… adesso i prof ve la faranno pagare!

Sulla scuola, sull’insegnamento, su come poter fare apprendere.

Negli ultimi giorni delle vacanze di natale e capodanno mi è capitato di sentire più volte affermazioni come quella riportata nel titolo: adesso i prof ve la faranno pagare . . . con evidente riferimento al doppio ritorno alla scolastica normalità, dalle feste di calendario e dal periodo di proteste e di occupazioni delle scuole. Periodo, evidentemente (e non senza qualche motivo), considerato “vacanza” anch’esso, sebbene non regolamentare.

Cose del genere fanno pensare. Mi fanno pensare alla qualità del rapporto tra insegnanti e allievi, al vissuto di questo, alla sedimentazione storica delle opinioni in merito a questa critica interazione così caratteristica di una parte importante della vita. L’affermazione starebbe a significare una sorta di conflitto: docenti da una parte, studenti dall’altra. Che si contrappongono per opposti interessi. A ben guardarli, questi interessi, non riesco a vederne la contrapposizione: il processo di insegnamento/apprendimento è un processo di crescita che interessa entrambe “le parti” coinvolte. Entrambe le parti mettono in campo il meglio e il peggio di se stesse: la voglia di capire, di crescere, di saper fare qualcosa. Ma anche la pigrizia, l’annoiarsi, l’ostinarsi su posizioni improduttive o addirittura dannose. Niente di male, siamo degli umani, siamo fatti così! Ma nell’affermazione “ve la faranno pagare” c’è tutto un senso di rivalsa, una voglia di mortificazione. E anche una sorta di legittimazione al ristabilimento di una gerarchia, come se ai ragazzi si dicesse: voi vi siete permessi di non fare scuola, adesso a noi è permesso maltrattarvi. C’è un qualcosa di vendicativo, c’è un qualcosa di represso. Del tutto assente qualsiasi significato pedagogico ed educativo! Attenzione, non vorrei essere frainteso, qualcuno potrebbe essere portato a pensare che sto per affermare che tutti vanno comunque e sempre promossi, che voglio affermare un diffuso e pervasivo “buonismo”.  No, non è questa l’affermazione nè è questo il soggetto. Qui si parla di interazione formativa. Io, adulto, professionista, docente, da una parte; dall’altra adolescenti, a scuola. La correttezza di questo rapporto vorrebbe che non se ne perdessero gli autentici obiettivi: da parte del docente quello di aiutare l’adolescente ad apprendere e a crescere. Per farlo ha bisogno che la sua persona e il suo ruolo godano del giusto rispetto e della giusta considerazione, questo è certo. Ed è giusto intervenire, ove occorre, per affermarlo. Ma questo non può e non deve comportare alcunchè possa assumere i contorni e i modi della rivalsa. Come docenti non abbiamo proprio nulla per il quale “rivalerci” sui nostri alunni.

In parallelo alla riflessione precedente ne sto facendo, in questi giorni, un’altra, anch’essa un pò scoraggiante. E cioè: finite l’agitazione, le manifestazioni, le occupazioni, finito il momento di mobilitazione, ci aspettiamo tutti, sottolineo tutti, che le cose tornino esattamente come prima. E cioè che si torni in classe da una parte ad erogare le stanche lezioni frontali, dall’altra a imparare la lezione per ripeterla come meglio viene al prof. Obiettivo: il 6 ma . . . anche il 5 non è poi così male! In questo io vedo solamente che quanto andiamo facendo viene completamente svuotato di significato. C’è stato un momento di presa di coscienza, o almeno di un tentativo in questa direzione? Com’è possibile che nulla sia cambiato? Torniamo qua al discorso della stratificazione storica, della  percezione delle aspettative che come società nutriamo nei confronti del sistema della formazione. Questo percepiamo: che la scuola sia la noia di una classe come sempre l’abbiamo vista e conosciuta. A questo ci adeguiamo. Conformismo! Cos’altro?

