WolframAlpha – Computational Knowledge Engine anche per la didattica

Che il sito web di WolframAlpha fosse una meraviglia dalle enormi potenzialità ce ne eravamo già accorti da tempo: sul web la potenza di un “motore” come quello di “Mathematica”! Praticamente un sogno: diventava immediatamente possibile accedere alla soluzione di equazioni, rappresentazione di fenomeni fisici, possibilità di calcolo sino a quel momento inconcepibili per il web. Si inserisce l’espressione matematica in un apposito campo e immediatamente se ne ottiene la soluzione numerica ( se esiste), la rappresentazione grafica e molto altro.  Matematica interattiva sul web!

Wolfram|Alpha computational knowledge engineMa la visione dei creatori del sistema si spinge molto oltre, sino ad abbracciare il concetto di motore di ricerca di tutta la conoscenza “computabile”: tutto spiegato molto bene alla pagina “Vision & History”, ma difficile da comprendere in un sol colpo. Basti pensare ad esempio che se si inserisce nel campo di ricerca la parola “Roma”, si ottiene una schermata densa di informazioni demografiche, geografiche, meteorologiche e storiche su quella città.  Se si inserisce la parola “proton” ( in italiano protone) se ne ottengono le caratteristiche fisiche: massa, spin,carica elettrica, vita media, etc. Se scrivo “c4” , apprendo che è una nota musicale (un do) a 261.626 hertz , la sua posizione sulla tastiera diun pianoforte virtuale e la posso anche sentire!

Non solo matematica, quindi, ma tutto ciò che è descrivibile formalmente e quantitativamente diventa potenzialmente oggetto di inserimento nel motore computazionale.

Sin qui bellissimo e prezioso, ma rimaneva piuttosto difficile pensarne una applicazione didattica, soprattutto a causa della necessità di imparare un minimo di linguaggio e di modalità di interazione: per gli studenti un ostacolo antipatico e difficile. Problema adesso in gran parte superato dalla disponibilità della tecnologia denominata “WolframAlpha Widgets“. In pratica diventa possibile generare delle vere e proprie miniapplicazioni, inseribili in qualsiasi pagina web, capaci di eseguire interattivamente una delle tante cose computabili dal sistema. Tutti possono creare i propri widgets: diventa così possibile mettere a disposizione degli studenti la possibilità di sperimentare e di eseguire particolari operazioni immediatamente.

Ho voluto subito provare a farne uno per i miei studenti e sono rimasto veramente ben impressionato dalla facilità con la quale si riesce facilmente a portare a termine il compito prefissato. Ecco il risultato:

Si tratta di un widget che disegna sullo stesso diagramma cartesiano due differenti sinusoidi delle quali potere inserire i valori di ampiezza, pulsazione e fase. Provare per credere! Consentendo ai miei alunni di quarta e di quinta la possibilità di “manipolare” le sinusoidi in modo visivo (quasi “tattile” mi verrebbe da dire), spero di poter raggiungere l’obiettivo di concretizzare la loro conoscenza dei fenomeni legati ai segnali elettrici e quindi aiutarli a raggiungere un minimo di competenza almeno relativamente alla loro descrizione.

Ho già inserito il widget nei rispettivi siti didattici: vedremo!

Google Earth Meditation

L’idea è di un carissimo amico che mi ha raccontato cosa gli capita quando lavora con google earth e pensa alle sue arrabbiature quotidiane . . . La rigiro perchè continua a piacevomente frullarmi nella testa.

Ricetta

  • pensa a tutti motivi che ti fanno arrabbiare moltissimo
  • per qualche momento senti crescere dentro di te questa rabbia, aiutala a crescere
  • adesso apri google earth e visualizza la tua regione
  • ingrandisci quanto basta e con lo strumento “poligono” evidenzia l’area dei tuoi normali spostamenti quotidiani
  • localizza e concentra le arrabbiature dentro l’area tracciata
  • adesso fai zoom indietro sino ad inquadrare la tua regione di residenza
  • fai ancora zoom indietro sino ad inquadrare l’intera italia
  • individua di nuovo l’area colorata: quanto piccole sono diventate le tue arrabbiature?

