Ho recentemente pubblicato i seguenti nuovi materiali:
Soluzione reti elettriche in corrente continua – un esercizio
Utilizzare gli strumenti di Google per la didattica
Pagine Personali
Articoli che appaioni anche sul blog della comunitàdel Laboratorio Tecnologie dell’Educazione dell’Universitàdi Firenze
Ho recentemente pubblicato i seguenti nuovi materiali:
Siamo adesso ai famigerati “compiti per casa”. Anche qui l’uso delle tecnologie ICT può contribuire a cambiare le carte in tavola, e non di poco. Ho preferito lasciare nel titolo la parola inglese “assignment” perchè più indicativa e più estesa della nostra tradizionale: si tratta infatti qui di assegnazione di incarichi piuttosto che di “compiti”, di incarichi che, soprattutto se viene adottata la metodologia “flipped” (classe capovolta) possono essere da svolgere in classe di mattina, in assetto laboratoriale per gruppi o come di volta in volta sia ritenuto più conveniente.
Non sarà inutile richiamare ancora una volta la nostra attenzione al concetto di “competenza” e di programmazione per competenze, molti degli strumenti indicati in questa mappa sono adatti alla valutazione delle competenze, ma non rimangono esclusi strumenti per la più classica valutazione dei “saperi”. Così come ritengo non superfluo porre attenzione alle differenti funzioni degli assignment, soprattutto per quanto riguarda quelli specifici per la valutazione, anzi “le valutazioni”, comprendendo quella formativa, la valutazione dei processi, la valutazione (classica) degli apprendimenti. Un uso corretto dello strumento “assignment” non può prescindere dal consapevolizzare la differenza tra queste tre differenti tipologie.
Cominciando dall’alto e ruotando in senso orario troviamo una serie di strumenti per la creazione, erogazione e valutazione di test di valutazione: si tratta dei classici quesiti a risposta multipla, vero/falso, a riempimento, a risposta aperta, etc. Il più “antico” ma tuttora valido è “hotpotatoes“, con una lunghissima storia di sviluppo. E’ un pacchetto che si scarica sul computer ed è disponibile per mac, windows e linux; ad oggi non gira sui tablet che non supportano java (la maggior parte). Hotpotatoes genera i quiz e li rilascia sotto forma di pagine web interattive che possono essere pubblicate sui siti educativi. Se usato all’interno di una piattaforma di e-learning quali moodle consente anche la registrazione automatica dei punteggi ottenuti.
Quizpedia è la soluzione per creare quiz utilizzando i tablet sia in ambiente Android che iOs. Non ne ho esperienza, mi tiene lontano un certo aspetto “enterteinment” che mi disturba. Ovvio che in qualche caso possa invece lo stesso aspetto essere funzionale.
Più innovativo è Quizlet, e anche più completo in quanto offre una modalità di apprendimento oltre che di test. Consente infatti la creazione ed erogazione delle “flashcards”, ovvero pillole didattiche che si succedono come una serie di domande a catenella. in questo caso ci troviamo in presenza di un ambiente web sia per la creazione che per la erogazione con evidente semplificazione di entrambe le fasi. Il sito offre la possibilità di creare le classi virtuali e in tal caso consente il tracciamento delle attività degli alunni. Personalmente credo sia fastidioso convincere gli alunni a fare l’ennesimo account solo per un ambiente di test, si rischia di disperdere energie e tempo; consiglierei un utilizzo libero giusto come ripasso e autovalutazione. Da non trascurare la disponibilità di – letteralmente – milioni di quizlet già realizzati e liberamente disponibili per l’erogazione o eventualmente la modifica.