Ultima riflessione, collegata alle precedenti dal filo condutore delle aspettative. Leggo nell’interessante articolo Choices in learning design:

We’re always exhorted to know our “audience” before trying to teach them. Is there someone you can work with who knows the daily life of the people you’re trying to teach? Can you plan in some time to work with them for a day or two?

Can you build up a picture of a “typical” learner or two? It’s really useful to have these pen portrait personas, as it then helps as model to test your ideas against. NB. I linked to the Personas (marketing) article on Wikipedia, as it’s my belief that learning and marketing have similar objectives (to change behaviours).

Il periodo è molto denso: se potessimo vivere un giorno o due alcune giornate a contatto con gli alunni, saremmo molto più informati su come progettare la didattica. Addirittura l’autore propone l’applicazione del concetto di personas come viene declinato dagli specialisti di marketing. Questa idea mi ha provocato un moto di repulsione immediato, tranne poi a riflettere sul fatto che il marketing deve motivare all’acquisto, l’insegnamento alla acquisizione di competenze. L’aspetto motivazionale e di cambiamento del comportamento presenta delle analogie che fanno riflettere.  Interessante anche un commento nel quale si afferma che per quanto belle e interessanti possano essere le teorie pedagogiche e i convincimenti di chi insegna, in nessun caso le si potrà applicare in contrasto con i convincimenti e le aspettative di chi apprende ( e anche, in senso lato, del sistema offerente la formazione).

Ne discende, evidentemente, che la conoscenza dei nostri alunni, false aspettative comprese, se non obiettivo, almeno è un forte prerequisito della progettazione didattica. E questo mi conforta nella convinzione che sia necessario abbandonare il conformismo e affrontare il cambiamento.

Learning and Knowledge Analytics

Ancora un interessantissimo corso di tipo Mooc (Massive open online course) proveniente dagli ambienti dei connettivisti canadesi. Questo il blog di riferimento: www.learninganalytics.net/

Purtroppo so già che non riuscirò a seguirlo, se non marginalmente, ma il tema dell’analisi delle tracce della nostre attività di apprendimento, le “Learning Analytics”, mi sembra assai interessante. Nel syllabus del corso se ne prospetta una possibile applicazione anche nell’ambito che professiopnalmente mi interssa di più, ovvero nel lavoro quotidiano, a scuola, con le singole classi. Riporto qui la presentazione di apertura che è stata resa disponibile:

Turkish feelings

Da Refresh – Ankara Kickoff Meeting

Kickoff meeting (Comenius Regio Project: Refreshments Policies for Teaching Staff) just finished with the pleasure of  a sumptous dinner from the Ankara Milli Eitim Müdürlügü. We are going now to Kapadokia: the wheater is not fine, a little fog, a little rain while the little bus safely runs along the dualcarriageway.

It last from yesterday night I would like to write something about this experience. I’ll start with a feeling ( probably  it’s only my own): the embarassement. Embarassement to not be able to early  understand the depth of the project, the quality of our partner organization, the clearness of statements. They are working hard, it’s immediatly evident. In the weeks we tried only to solve logistic problems: how to buy the tickets, how to not exceed the budget, the turkish partners went deeper in the project. They already  know “who” will do “what”, the deadlines. Schedules are ready.

Turkish hospitality. As always hot and generous. Sometimes till touching, as during the Hasanoglan Ataturk Anadolu Ogretmen Lisesi visit: they gave us a warm welcome, they showed the school, the classrooms, the labs. They told us the history of that school. They offered us a snack ( it would be better to name it “dinner”) while pupils and teachers was playing and singing turkish standards. Each of us receveid a wonderful present: an  “Ebru” art! It has been a time with a great feeling.

Very interesting, in Ankara, the Anitkabir  (Ataturk Mausoleum) visit. For sure, the  rhetoric is perceptible, the personality cult is strong. Yet there is something really “live” in that place. “I love this man” said Özlem and Yildirim while watching the wax statue of Kemal Atatürk. They said it simply and with genuinenness. I cannot skip some thougths: Turkish Constitution was made in 1924, the Italian Constitution was made in 1947. Not so far, in the history of the two countries, still in Turkey I have a feeling:  the forces from the foundation of the state are strong and vital and are the basement of the nation unity till now. Completely different, in Italy that forces are drained.  Actually “Lega Nord” party is threaten the secession. Everywhere people get bored and disillusioned.