Questa la successione delle immagini nel mio caso:

Normalmente lavoro e mi sposto quotidianamente in quest’area . .

A livello dell’intera regione si riesce ancora a disnguere una macchiolina rossa

A questa scala non si dingue più!

Bello! Vero?

La “Padella” di Monte dei Cervi

La "padella"

Con l’occhio allenato, sapendo cosa guardare, è perfettamente visibile dall’autostrada Palermo-Catania: quando si è sulla discesa che da Tremonzelli porta a Scillato, in direzione Palermo, quindi, la si può vedere praticamente di fronte, come adagiata sul fianco della montagna con il manico all’ingiù.

Si tratta di una formazione carsica quasi perfettamente circolare, con pareti aspre e nette, dalla quale origina un canalone formato dall’erosione delle acque che ha andamento perfettamente verticale. Vista da lontano la forma è inequivocabilmente quella di una padella.

E’ una delle tante possibili mete di una passeggiata in montagna nel Parco delle Madonie: non facilissima, le pendenze sono a tratti molto forti, nè di quelle “romantiche” tra pascoli montani e versanti boscosi. Piuttosto il contrario, con paesaggi pietrosi e a tratti adddirittura “lunari”. Per me è stata molto bella e molto molto soddisfacente.

Qui di fila l’itinerario e qualche foto:

Consigliabile guardare l’itinerario a dimensione maggiore direttamente su EveryTrail.

Un LO fatto tutto con Google

Dedicato oggi una buona fetta della giornata ad una piccola, personale sperimentazione: realizzare e pubblicare un piccolo learning object (senza pretese di rispetto di standard Scorm e simili) usando solamente gli strumenti gratuiti di Google.
Argomento prescelto: calcolo della resistenza equivalente di un bipolo, un classico delle classi terze degli istituti tecnici con indirizzo elettrotecnico, elettronico, informatico.
La competenza da sviluppare prevede che si sia in grado di semplificare progressivamente la rete elettrica in questione e di svolgere alcuni semplici calcoli.
Il learning object si divide in conseguenza in due parti fondamentali: la prima, la semplificazione progressiva del circuito, per la quale ben si addice il formato della slide presentation; la seconda, il calcolo, da affrontare “su carta” e da verificare successivamente su di un apposito foglio elettronico.
Entrambe le funzionalità sono messe a disposizione da “Documents” di Google e anche con buona dotazione di funzionalità . Ho trovato molto comodo l’utilizzo dello strumento di disegno per realizzare lo schema elettrico; si adatta anche all’utilizzo della tavoletta grafica. Scomoda invece, e abbastanza inspiegabile, l’impossibilità di trasferire il medesimo disegno da un ambiente all’altro e cioè dalla presentazione al foglio di calcolo: il copia e incolla non funziona e funziona male anche l’importazione come immagine (ovviamente dopo averla esportata in uno dei formati grafici consentiti) che viene collocata in una finestra sovrapposta alle celle e non ridimensionabile nè ritagliabile.
Un’altra voglia frustrata è stata quella relativa all’embedding del foglio di calcolo in una slide: mi sarebbe piaciuto farlo nell’ultima slide in modo da fornire lo strumento automatico per la verifica della correttezza dei calcoli matematici. Per ovviare all’inconveniente ho pensato di utilizzare google “sites”: ho generato un nuovo sito web vuoto (operazione che richiede pochissimi secondi) e, in questo, una pagina contenente in successione l’embedding della presentazione e quello del foglio di calcolo.
Il tutto funziona piuttosto egregiamente ma bisogna aver cura avere pubblicato come pagina web entrambi i documenti inclusi nella pagina. In caso contrario sul sito verrebbe mostrato solamente il messaggio di invito, da parte di Google, alla creazione di un nuovo account.
Un’altra limitazione, forse più grave, riguarda l’utilizzo del foglio elettronico che effettua un semplice calcolo sulla base dei valori di resistenza inseriti dall’utente. Allo stato attuale della mia sperimentazione non sono sicuro che questo possa avvenire se non lasciando al pubblico la possibilità di modificare l’intero foglio, alterandone quindi anche la funzionalità.
Conclusioni: ho impiegato parecchio tempo nel compiere le diverse prove trovando funzionali gli strumenti di editing e invece piuttosto confuse le modalità di setaggio dei permessi relativi alla condivisione e alla pubblicazione. Direi che si tratta di una strada non difficilmente percorribile dal docente mediamente tecnologizzato a patto che abbia un account google ed un minimo dimestichezza con gli strumenti a disposizione.