Molto interessante e decisamente più innovativo mi sembra Kahoot!, un sistema per l’erogazione di test da effettuarsi collettivamente in classe. Più che un sistema di valutazione credo debba essere considerato come un metodo di coinvolgimento della classe ispirato alle teorie di “gamificazione” (orrendo ma significativo neologismo) degli apprendimenti. Il docente proietta in classe le schermate del test, eventualmente precedute da schermate che inducono alla riflessione e alla “messa in situazione”. Gli alunni utilizzano il proprio dispositivo, anche il telefonino va bene, purché connesso in rete. La formazione del gruppo di lavoro avviene molto facilmente tramite inserimento di nome e di un codice che viene proiettato alla prima schermata: non è richiesto alcun account e iniziare è veramente una operazione velocissima. Sullo schermo dei dispositivi personali sono mostrati solamente i pulsanti di risposta alle sollecitazioni delle domande che invece sono visualizzate tramite proiettore dall’accesso “docente”. Ad ogni schermata gli alunni rispondono pigiando il bottone corrispondente alla risposta desiderata e il sistema fornisce immediatamente feedback relativo alla correttezza e invoglia ad una festosa competizione creando subito le classifiche degli alunni in base al punteggio. Detto così può sembrare qualcosa di antipatico e stizzoso, in realtà è molto divertente, può realmente essere utilizzata in determinati momenti della didattica per rinsaldare il gruppo, fare il punto su un argomento prima di una prova di valutazione, alleggerire eventuali tensioni.
Continuando il nostro giro ideale della mappa troviamo strumenti e ambienti che si sovrappongono a quelli trattati nella mappa “produzione di contenuti” e non a caso, essendo la produzione di contenuti operata dagli studenti forse la più qualificata attività nella quale si estrinsecano le competenze raggiunte. Nella mappa ho indicato alcuni tra i social network più classici per la pubblicazione di fotografie (Flickr), di video (Youtube), di sitografie (Delicious), di interventi generali (Facebook). In quanto social network l’inserimento del loro utilizzo nella didattica deve essere informato e deve avvenire con cautela rispettando i limiti di età previsti e sorvegliando costantemente che si tenga il “focus” sugli obiettivi prefissati. A differenza dei quiz li ho raccolti alla voce “innovativi” perchè sequesti potevano e possono pur sempre essere effettuati su carta, la partecipazione ai social network nasce col diffondersi delle tecnologie di rete e va considerata come possibilità prima non esistente. Ho inserito tra questi anche l’utilizzo di Whatsapp perchè la sua diffusione ci obbliga a considerarne le potenzialità soprattutto nella formazione di gruppi di discussione e di confronto.
Completa la mappa la presenza di Edmodo, un ambiente web per la formazione di classi virtuali che sta incontrando grandissimo successo per completezza e immediatezza di utilizzo. L’ho inserito qui perchè mette a disposizione due possibilità di interazione chiamate rispettivamente “compito” e “quiz”. Il primo prevede la consegna da parte degli alunni di un file, un elaborato che poi il docente deve valutare personalmente. Il quiz, invece, comprende le tipologie classiche con correzione automatica e feedback sulla risposta. Non mi dilungo perchè su Edmodo tornerò a parlare in altro post.
In questi ultimi due giorni ho tenuto un corso di aggiornamento presso un grosso istituto comprensivo della provincia palermitana con l’obiettivo di aggiornare i docenti all’utilizzo della Lavagna Multimediale Interattiva (LIM). Ho incontrato colleghi attenti e motivati, realmente desiderosi di utilizzare la tecnologia nella pratica didattica, e ho vissuto con loro due giorni di grosse difficoltà che voglio qui socializzare perchè ritengo si tratta di una situazione riscontrabile in una grande maggioranza di situazioni scolastiche. Vediamo perchè. Leggi tutto “Tecnologie digitali … (5) – Osservazioni sul campo”
Mi sembra interessante, in questa carrellata di riflessioni su come le diverse tecnologie digitali possano essere utilmente utilizzate ai fini della implementazione delle funzioni di un ambiente di apprendimento, fare questa piccola digressione su come l’ambiente di apprendimento viene modificato dalla introduzione delle tecnologie. L’autore parla esplicitamente di “computer technology” probabilmente perché la ricerca ha inizio in epoche precenti la diffusione di tablet e cellulari ma la sua validità è certamente estensibile all’utilizzo di questi ultimi. La cosa più significativa da mettere in evidenza riguarda il passaggio dall’insegnamento centrato sul docente all’apprendimento centrato sullo studente. Non è cosa da poco: sul piano pedagogico si tratta di un passaggio epocale sulla cui necessità non è piu possibile nutrire dubbi. D’altro canto bisogna essere consapevoli della esperienza ormai comunemente riportata anche in letteratura che mettere nelle mani degli studenti un tablet equivale a perdere il controllo della classe. Nel mio piccolissimo non posso che confermare. Si tratta quindi di modificare profondamente l’approccio all’insegnamento e si tratta, cosa questa che non sento citare, di modificare anche le aule per adattarle ai nuovi usi, la prima modifica dovendo essere, a mio parere, la loro correzione acustica, accorgimento senza il quale diventa assai difficile far lavorare autonomamente i ragazzi.
