e semplice utilizzo in ambito scolastico non è – ovviamente – sufficiente a garantire il successo formativo.

Sul fatto che le tecnologie a scuola debbano essere usate non può sussistere dubbio: sono già usate dai nostri alunni in altri contesti; compito della scuola è fare in modo che questo utilizzo diventi corretto, fruttuoso, utile per la formazione dell’individuo e delle sue capacità di apprendere e autonomamente scegliere nel corso della vita.

Il grande interrogativo diventa allora non “se” utilizzare le tecnologie nelle classi, ma “come” deve essere questo utilizzo.

Nell’ultima parte dell’intervento Glokowsky afferma: Leggi tutto “Tornare ad essere studenti”

Impossibile valutare gli insegnanti?

Nell’intervento Perché non si arriverà a valutare gli insegnanti, Gianni Gandola ci fa notare come, dalle proposte di Berlinguer alle più recenti di Aprea, siano esistite, e continuino tuttore a sussistere, nella scuola, fortissime opposizioni a trovare un qualche sistema che possa premiare, tra i docenti, i capaci e i meritevoli. L’analisi mi sembra del tutto condivisibile e particolarmente apprezzabile l’affermazione che la complessità non può diventare un alibi:

Abbiamo insomma la netta impressione che dietro le affermazioni secondo cui  il sistema scolastico è una realtà complessa, la valutazione delle competenze è una questione complessa e per nulla semplice (verissimo), ecc.  in realtà ci sia la tendenza (talvolta anche da parte sindacale) a lasciare le cose come stanno. Siccome valutare il “merito” è difficile allora non se ne fa nulla, fino a quando non si trova la soluzione perfetta. Cioè mai.

Sulla conclusione dell’intervento sono meno d’accordo, mi sembra davvero amara e distruttiva . . .

La mia personale e insignificante sensazione è che si possa cambiare i termini della questione e cercare dei sistemi di premio delle attività e dei progetti. Lasciamo stare le distinzioni tra bravi e meno bravi, all’interno delle comunità professionali sono sempre odiose e cerchiamo di premiare fatti e azioni. Se io quest’anno farò un’attività didattica che mi ha impegnato e che è stata utile ai miei alunni, sarà opportuno gratificarmi. Se, nel prossimo anno scolastico il mio impegno sarà minore, mi limiterò a percepire lo stipendio. In tal modo tutti avrebbero la possibilità di accedere a delle incentivazioni, ma non a trasformarle in diritto perpetuo, ovvero in un qualcosa di discriminante tra docente e docente. La pensavo così anche ai tempi della proposta del cosiddetto “concorsone”.

Rimane aperta, naturalmente, la questione relativa alla valutazione delle attività ammesse a premio. Una possibilità da prendere in considerazione sarebbe mutuabile dal sistema americano di assegnazione dei fondi ai progetti di ricerca nelle università: i diversi ricercatori presentano delle proposte che vengono valutate da una moltitudine di commisioni (panel) i cui membri sono scelti tra personaggi di indiscussa competenza e valore scientifico. Per ogni progetto viene calcolato un punteggio e i fondi disponibili assegnati secondo graduatoria. Il sistema è descritto efficacemente da Antonio Scarpa, sovrintendente alla distribuzione dei fondi per la ricerca del Center for Scientific Review (Csr) dei National Institutes of Health (Nih), in una intervista tuttora fruibile sul sito di radio 3. Non sarà perfetto, ma sembra proprio molto convincente sia dal punto di vista della equità delle valutazioni, sia da quello del costo (basso) dell’intero sistema.

Ho fatto lezione con YouTube!

Direi perfino che è andata bene!  Nonostante il video in questione Part 1 of 3 The Secret Life of the Radio fosse in inglese! L’abbiamo visto a piccoli spezzoni, praticamente separando le singole scene, fermandoci per capire, insieme, quanto era stata appena esposto. Spero sia stato utile per cominciarli ad incuriosire e a motivarli allo studio delle telecomunicazioni. Compiti per casa: elaborare gli appunti della lezione alla luce della lettura, in internet (ma stavolta in italiano), di alcuni documenti sulla storia della invenzione della radio.