Chi volesse dare un occhiata al learning object prodotto puó farlo a questo indirizzo: https://sites.google.com/site/columbaproflearning/

Io scelgo? Come? La situazione attuale dell’orientamento scolastico

Avrei voluto mandare un commento al post Io scelgo? Come? La situazione attuale dell’orientamento scolastico su Education 2.0, ma non riesco ad inviarlo causa un ricorrente errore sul sistema. Lo allego qui di seguito.

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Premetto che ho sempre insegnato negli istituti tecnici industriali (insegno elettronica) e che quindi la mia ottica, il mio punto di vista, sono profondamente orientate da questa esperienza.

Il problema dell’orientamento lo vivo in modo assai acuto: insegno una materia tecnologica, dovrei essere sempre aggiornato, dovrei sempre sapere quali sono le competenze richieste dalle aziende e dal mercato del lavoro (termine orrendo). Dovrei, insomma, riuscire io stesso ad “orientarmi” ancor prima di cercare di orientare i miei stessi alunni. Non prendetela per una battuta! Ho conosciuto molti colleghi far cambio di cattedra, a favore ad esempio della più tranquilla fisica o matematica, proprio per le difficoltà dell’insegnare una tecnologia! Se si pensa che quando mi sono laureato, nell’ormai lontano 81, non esisteva il personal computer; che le telecomunicazioni si limitavano praticamente al telefono ( quello classico, col combinatore) e alla radiofonia; che l’evoluzione delle tecniche, dei mercati, delle mode e delle culture procede ad un ritmo sempre crescente, c’è effettivamente da sentirsere schiacciati.

Vado subito al punto per non dilungarmi, ma era necessario contestualizzare il mio intervento.

Quando parlo con i miei studenti ho spesso la sensazione che siano persone intelligenti, persone con le idee abbastanza chiare circa il posto che occupano nel mondo. Attenzione: non sto dicendo che sono studenti “bravi” dal punto di vista scolastico! Purtroppo no! Spesso trovo difficoltà a far loro capire le basi della disciplina; a trasmettere loro quali sono i punti fondamentali di interesse; quali i valori formativi – in senso lato – dell’apprendere l’elettronica.

Però, ecco, non credo che saprei loro indicare una strada diversa da quella che loro stessi sono in grado di tracciarsi. Non conosco “il loro mondo”, almeno non direttamente. Se li incontro fuori dalla scuola, mi accorgo del loro valore di “persona”, per intero. A scuola magari mi fanno arrabiare e scoraggiare.

In breve: cosa fare allora per orientarli?

Intanto fornire loro la lettura di tutti i possibili studi di settore disponibili: spesso si scopre che la situazione non è poi così disastrosa come si legge sui giornali . . . a patto, naturalmente di guardare ai ruoi più qualificati ( esperti di automazione, di telecomunicazioni, etc)

Poi: lasciarli fare! Anzi fare qualcosa insieme a loro! Voglio dire: abbattere la cultura scolastica del leggere-ripetere-fare il compito in classe . . . Piuttosto organizzare delle attività,  non necessariamente “pratiche”, almeno non nel senso della pratica professionale, o dell’impiego della manualità; piuttosto delle attività che li vedano protagonisti, che consentono loro di scegliere, di proporsi, di sperimentare al di fuori della perversa logica di “quello che vuole il professore” o “quello che ha detto il professore. Un esempio? La mia scuola partecipa da qualche anno la settimana della scienza insieme ad altre scuole della città e della provincia: studenti delle varie scuole, anche medie inferiori, esponmgono al pubblio i loro esperimenti scientifici e li spiegano ai visitatori. Il successo di questa iniziativa è assolutamente travolgente ( si legga ad esempio Palermoscienza 2008 – Quando fare scuola diventa una meraviglia ) ed è un esempio di cosa potrebbe succedere lasciando ai ragazzi stessi il controllo dei loro stessi apprendimenti.