Quella che segue è la traduzione di questa pagina:https://sites.google.com/a/msad60.org/technology-is-learning/samr-model sviluppata daDr. Ruben Puentedura http://www.hippasus.com/
[wpsm_comparison_table id=”1″ class=””]
Qua andiamo abbastanza sul facile, non credo siano in molti a ritenere e a sostenere che a scuola l’informazione possa e debba provenire esclusivamente dal docente e dai libri di testo. Poche parole dunque per sottolineare solo che se si vuole garantire l’accesso reale tramite la rete bisogna predisporre un buon contratto con velocità adeguata, una rete locale correttamente dimensionata, una rete wireless adeguata. Sconsigliate le configurazioni economiche “fai da te”, per esperienza possiamo tranquillamente dire che non funzionano: ci vogliono switch ed access point adeguati all’utilizzo da parte di una comunità di svariate centinaia di persone, la situazione è ben diversa da quella domestica.
Parallelamente alla adeguatezza dell infrastruttura hardware (e in parte ad essa connessa) è il tema della sicurezza. Chi scrive non è fautore della “chiusura” dell’accesso ad alcuni siti da parte dei docenti e degli alunni, anzi, credo che avere una rete aperta a tutte le risorse dia la possibilità ai docenti di svolgere quella ormai ineludibile formazione all’utilizzo corretto della rete. Personalmente sono convinto che la sicurezza debba basarsi non sulla chiusura ad alcuni contenuti ma alla protezione da malware, da accessi indesiderati, truffe on line, protezione dei dati e della privacy soprattutto nei casi di server scolastici. Deve anche assicurare il corretto utilizzo della banda passante (quante volte abbiamo notato “torrent” e “muli” lasciati in azione nei laboratori . . .).
Dal punto di vista degli strumenti per l’utilizzo della infrastruttura di rete credo si sia abbastanza a buon punto, non è questo il collo di bottiglia. Molte scuole sono sufficientemente dotate di lavagne interattive con pc connesso in rete, soluzione questa ottimale per una grande maggioranza delle situazioni, quelle dove non occorre o non sia opportuno che ogni alunno faccia autonomo accesso alla rete (scuola primaria ad esempio), oppure quelle nelle quali si prediligano azioni didattiche centrate sulla lezione frontale. L’utilizzo delle aule informatiche è da limitare alle situazioni nelle quali siano indispensabili e cioè essenzialmente ai corsi di informatica o ai corsi centrati su sw applicativi. In tutti gli altri casi sono ergonomicamente non efficienti: personalmente mi piace assai poco ritrovarmi con 20 persone che non riesco a guardare in faccia perché nascoste dal monitor! Sempre più spesso ci si ritrova, e ancora più avverrà nel prossimo futuro, nella possibilità di utilizzare dispositivi portati dagli stessi studenti, cellulare in primo luogo ma anche tablet e notebook: la logica viene chiamata Bring Your Own Device (ognuno porta il suo personale dispositivo) nell’ambito della cultura pedagogica anglosassone e teoricamente potrebbe risolvere d’un colpo una serie di problemi. Naturalmente introducendone altri, ad esempio la scarsa possibilità di controllo da parte del docente, ma questo, come sta chiaramente palesandosi da più parti, è diventata una variabile importante ed ineludibile della progettazione educativa.