Ragazzi contenti, io pure!

Fare scuola al tempo dei barbari

Settimana molto impegnativa iniziata con la giornata dei lavori del Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) di Palermo presso l’Hotel Addaura. Non ci si lasci ingannare dal titolo, deliberatamente ispirato al saggio di Baricco, scelto per porre l’accento sulla cosiddetta “mutazione” nella cultura delle nuove generazioni.

E’ stata per me l’occasione di conoscere Berta Martini, docente  e pedagogista presso l’Università di Urbino e di apprezzare il suo molto interessante intervento sulla pedagogia della conoscenza e sulla didattica per competenze, spero di potere approfondire presto le tematiche.

Molto apprezzato e gradito l’intervento di Silvio Vitellaro, delle quali sono disponibili le slide.

Dal canto mio ho avuto l’opportunità di presentare il corso on line che è entrato a far parte dell’offerta formativa del Cidi per il corrente anno scolastico: La Classe nella Rete. Disponibili la locandina e le slide dell’intervento.

Manuale dell’e-learning per i docenti della scuola

Ho  trovato su Twine la notizia che il progetto Taccle – Teachers’ Aids on Creating Content for Learning Environments, ha pubblicato un libro liberamente scaricabile dal titolo “The E-learning Handbook for Classroom Teachers“. Mi sembra un ottimo lavoro, un libro di questo tipo mancava, la sua diffusione potrebbe certamente favorire l’utilizzo a scuola dei diversi strumenti che il web e il pc ci mettono a disposizione per la comunicazione e interazione didattica e formativa.

Traduco e riporto dall’introduzione

Il libro è scritto per gli insegnanti di scuola che vogliono saperne di più sull’e-learning e che vorrebbero sperimentare la produzione di materiali per fare e-learning nelle proprie classi. E’ concepito principalmente per gli insegnanti delle scuole superiori ma certamente potrà essere utile anche ai docenti delle scuole di diverso ordine e grado.

Leggi tutto “Manuale dell’e-learning per i docenti della scuola”

Educare e comunicare: la scuola, le scuole

Ho letto in questi giorni il capitolo “La scuola, le scuole” del libro “Educare e Comunicare” a cura di Alberto Abruzzese e Roberto Maragliano. Capitolo nel quale il curatore, Giovanni Fiorentino, enuclea limiti e difetti del sistema scolastico italiano (ma non solo) a partire dal periodo della prima rivoluzione industriale e la conseguente necessità per le imprese di potere disporre di forza lavoro che fosse almeno alfabetizzata. Il punto di vista storico mi è sembrato assai interessante perchè spiega in modo assai plausibile il formarsi dell’assetto fortemente normativo, gerarchico, centrato sui saperi piuttosto che sugli individui.
Altrettanto interessante l’analisi mediologica che ci mostra come permanga ancora preminente la componente “gutenberghiana” degli insegnamenti praticati nei nostri istituti: la centralità del libro di testo e in generale della parola organizzata in discorso assolutamente lineare, la comunicazione per lo più unidirezionale (uno a molti) del classico assetto della lezione frontale, l’evitare qualsiasi rischio di contaminazione con altri linguaggi e altre medialità, sia quelle dell’epoca audiovisiva e televisiva, sia quelle, più attuali, derivanti dall’uso del computer e dalle modalità di “rete” sempre più presenti e diffuse nelle diverse interazioni, anche formative, cui veniamo tutti sottoposti nella normale quotidianità.
Ne viene fuori il quadro di una scuola ormai chiaramente inadeguata, avulsa dal reale contesto mediatico nel quale la stessa popolazione scolastica è immerso. Una scuola che non produce conoscenza ma che, al più, ne ri-produce gi aspetti più astratti, libreschi, autoreferenziali.

Concordo pienamente sull’analisi, anche quando si dice che gli stessi docenti (sono uno di questi) non sono stati capaci di affrontare personalmente il rischio del cambiamento, di fatto appiattendosi sulla incapacità istituzionale di superare l’assetto gentiliano della scuola italiana.