In definitiva la mia idea è la seguente: non riusciamo nè riusciremo mai a fare “orientamento” come vorremmo. L’articolo qui sopra ne evidenzia i motivi. Cerchiamo allora di fare in modo che i nostri stessi alunni siano persone in grado si orientarsi! Smettiamo i panni degli orientatori e  lavoriamo invece per creare le condizioni, per facilitare le attività necessarie ad innescare nei nostri stessi alunni quel processo di crescita personale che è il solo in grado di guidare ogni individuo nel corso della vita.

Cronaca di un finesettimana

Sant’Alfio, Etna, Castagno dei cento cavalli. Colmo una lacuna: duemila e passa anni di castagno e non ero mai venuto a conoscerlo. Strepitoso.
Piombato in un’atmosfera lietamente paesana. Per dormire dormo al B&B della proprietaria del bar della piazza. Piove, la ragazza della proloco ne sa meno di me, vado a cenare in un ristorante al centro del paese. Becco la serata karaoke… atroce…. però hanno l’aria di sapersi divertire.
Mattina, bel tempo, non riesco a farmi aprire la cancellata a protezione del castagno: alla proloco hanno la selezione dei candidati per il servizio civile, oltre cento persone!
Fotografo, quindi, da fuori, va bene lo stesso, già penso a raccogliere le castagne cadute a terra, sono grandi, sane e lucide, ma lo spazzino del paese mi precede…

La giornata procede con la visita, del tutto serendipica, alle case rurali di contrada Cava, subito fuori il paese. Bellissime, ancorché abbandonate. La campagna no, ancora è coltivata a vite e frutteto. Tutto rigogliosissimo.

Siedo su un sedile in pietra e mi sento pervadere del senso della perdita della cultura dei tempi antichi, è un vero peccato che tutto stia andando in rovina, una perdita dolorosa. Irrimediabile?

Mangio un boccone e comincio la discesa verso valle. Decido di passare dalla riserva di Fiumefreddo e colmare così un’altra grave lacuna. Arrivo alle 12:55, leggo il cartello all’ingresso: chiusura alle 13!!! Già , dimenticavo, è ovvio, alla provincia di Catania sanno bene che nei pomeriggi del sabato non c’è nessuno in giro …. Portone comunque socchiuso, entro, chiamo, nessuno in giro! Mi inoltro per un centinaio di metri e torno indietro: non vorrei essere chiuso dentro!

Mi sposto sulla spiaggia alla foce del fiume: acqua gelida e cristallina, bagno inevitabile!

Fuori rotta (off course) by Salvo Cuccia

L’ho appena finito di vedere, un commento molto a caldo, quindi.

Ammetto subito che in qualche momento, complice anche la tarda ora, ho temuto di non riuscire ad andare sino in fondo. E’ successo più che altro all’inizio, quando ancora la trama non mi era chiara e il ritmo oscuro. Invece l’ho visto proprio tutto, titoli di coda compresi, e con molta – sottolineo – molta,  soddisfazione.

Il tema trattato certamente “funziona”. Ma forse faccio male a parlare di tema al singolare, giacchè le possibili tematiche principali sono davvero tante: il mediterraneo, ovviamente, con la moltitudine di culture che vi si affacciano e che storicamente ne sono state determinate, così  come il tema della religione, anzi, delle religioni monoteistiche, cristianesimo e islam in testa. Ma c’è la storia del fotografo, del suo esilio e del suo tornare, quasi un resuscitare personale e professionale. E ancora le storie delle persone che vengono fotografate, con tutto il loro portato, ognuna di loro, da sola, avrebbe forse potuto fornire spunti sufficienti per un film intero.

Bello. Interessante. Toccante.