2 – continua
Le altre puntate:
Sto preparando in questo periodo dei materiali per dei percorsi di formazione e aggiornamento per docenti e dirigenti scolastici sulle tematiche delle tecnologie negli ambienti di apprendimento. La riflessione quindi è rivolta agli ambienti di apprendimento da implementare a scuola e tralascia altri ambiti quali la formazione on line, la formazione permanente, etc. Comincio qui a pubblicarli in una logica di condivisione e di collaborazione chiamando e sollecitando chiunque vorrà intervenire a farmi conoscere le sue critiche costruttive, a suggerirmi modifiche, a indicarmi opportune correzioni. La “collezione” completa di questi interventi costituirà alla fine il nucleo del materiale formativo che verrà rilasciato in licenza Creative Commons.
Mi piacerebbe riuscire a fissare le idee su alcuni punti fondamentali e alcuni snodi “chiave” e fornire allo stesso tempo dei materiali riutilizzabili nel tempo e utili per individuare un utilizzo, individuare un software, una app, un ambiente web, con esempi sull’opportunità del loro utilizzo e i necessari riferimenti tutoriali. Mi sono quindi subito orientato sull’utilizzo della mappa concettuale come strumento base di questa comunicazione formativa; infatti la mappa, già con la sua architettura e topologia veicola dei significati, consente una lettura sintetica e rapida dando al contempo i riferimenti per gli approfondimenti, e poi consente una lettura e una fruizione non lineare che si adatta flessibilmente alle esigenze informative e conoscitive di persone diverse in tempi diversi.
La mappa di base vede al suo centro il concetto di “ambiente di apprendimento” (al momento ne riporto qui solo la zona centrale)
immediatamente contornato da quelle che sono le “funzioni” che un tale ambiente è chiamato a svolgere; in termini di lista:
Si vede facilmente come alcune funzioni sarebbero ulteriormente raggruppabili e generalizzabili, ad esempio offrire strumenti di interazione e offrire strumenti di comunicazione, ma un tale livello di sintesi rischierebbe di far perdere parte della ricchezza e complessità caratterizzanti un ambiente di apprendimento.
Nel seguito utilizzerò ulteriori mappe a partire dai nodi in colore giallo in modo da associare alle diverse funzioni diversi possibili strumenti che la tecnologia digitale mette a disposizione.
——————————-
Aggiornamento 22/08/16
Inserito “differenziazione” dei percorsi di apprendimento su suggerimento di Claudia Perlmuter
Periodo difficile questo che precede la chiusura dell’anno scolastico: difficile perché è tempo, in tutti i sensi, di valutazioni finali, è il tempo nel quale si capisce cosa si è riuscito, o meno, insegnare ai propri alunni. Attacco subito con un mea culpa: ebbene si, credo mai come quest’anno, la percentuale di insuccesso formativo, i n s u c c e s s o, sì, sia vicina al 100%. In altre parole: non sono riuscito ad insegnare niente a nessuno! O quasi. Non c’è da stare sereni, proprio per niente. Ovvio interrogarsi sulle cause: ebbene, credo proprio di avere sbagliato tutto! Lasciatemi dire come. Quest’anno, per la prima volta da quando insegno elettronica, non ho avuto quinte. E già, con l’ultima riforma nell’indirizzo “Informatica” dei tecnici, elettronica si ferma al quarto anno. Magnifico, dico io ai ragazzi, vuol dire che finalmente saremo liberi di fare qualcosa di veramente significativo perché non avremo da prepararci alle classiche domande di esame! Di conseguenza centro tutta la mia attività su un qualcosa che a scuola è rivoluzionario, metto in mano ai ragazzi “Arduino”, ovvero metto nelle loro mani il cuore pulsante dell’intero movimento dei makers a livello mondiale! Chissà cosa verrà fuori, pensavo. E infatti non è venuto fuori praticamente niente. Dopo qualche iniziale settimana, esaurito l’effetto novità, le dinamiche sono state quelle purtroppo ormai usuali: resistenza passiva, disinteresse, incuria, sciatteria. Il risultato è quello che ho già detto. La considerazione è che, evidentemente, ho sbagliato ancora una volta a prevedere la reazione dei ragazzi; ho pensato a quello che sarebbe successo a me, alla curiosità che la proposta avrebbe generato, all’interesse e alla motivazione conseguente.