Last observation: they are young! The average age in the turkish staff is really lower then ours. In the turkish school, teachers are usually  young: the greater freshness, the greater energy are evident.

Next meeting on may, in Palermo.

[Started writing in Turkey, finished in Italy]

Turkish feelings (in Italiano)

Da Refresh – Ankara Kickoff Meeting

In viaggio verso la Cappadocia, il “Kickoff Meeting” è appena terminato (è stato l’incontro iniziale del progetto “Refreshments Policies for Teaching Staff”) con la cena lussuosa offerta dalle autorità scolastiche di Ankara. Il tempo è brutto, a tratti c’è nebbia, ma il viaggio procede spedito lungo la strada a doppia carreggiata.

E’ da ieri sera che ho voglia di scrivere qualche appunto su questa esperienza. Leggi tutto “Turkish feelings (in Italiano)”

La competenza a scuola, di che si tratta?

Ha avuto inizio oggi (prima sessione delle quattro in programma) il workshop di aggiornamento professionale di psicopedagogia dell’apprendimento tenuto dal Cidi di Palermo alla Scuola Piazzi di via mario Rutelli. Relatore il prof. Mario Di Mauro, Università Ca’ Foscari di Venezia – Centro Interateneo per la Ricerca didattica e la Formazione avanzata.

Il tema è di quelli attuali ed estremamente spinosi, ha fatto notare Di Mauro, schierandosi al contempo tra i crititici dell’adozione del concetto di competenza in ambito scolastico. Motivo: il concetto di competenza deriva da ambiti e ambienti assai diversi da quelli dell’istruzione e della formazione. I modelli di riferimento sono quelli dell’impresa che ha effettivamente bisogno di declinare delle competenze in termini di capacità di soddisfare agli obblighi delle diverse mansioni. A scuola invece le esigenze sono diverse.

La tesi è stata sostanziata dal risultato di uno studio molto approfondito che non sarei in grado di riportare ” a caldo” e senza aver adeguatamente riguardato i materiali che saranno messi agli atti dell’iniziativa. Quello che posso dire stasera è che è stato chiaramente ribadita una sorta di contrapposizione tra la “società della tecnica” e la “società umana della comunicazione”. Che sono stati esaminati i modelli di definizione e valutazione delle competenze di scuola rispettivamente americana e inglese. Che è stato citato il sociologo francese le Boterf, autore di una interessante definizione di competenza che sarà approfondita nei prossimi incontri.

Le mie personali impressioni: la dicotomia “società della tecnica” – “società dell’uomo” mi è sembrata un pò forzata e curvata nel verso della dimostrazione di un teorema per il quale il dominio della tecnica obbliga ad una eccessiva razionalizzazione dell’organizzazione produttiva e alla conseguente costrizione degli esseri umani in ruoli e mansioni  determinati rigidamente dalle esigenze della produzione. La tesi mi sembra un pò stantia e mi ricorda analisi del mondo della produzione di stampo ottocentesco. Sociologi, antropologi, economisti, psicologi ci hanno nel frattempo segnalato tante altre dinamiche, una per tutte: l’uomo consumatore, l’individuo considerato come target del marketing, l’uomo, e soprattutto l’adolescente, per il quale la spinta del mercato ha sostituito la spinta del bisogno e del desiderio. In questo senso economia e finanza credo possa essere considerati attori più pesanti della tecnologia.

Domani alle 15 il secondo incontro.

Studenti antigelmini ed uso dei media

Si annuncia per domani la manifestazione finale dell’attuale movimento studentesco contro la riforma Gelmini. Mi viene voglia di cominciare qualche riflessione, spero che i miei studenti vogliano partecipare e dare il loro contributo.

Ho fatto un giro in rete per cercare di capire, relativamente al caso della mia città:

  • la provenienza delle notizie riguardo la protesta
  • l’uso della rete da parte degli studenti.