Se proprio una critica si vuol fare si può forse dire del regista che ha peccato di troppo amore.  Il film è per questo forse troppo ricco, troppo denso, ci fa vedere troppi posti. Forse dei tagli più coraggiosi ci avrebbero restituito un messaggio più limpido. Ma si sa: al cuor non si comanda!

xWeb

Liberamente tradotto da xWeb di George Siemens

Dare un nome alle cose è importante. E’ più facile dire “web 2.0” piuttosto che “web partecipativo, con contenuto distribuito, guidato dalla conversazione”. Sfortunatamente, i nomi modellano i concetti a volte in maniera imprecisa. E, una volta creato il nome, uomini di market, consulenti, opinionisti si lanciano “nella monetizzazione delle potenzialità sinergiche del web 2.0 [o di qualsiasi altra cosa]”. Proprio oggi mi sono imbattuto su Twitter in un post relativo al “crowdsourcing the longtail of training content”. ugh. Talvolta le parole, anzichè di aiuto, sono dannose.

Ancora, dare un nome alle cose può anche essere di aiuto nell’evidenziare un punto di svolta. O ppure un buon nome può focalizzare l’attenzione ai cambiamenti dando loro una forma definita che può essere adoperata per la previsione di trend significativi. Web 2.0 fu uno di quei punti di svolta. Un altro punto di svolta è costituito dall’articolo elearning 2.0 di Stephen Downes.

Siamo adesso in un periodo nel quale i progressi tecnologici stanno generando qualcosa di più definitivo di una collezione casuale di innovazioni quali FourSquare, il semantic web e la “augmented reality.

La settimana scorsa Steve Wheeler, con la sua presentazione sul web 3.0,  ha lanciato un dibattito. Downes ha subito replicato suggerendo che Web X ( nel senso di eXtended) sarebbe stato un buon titolo. Un buon nome, peccato somigli troppo a web ex – il fornitore di conferenze on line. Abbiamo bisogno di un altro termine. Io sto pensando a “xWeb” e non credo di essere il solo: si veda l’articolo di Rita Kopp proprio sull’argomento dello “extended Web”. Analogamente a quanto successo per lo sviliuppo dei termini PLE, connettivismo, elearning 2.0 e anche web 2.0, “xWeb” non rappresenta un qualcosa di totalmente nuovo. Piuttosto da forma ad un argomento che molte persone si stanno sforzando di definire.

Cosa è xWeb?

xWeb è l’utilizzazione di dati intelligenti e strutturati tratti dalle nostre interazioni e identità fisiche e virtuali in  modo da estendere la nostra capacità di essere conosciuti da altre persone e da altri sistemi.

Come definizione è abbastanza imprecisa, ma si tratta solo di un punto di partenza. Dal momento che xWeb nasce dal web e dal web 2.0, gli elementi coinvolti sono assai numerosi. Ciò che è unico nel xWeb è il modo nel quale è capace di trasformare come lavoriamo, come impariamo, come interagiamo con gli altri e con l’informazione. Ad un certo livello si tratta della maturazione del web come già lo conosciamo – una estensione naturale degli attuali trend di sviluppo della tecnologia e di internet. Ma, ad un differente livello, coinvolge una negoziazione tra due questioni chiave sulle quali continuo sempre a riflettere:

  1. Cosa la tecnologia fa meglio delle persone?
  2. Cosa le persone fanno meglio della tecnologia?

Con xWeb noi stiamo ripensando cosa spetta a noi fare in quanto persone e stiamo cominciando a fare affidamento a quanto la tecnologia fa meglio di quanto potremmo fare noi stessi.

Negli ultimi anni ho cercato di catturare la natura del cambiamento tecnologico. In parte ne ho parlato sui blog, in parte ne ho trattato in presentazioni e pubblicazioni, altro si può trovare su delicious.

Alcuni temi ricorrenti:
augmentation
aggregation
semantic web
location-based services (geoweb)
data overlay
smart information
visualization
social media
open data and data in general
Internet of things
cloud computing
mobile technologies
Analytics and monitoring

A questa lista potremmo ancora aggiungere “filtering”, gli strumenti del tipo “like this”, gli strumenti di annotazione (diigo), il wearable computing e così via.