Meno soddisfacente ho trovato la parte terminale del capitolo, quella della proposizione di una idea di scuola nuova e differente: partendo dalla descrizione dei vantaggi e della opportunità di una didattica costruttivista si finisce col proporre il “laboratorio del silenzio” gestito da un corrispondente e adeguato “insegnante del silenzio”. Ad essere sincero non ne ho capito un granché, probabilmente anche a causa di una mia limitata conoscenza filosofica e pedagogica. Il silenzio (reale, metaforico, virtuale) diventa condizione per riappropriarsi di una diversa sensibilità e della capacità di sentire ed usare una pluri-multi-sensorialità e medialità. Molto profondo e affascinante quanto astratto: pur consapevole della difficoltà di fornire ai docenti indicazioni concrete che possono derivare solo da una attenta considerazione dei singoli casi, da un libro che si pone come “manuale” mi sarei aspettato di trovare qualcosa alla quale potermi ispirare per la didattica nelle mie classi a partire già dal prossimo anno scolastico.

Pensieri di un prof in vacanza

Devo cercare di escogitare qualcosa per motivare maggiormente gli alunni: come fare per cercare di far capire loro che apprendere può anche essere una attività piacevole? Che può essere qualcosa di fondante per la propria personale e intima esistenza?
Dovrei capire, prima, cosa piace loro fare, e, cosa più difficile, perché!

Leggo da “Intelligenza Emotiva” di Goleman della faccenda riguardante “il flusso”, ovvero del piacere che a noi deriva quando riusciamo a compiere qualcosa in stato di flusso. Sarà questa la logica e la base dell’attrazione dei videogiochi? Una situazione “immersiva” nella quale ci si accorge di “funzionare” e agire quasi come spettatori di noi stessi, meravigliati dal miracolo delle nostre stesse capacità? E come usare queste stesse dinamiche nella didattica? Come trasformarle in prassi?

Altra domanda: come suscitare il piacere della scoperta? Cosa ci spinge, ad esempio quando siamo in montagna, a superare la stanchezza per “andare a vedere cosa c’é un pò più in là”? Interrogando me stesso potrei rispondere che si tratta di curiosità, di fascinazione per l’esplorazione e l’incognito. Ma anche della voglia (necessità?) di delimitare un personale territorio, e di portare all’esistenza zone precedentemente ignorate. Ho l’impressione che ai miei alunni tutto ciò possa non importare un fico secco.

Oppure no, forse invece hanno solo bisogno di aver aperto la porta e di un incoraggiamento ad intraprendere la strada; hanno bisogno di seguire un maestro? Dubbio: un maestro non riesce ad essere tale solo quando è nella sua bottega? Possibile fare della propria aula (ancorché virtuale) la propria bottega? E, a questo punto: noi docenti non stavamo diventando “facilitators”? Le nostre abilità di “comunicazione didattica” continuano ad avere un valore preminente?

Mumble mumble . . .

Google e Facebook parlano persiano

Leggo su Wired.com di inizitive volte a migliorare la comunicazione sul web in lingua persiana con l’esplicito intento di supportare lo sforzo dei blogger e degli attivisti che sostengono Moussavi. Mentre il regime teocratico chiude tutti i canali di comunicazione di cui é capace, Google aggiunge ai suoi tool un servizio di traduzione della lingua persiana,  in modo da dare l’opportunità  di accedere alle informazioni del “mondo esterno” e di fornire versioni automaticamente tradotte dei blog e dei siti persiani. Tra i primi ad usare il servizio il sito di Moussavi. Dal canto suo a Facebook, accortisi del crescente scambio di informazioni sulla questione delle elezioni in Iran, hanno deciso di rendere disponibile una versione di prova interamente in Persiano.

iPhone: cambia la vita?