Si tratta di una piccolissima indagine senza alcuna pretesa di completezza e scientificità, ovviamente, l’ho fatto giusto per farmi un’idea della situazione.

Fondamentalmente ho cercato su Facebook a partire da “studenti medi palermo” (c’è un coordinamento omonimo) e su Google inserendo come criterio di ricerca le parole studenti, palermo, gelmini.

Cosa ne ho tratto:

  • come strumento di comunicazione la rete è stata usata pochissimo almeno relativamente alle esigenze di: coordinamento, diffusione dell’informazione, analisi critica dei documenti, dibattito
  • a livello di diffusione della protesta il maggior peso lo hanno decisamente mezzi tradizionali di tipo broadcast, giornali in testa. Parecchio viene anche dai blog, ma raramente da blog gestiti direttamente dagli studenti.

Nel complesso la sensazione è quella di una diffusa cultura di tipo televisivo (ahimè), capace di generare eventi-spettacolo  facilmente veicolabili dai media tradizionali ma ancora impacciata e confusa in quanto ad uso autonomo dei media sia per la comunicazione che la produzione di informazione.

Mi piacerebbe essere smentito e comunque potere approfondire l’argomento.

Il “post” come lezione frontale

E’ da ieri sera che con grande interesse leggo i post di Maurizio Chatel su BlogBooks in the Net.

Soprattutto mi ha colpito l’idea espressa ne L’insegnante liquido

la funzione dell’insegnante acquista di importanza, poiché egli è chiamato, nella lezione frontale – che può avvenire con la semplice pagina stampata del post messa a disposizione di tutta la classe – a fornire le indicazioni di metodo per navigare in modo sensato, per usufruire dei diversi link in modo razionalmente gerarchizzato, per anticipare in modo teorico ciò che gli studenti “troveranno” nella loro navigazione, così da predisporli ad un utilizzo pertinente dei materiali messi a loro disposizione dal testo. Il computer non è affatto uno strumento adatto esclusivamente all’autoapprendimento; esso dev’essere pensato dal docente all’interno di un piano di lavoro che vede nel lavoro in classe la fase formativa essenziale all’uso consapevole di una varietà di fonti e di canali di informazione, di volta in volta selezionati per ogni specifico obbiettivo. Il gruppo classe deve e può rimanere l’ambiente naturale per la formazione, ambiente all’interno del quale la funzione docente come facilitatore si affianca a quella classica dell’esperto in “progettazione” dei percorsi di apprendimento.

ovvero della lezione frontale costituita da un post del blog. La cosa che mi sembra davvero nuova, in questa formulazione, è che si tratta del post concepito non come unità didattica o learning object o comunque come qualcosa che serva a veicolare contenuto. Tutt’altro: si tratta invece di un qualcosa che precisa obiettivi e metodologia. Che fornisca supporto (scaffolding). Ancora di più se lo si considera in ottica connettivista: fornisce un suggerimento per una modellizzazione di uno dei possibili “pattern” della rete conoscitiva.

Lettera aperta alla ministra Gelmini

Ricevo dai colleghi del Vittorio Emanuele III di Palermo e, volentieri, rilancio.

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Lettera aperta al Ministro Gelmini,  discussa ed inviata dai docenti dell’ITI Vittorio Emanuele III di  Palermo, riuniti in assemblea il 24/11 2010 .

Cara Signora Ministra Maria Stella Gelmini

Se i tempi, scolasticamente parlando, non fossero così grami e l’umore non fosse, di conseguenza, così a pezzi, avremmo commentato in stile “la sai l’ultima?” Il Suo annuncio di pochi giorni fa circa la prospettiva allettantissima di poterci guadagnare nientemeno che uno stipendio in più in un anno, a condizione di essercelo meritato, s’intende ; di essere stati, cioè, molto bravi ,e di aver conseguito il bollino blu da parte di una Commissione interna ecc..,ecc….

Dimenticavamo, a patto di lavorare, almeno per il momento, a Torino o a Napoli e di trovare la copertura finanziaria in tempi da profondo rosso, di tagli da 8 miliardi, di contratti non rinnovati.