Ma credo che su questo tema della demotivazione altri, molto più quotati di me, hanno già speso le loro riflessioni. Mi dirigo quindi ad una seconda riflessione sul tema, ma anche questa volta devo brevemente raccontare da cosa scaturisca. Ebbene, tempo di interrogazioni finali, incastro me e loro, loro, ovvero i ragazzi delle varie classi, intendo, con uno stringente calendario di interrogazioni programmate. Per ogni classe i vari nomi giorno per giorno, gli argomenti sui quali avrei centrato la verifica, gli eventuali materiali ad integrazione degli appunti e del libro di testo. Tutto ben comunicato e organizzato su “Edmodo”, piattaforma che usiamo un po’ tutti per comunicare con i ragazzi al di là della presenza in classe. Risultato: quasi tutti si fanno trovare impreparati! E qua il discorso si fa assai impegnativo: che vuol dire “impreparati”? Ci sono quelli che, nonostante fossero perfettamente a conoscenza della scadenza, hanno ritenuto che non fosse il caso di preparare il colloquio. E infatti te lo dicono subito: “no professore, sono impreparato . . .” Vabbé si fa presto a mettere un due e andare avanti. Poi ci sono quelli che accettano il colloquio esaurendolo dopo le prime tre parole (non scherzo) dell’argomento ” a piacere”. Vabbé, hanno fatto lo sforzo di alzarsi dal posto, si beccano un tre e avanti un altro. Loro vanno via non contenti ma nemmeno dispiaciuti. Il prof sottoscritto rimane assai pensoso e si fa domande del genere: “era o non era consapevole di non sapere nulla?”; “come mai la scelta di un argomento del quale non si riesce a parlare?”; “quale il livello di consapevolezza circa i propri saperi?”. Ma le categorie di impreparazione non sono ancora finite: ci sono quelli che vengono a ripetere a memoria un testo che somiglia ad un temino delle elementari (giuro, non ho nulla contro le elementari, anzi il contrario) ma che non hanno alcuna capacità di ragionare su uno schema, un diagramma, delle caratteristiche tecniche, delle espressioni matematiche. Li classifichiamo come “immaturi”, prendono un bel quattro e vanno al posto un po’ perplessi: “ho parlato e ho ripetuto”, pensano loro . . . come mai il quattro? E sempre il sottoscritto docente rimane lì a farsi, tra sé e sé, ulteriori domande: ” ma dove l’hanno presa questa cosa del temino da bravo bambino quando nemmeno una volta in classe abbiamo fatto qualcosa del genere? Perché, attenti come sono a “cosa vuole sapere il professore”, adottano poi uno schema comportamentale (non oso chiamarlo cognitivo) evidentemente derivato da altre discipline e da altri, precedenti, anni scolastici? A queste domande qualche risposta riesco a balbettarla: evidentemente hanno acquisito, nei vari anni scolastici, la convinzione che a loro sia richiesto di ripetere a memoria e senza senso un qualche testo che gli è stato proposto. La memoria riescono ad usarla, almeno quelli che un po’ di sforzo sono disposti a metterci, e così la utilizzano al posto della sistematizzazione, della modellazione, del pensiero critico, della capacità di applicare le conoscenze alla soluzione di problemi. “Fa proprio schifo la scuola, pensa sempre lo stesso sottoscritto prof, se è riuscita a fare tutto questo danno!” Ma ancora non abbiamo finito con le categorie di impreparazione, arriviamo a quella che proprio stamattina mi ha provocato una violenta reazione di indignazione, sì, proprio così, indignazione. Stiamo parlando della categoria di studenti che magari sembrano anche bravini, ti illudi, quando li guardi seduti ai loro posti: prendono appunti, in qualche modo seguono ( almeno ti fanno capire questo), sembrano