Questi i temi chiave al centro del concetto di xWeb

  1. Il mondo fisico e quello virtuale  si stanno in qualche modo compenetrando, come evidenziato dai browser in “augmented reality” (Layar) e da servizi quali Yelp e Foursquare.
  2. I dati cominciano a giacere sugli oggetti fisici ( graffiti digitali e sovrapposizioni contestuali/storiche così come il web 3D)
  3. I dati cominciano a diventare più intelligenti – piuttosto che semplicemente puntare ad altre risorse ( ad esempio gli URL), i dati cominciano ora a quantificare la natura di quella connessione.
  4. Gli oggetti fisici stanno proiettando la loro presenza nel digitale (l’internet delle cose)
  5. Sempre più spesso i dati vengono registrati nella “cloud” che permette un accesso migliore ad un più ampio range di dispositivi.
  6. I dati sono sempre più “aperti” in modo da permettere nuove combinazioni da parte degli utenti finali… Google map è stato uno dei primo esempi del potere della logica “open”, in questo seguito da molti esempi ( incluso open street maps).
  7. L’abbondanza di dati aperti, di nuove sorgenti di dati (social media, sensori) e di numerosi usi dei dati (overlay, digital graffiti, social networks) rende possibile l’effettuazione di analisi avanzate circa gli utenti finali o il corrente “state of mind” della società (ad esempio i trend di Twitter). Le connessioni significano qualcosa. Man mano le connessioni tra persone, tra persone e dati e tra dati e dati divengono maggiormente abbondanti ed esplicite, possiamo guadagnare una maggiore conoscenza di cosa le persone stiano pensando e di come si preparano ad agire.
  8. Dati più intelligenti insieme a migliore capacità di analisi preparano il terreno per una capacità di fornire contenuti, socializzazione e prodotti altamente personalizzati.
  9. Dati + analisi + personalizzazione richiede la formazione di calcoli predittivi: “poichè tu appartieni a questo gruppo demografico, ti piacciono questi film, sei amico di queste persone, allora ti piacerà questa marca di caffè”.  Non siamo noi a cercare i dati, sono i dati a trovarci. In un certo senso, i dati ci conoscono.

Fabrizio De Andrè – La Mostra

 

Mi avevano detto che era bellissima e interessantissima e quindi ero arrivato quasi quasi pronto a riceverne una delusione. Al contrario! Ne sono rimasto davvero assai colpito: gradevolissima, interessantissima, fruibilissima . .  potremmo continuare con i superlativi ma forse la citazione che segue sarà molto più efficace nel veramente a mettere a fuoco l’essenza dell’iniziativa.

Non si tratta solo di fare un tributo, ma di ricomporre i frammenti di un pensiero complesso, di rimappare un territorio creativo senza cedere ad una facile celebrazione. Si tratta di conservare uno sguardo che si è dimostrato attento, lucido e dissacratorio per continuare a farlo dilagare nei nostri mondi, nei nostri scenari sociali, per far sì che continui a contaminare il nostro immaginario. Non basta conservare la memoria dell’uomo o distrarsi nei feticci e nelle reliquie da collezione, è necessario mantenere la forza della sua analisi, la potenza disvelante della sua poesia.

Tratto dall’intervento “Per non farsi sfuggire il suo sguardo” a cura di Studio Azzurro sul catalogo della mostra.

L’arte contro il pessimismo?

Stamattina sfoglio il Venerdì della Repubblica di ieri (17 settembre) e vengo colpito subito dal fatto che dei quattro editoriali (rispettivamente di Bocca, Maltese, Ottone, Ceccarelli) ben tre sembrano essere ispirati ad un acuto e irrimediabile pessimismo. La sensazione è che le cose (l’informazione giornalistica, l’opportunismo dei servilisti . . .), in Italia, vanno male; che c’è – ci sarebbe – un urgente bisogno di cambiamento; ma, allo stesso tempo, che i cambiamenti non possono avvenire, se non, eventualmente, in tempi assai lunghi, nei tempi della storia. Il quarto editoriale è centrato sulla fotografia di Kerouac che riguarda il rotolo manoscritto di “On the road”: una boccata d’aria!

Non so se il fenomeno osservato è causato da un ormai generale pessimismo della ragione che non riesce più a scovare alcuna volontà sulla quale sperare in un minimo di ottimismo. Mi viene da pensare che in tempi come questi si (ri)scopre uno dei fondamentali pregi dell’opera artistica: il saper comunicare, magari anche non intenzionalmente, al di là dei livelli e dei condizionamenti culturali. Forse un piccolo antidoto contro il pessimismo?