Quando si dice , la meritocrazia….

Vogliamo confessarLe  – sarà un vezzo professionale – che per noi,ma, pensiamo, anche per tanti, la parola  “riformafilologicamente evoca  il significato di rinnovamento e di avanzamento verso una condizione migliore, verso prospettive più aperte e utili alla crescita culturale dei più giovani, al benessere sociale ed alla coesione civile dell’intero paese.

Le confessiamo che facciamo molta fatica a intravedere tutto ciò nella Sua operazione, altrimenti da Lei stessa definita “riforma epocale”; iniziativa tesa non solo ad operare i famigerati tagli impostiLe dal Suo ben più pensoso collega Tremonti, ma a stravolgere e a rinnegare i principi e i propositi , forse la visione strategica dell’avvenire che dai tempi della Costituente si era prefisso e, in buona misura , ha attuato, chi ha guidato le vicende del nostro paese ,dal Governo e dall’opposizione parlamentare .

Lei è giovane, Signora Ministra, ma certamente non opera in solitudine e qualcuno avrebbe dovuto prefigurarLe l’ammontare dei danni che il suo intervento legislativo avrebbe comportato.

Qualcuno Le ha ricordato che la più grande smobilitazione culturale della storia  repubblicana, ottenuta con la dismissione di tutti i posti di lavoro venuti meno a causa dei Vostri tagli occupazionali, qui da noi, solo nella nostra provincia, ha provocato, il licenziamento di fatto di circa 4.000 persone?

Ha mai pensato che dietro l’oggettività dei numeri, già di per sé se imponenti, c’è stata – e ci sarà – una forte diminuzione di opportunità e di attenzione ai bisogni formativi dei nostri bambini e dei nostri ragazzi e anche delle loro famiglie, che dietro alla forza delle cifre è stata operata una notevole diminuzione dei diritti di piena cittadinanza nazionale ed europea?

E la cittadinanza, consapevolmente acquisita e realmente vissuta, riteniamo sia indispensabile per poter realizzare quell’idea di federalismo che ha sì nobilissime radici storiche e politiche, ma che, al momento, ci appare piuttosto sacrificata ad un modello arrembante, da darwinismo sociale cinico , egoista e molto angusto dal punto di vista etico e culturale.

Ma “cittadinanza non era una parola chiave del Suo syllabus ministeriale?

Vede, Signora Ministra, noi siamo persone comprensive e tolleranti anche se abbiamo una certa memoria, ma anche una certa visione del futuro. Glielo diciamo non per rivangare alcune dichiarazioni sulla professionalità degli insegnanti del Sud, con cui ha esordito, all’indomani dell’assunzione della Sua alta carica, o dei Suoi conclamati e ribaditi propositi relativi al reclutamento “territoriale” dei docenti sulla base di non meglio specificate priorità di merito (culturali, etniche, linguistiche?).

Certo, un atteggiamento d’esordio spocchioso, quanto stizzosamente e vacuamente ostile non è proprio ciò che noi insegnanti, qualcuno magari con qualche esperienza guadagnata sul campo e con qualche livello di riconosciuta dignità professionale, ci saremmo aspettato.

Capisce, Signora Ministra, per quali e quanti motivi- ed abbiamo accennato solo ad alcuni- non possiamo che condividere il disagio, ma anche la voglia di partecipare e rivendicare, che esprimono oggi i nostri alunni ai danni dei quali si sta operando il più clamoroso furto di presente e di futuro?

Ovviamente stiamo parlando solo delle ragioni, delle motivazioni intrinseche di una protesta che non è solo generazionale; i metodi e i tempi li decideranno loro, i ragazzi e le ragazze, di cui finora abbiamo apprezzato la compostezza, il bisogno di conoscenza e di socializzazione delle loro esperienze e di cui abbiamo accolto l’invito a dialogare nella chiarezza dei rispettivi ruoli.

Sa, molti di noi ritengono che insegnare a leggere, ad analizzare, a scrivere e “a seguire vertute e canoscenza”sia ancora più che mai , il compito professionale che gli è stato e che si sono assegnati .