ragionevoli e ordinati. In qualche modo il povero prof si ritrova a nutrire una qualche aspettativa nei loro confronti, almeno loro una bella interrogazione me la faranno sperimentare! Atrocemente sbagliato . . . quello che è successo stamattina mi ha fatto pensare ad un novello medioevo, alla superstizione, alla mancanza totale di raziocinio. Un ragazzo cui avevo chiesto di calcolare la corrente in un semplice circuito comincia a scrivere delle cose alla lavagna: ebbene mi accorgo che al posto di seguire i passaggi logici e matematici del caso sta arrancando ancora una volta facendo ricorso alla memoria. Il risultato è che la stessa grandezza elettrica scritta in due righe successive cambia forma e sostanza! Richiesto del perché e invitato a fare l’evidente correzione il ragazzo non riesce a fornire alcuna spiegazione e a modificare di una virgola il suo operato.. Questo episodio, ripetuto tante volte, e tanti altri che qui non racconto sennò esaurisco il blog, mi fanno chiaramente capire quanto grande e grave sia lo scollamento tra il segno e il suo significato. Ciò accade per i simboli, per le lettere, per le espressioni matematiche e non. Non è solo questione di “formule” matematiche: lo stesso avviene con un testo verbale o multimediale che sia, lo stesso avviene con un grafico e una schematizzazione. Ciò che viene scritto e riportato dai ragazzi per i medesimi non ha alcun significato, si tratta di un qualcosa che viene portato fuori in qualche modo che esclude certamente il ragionamento, la consequenzialità, lo sviluppo di un pensiero, il seguire un processo. Il risultato è che vengono fuori delle cose senza senso e che nessuno in classe sia in condizioni di accorgersi che sono senza senso! Il paradigma “soggetto-predicato-complemento” è del tutto disatteso: al posto di frasi, anche molto semplici, vengo fuori solo singole parole chiave. La distinzione di causa ed effetto è totalmente assente, del fenomeno osservato, del sistema studiato non si distingue il sopra dal sotto, l’ingresso dall’uscita. Devo dire che questa cosa mi ha molto spaventato, mi sembra segno e sintomo di una rinuncia a pensare, a capire, a imparare. Mi sembra che lo spirito dei “lumi”, della razionalità, che pure riteniamo fondante di tutto il nostro pensiero contemporaneo e della maggior parte delle nostre competenze sia andato totalmente perduto. Ammetto di essere impreparato io, questa volta, ad affrontare questa emergenza. E come si fa? Tutto l’anno non ho fatto altro che mostrare loro esempi di ragionamento, allenandoli a “tradurre” una espressione matematica in italiano o a tradurre una affermazione in espressione matematica. Tutto l’anno ho proposto loro schemi, diagrammi e modelli mostrando come già la semplice loro “lettura” sia fondamentale atto conoscitivo. Devo ammetterlo: mi sembrano pazzi (attenzione, sto parlando di individui dai 16 ai venti anni, non di bambini) quando vedo indifferenza di fronte a tutta questa evidenza. Mi sembra che siano pronti a credere e ad agire in base a tutto quell’insieme di superstizioni e di credenze di cui nei recenti passati secoli ci siamo, a fatica, liberati. Se lo stesso gatto ( o corrente elettrica nel caso dell’alunno di cui sopra) in un rigo è bianco e nel successivo è nero significa che il pensiero è stato abolito. Cosa è successo a queste generazioni? E’ effetto del mercato? E’ effetto del ventennio berlusconiano nella cultura del quale sono cresciuti? E’ effetto della disponibilità immediata in rete di così tante informazioni che non sanno che farsene? E che possiamo fare, come docenti, per correggere la rotta?