Ebbene sì, magari non di colpo, magari non istantaneamente, però, esaurita la fase iniziale di download e test delle applicazioni più attraenti, ci troviamo in mano con qualcosa che ci consente qualche vera novità. Premetto che sino al giorno prima di averne uno (regalo di natale di mia moglie) avevo adoperato ma, devo dire, con soddisfazione, telefonini proprio antiquati, ancora con display a cristalli liquidi! Tutte le mie aspettative erano di poter telefonare e mandare sms; camera digitale, mms, e cose del genere non mi hanno mai attratto più di tanto e quindi possedevo esattamente quanto mi serviva. Tutto il resto passava dal pc.

Con iPhone tutto è cambiato. Grazie al wireless casalingo la posta me la leggo sul divano, Facebook lo frequento comodamente sdraiato, il giornale on line lo vado sfogliando nei momenti e nei luoghi più diversi . .  insomma una sensazione di libertà e di comodità mai provata prima. I diversi feed RSS ai quali sono abbonato non li leggevo praticamente mai, adesso é diventata una piacevole abitudine serale, in qualche caso magari a discapito del buon libro a letto. Altra cosa che trovo utilissima è l’applicazione “Instapaper” che consente sia da iPhone che da PC di registrare un qualsiasi documento on line in modo tale da poterlo leggere con comodo offline; registra il testo senza formattazione ( l’aspetto è simile a quello dei feed) e quindi la leggibilità diventa ottima anche su di uno schermo piccolo.

Svantaggi? Certamente scrivere sull’iPhone è più problematico che usare una comoda (e rumorosa) tastiera, il copia e incolla mi manca moltissimo,  ma talvolta l’uso del piccolo, carezzevole, display ne fa una esperienza decisamente intima!

Libro scolastico digitale: qualche riflessione

Colgo l’occasione della visione del video SchoolbookCamp a Fosdinovo – Videointerviste per qualche riflessione sul libro di testo digitale. Premetto che si tratta di un campo per me assolutamente nuovo e che si tratta di riflessioni allo stato “larvale”. Nel video emerge molto chiaramente che la domanda che vien fuori da più parti riguarda la forma del libro digitale, la sua concezione come “oggetto” e, di conseguenza, il ruolo e il posto dell’editoria nella produzione e vendita di questi supporti didattici. Mi sembra di percepire uno sforzo di definizione eccessivo, uno sforzo che rischia fortemente di essere a breve vanificato dai fatti: le forme, i tipi, le dimensioni, gli stili potrebberto essere le più svariate, non credo che oggi ci sia qualcuno capace di definire concretamente questo nuovo tipo di oggetti. Mi viene da pensare alla contemporanea presenza di due tipologie di base: da una parte un qualcosa che somiglia piuttosto da vicino al libro tradizionale, nel senso che si tratta di un insieme di contenuti strutturati e organizzati in modo tale da incoraggiare e assecondare una certa propedeucitità. Che si tratti di un pdf piuttosto che di qualche altro standard poco importa; magari ci staranno dentro contenuti multimediali (ma non incoraggerei troppo questo sviluppo per non mettere in difficoltà i nascenti device basati sul concetto di “inchiostro elettronico”). In ogni caso si tratterà di qualcosa di leggero, possibilmente più economico ed ecologico, aggiornabile con la cadenza più opportuna. Dall’altra parte vedrei la nascita e la distribuzione di produzioni “dal basso”, ovvero di elaborati prodotti da singoli docenti e ricercatori, oppure da elaborati selezionati tra quelli prodotti come lavoro didattico nelle scuole. Si tratterebbe in quesato caso di prodotti gratuiti e poco o niente strutturati, da fruire possibilmente con la guida di un docente o di un tutor. Le due tipologie di prodotto non sarebbero tra loro in concorrenza: ci sarà sempre la necessità di seguire percorsi propedeutici, soprattutto nelle fasi iniziali dello studio di una disciplina. E qui ci sarebbe lo spazio per l’editoria “tradizionale”. D’altro canto, se adotteremo in modo crescente strategie didattiche basate sulla ri-costruzione della conoscenza, in modo proporzionalmente crescente assisteremo allo sviluppo di elaborati e prodotti che, esaurito lo scopo primario (apprendimento mediante elaborazione), andrebbero a collocarsi tra le file dei materiali Creative Commons liberamente consultabili in rete.