Per questo ci piace vedere che i nostri ragazzi manifestano il gusto di sapere, che si apprestino a prendere il largo, a mettere se stessi “per l’alto mare aperto.

Cordialmente, Signora Ministra, e ci piacerebbe poter aggiungere: “con stima”.

(lettera firmata)

Usare il cellulare in classe?

Domandarsi “dovremmo usare il telefono cellulare in classe ” è quasi privo di significato. Sarebbe come domandarsi se sia il caso di mangiare. Ovviamente sì! Ma quando? In quali circostanze? Per quali scopi? Non rispondere a queste domande significa creare nel dibattito dei buchi neri.

E’ quanto sostiene George Siemens in Technology & Humanity: Finding Points of Harmony

Learning object chiusi: non sono vera innovazione

E’ quanto sostiene Antonio Fini nel brillante post Learning object e carrozze a motore . Cito una delle affermazioni più significative, una frase che sintetizza e chiarisce in un sol colpo una molteplicità di affermazioni che si vanno facendo al riguardo:

La rete, alla lunga,  implica apertura, è bene ricordarlo. E l’innovazione (quella vera) passa e passerà attraverso l’apertura, inutile opporsi. I cataloghi di learning object  chiusi e a pagamento, anche se di squisita fattura multimediale e sapiente progettazione didattica, non sono vera innovazione, almeno non più di quanto non lo siano state per l’evoluzione della mobilità umana le prime “carrozze a motore”, veicoli certamente legati molto più al passato che al futuro.

Bene, sono totalmente e assolutamente d’accordo!

Questo post di Antonio ha provocato su Facebook moltissime reazioni, un confronto a distanza molto vivace. Val sicuramente la pena di andare a leggerlo: http://www.facebook.com/antoniofini/posts/10150106438362265

Ma c’è ancora dell’altro che ha attirato la mia attenzione:

….mi chiedo sinceramente perché il denaro pubblico debba essere utilizzato per alimentare realtà private (grandi o piccole poco importa…) invece che essere impiegato per incentivare e supportare progetti di produzione di contenuti aperti all’interno del sistema scolastico stesso, ad esempio retribuendo direttamente (e in modo adeguato!) docenti disponibili alla redazione, alla verifica, alla revisione di contenuti aperti auto-prodotti.

Come tutti i docenti della scuola vado infatti riflettendo sulla dinamica della individuazione di docenti soprannumerari. E sulla successiva espulsione dal sistema scolastico. Io, questa faccenda, non la capisco. A meno che non si accetti per buona la filosofia e l’operato di giovani operatori della finanza appena usciti da qualche master più o meno prestigioso: più licenzi, più le azioni salgono, più grasso e ricco sarà il bonus di fine anno. NO, non lo capisco. La scuola NON è una società quotata in borsa. La fuoriuscita di personale docente non produce alcun bonus per nessuno. E allora? S’io fossi il grande imprenditore al governo saprei che le aziende sono basate sul prodotto.  Persino la Fiat, dopo anni di inseguimento dei mercati azionari, è ora ritornata a considerare se stessa in primo luogo come una fabbrica di automobili.  Per produrre ci vuole “know how”. Espellere persone “formate” e competenti mi sembra allora una sorta di pazzia distruttiva. La nota di Antonio mi rinforza quindi ulteriormente nella convinzione che una buona amministrazione della scuola potrebbe ormai prevedere l’utilizzazione di docenti in ruoli diversi da quelli della classica presenza in aula. La produzione di risorse “aperte” ( penso alle cosiddette OER) è solo una delle possibilità. La presenza della rete e delle tecnologie ci consentirebbe di offrire sia materiali che attività formative in modo esteso, poco costoso, fruibile da tutti, orientato alle competenze, perfettamente integrato col sistema del lifelong learning. In questo senso i docenti rimasti privi della classe non andrebbero più visti come privi di scopo, ma come risorsa preziosa da utilizzare per l’incremento e la diversificazione della produzione.