Ho da pochissimo completato la stesura di un breve testo concepito per aiutare i miei alunni a comprendere e ad eseguire l’analisi delle reti elettriche in corrente continua. Il testo e un form di segnalazione di eventuali problemi o per inviare dei commenti è disponibile alla pagina http://www.columba.it/e-book-soluzione-delle-reti-elettriche-in-continua/ ed è scaricabile anche direttamente da qui: [sdm_download id=”2285″ fancy=”0″]
Il libro è in formato epub3 e contiene degli esercizi interattivi pertanto è idoneo alla lettura su iPad, tablet e smartphone che utilizzano questa tecnologia. In alternativa il libro è direttamente consultabile online qui (consigliabile in tal caso il browser Chrome con l’estensione Readium ).
Continua sui giornali italiani la cattiva abitudine di dar spazio ad articoli sulla scuola scritti da persone che di scuola non hanno una specifica esperienza. Questa volta non posso non notare sul Sole 24 Ore Rivoluzionare la scuola – una proposta, titolo che mi suscita subito grandi speranze: finalmente qualcuno che ha capito che bisogna cambiare tutto, ho pensato. Invece la proposta è piuttosto modesta: coinvolgere in qualche modo i dottori di ricerca nella scuola… Detto così è davvero troppo vago: perchè proprio i dottori di ricerca? Si tratterebbe di coinvolgere i dottori di qualsiasi ambito disciplinare? E che c’entrerebbe un dottore in entomologia agraria nella elaborazione di un curricolo con tanto di metodi e strategie didattiche? Quali sarebbero i compiti, quali le modalità di coinvolgimento nelle strutture scolastiche? Le domande possibili sarebbero ancora assai numerose, ma tanto basta ad osservare l’esiguità della proposta.
Mi permetto qui di esortare l’autore dell’articolo ad una frequentazione di una serie di testi e di ambienti di informazione e dibattito di grande spessore, a partire ad esempio da “La testa ben fatta” di Morin, testo ispiratore dell’unica idea di reale cambiamento nella scuola italiana, soprattutto riguardo l’approccio disciplinare, certamente negli oltre venti anni di mio personale servizio ma, temo, anche da molto prima. E poi certamente consiglierei la frequentazione di insegnareonline, la rivista del Cidi – Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.
Il corso “informatica” del Majorana di Palermo ha interpretato il tema dell’anno – probabilità – con due realizzazioni originali ispirate al mondo del gioco. Si tratta di un “gioco delle tre carte” sviluppato interamente in java e di una roulette elettronica basata sull’ormai famoso “arduino” (nella foto qui sotto un momento del montaggio). Si trattava di estrarre un numero casuale alla pressione di un bottone, azione che sostituisce il lancio della pallina; il numero estratto viene visualizzato da una roulette ove ad ogni numero corrisponde un led. Il programma sviluppato per arduino cura sia l’estrazione del numero casuale che l’animazione di accensione dei led che, con velocità descrescente, simula il moto della pallina. Un collegamento via usb ad un computer viene utilizzato per veicolare i numeri estratti ad un secondo programma (sviluppato questo in “processing”) addetto a fare le statistiche di uscita dei vari numeri e a viaualizzarla su un display.
Sia l’hardware che il software sono stati interamente realizzati dagli studenti del corso con la collaborazione dei docenti di elettronica e di informatica.
La documentazione del progetto viene qui rilasciata in licenza Creative Commons per quanti volessero ripeterlo ed eventualmente implementarne caratteristiche aggiuntive:
Roulettuino di Corso “Informatica” del majorana di Palermo è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.