Scoperte. Sgradevoli.

In questi giorni ho fatto delle scoperte: tutte sgradevoli.

Scoperta n.1
Da circa dieci giorni sono costretto a bazzicare ospedali e pronto soccorso, ma non è di sanità che voglio parlare, bensì della sintonizzazione dei televisori che ho visto in tutte le sale d’attesa e in tu tte le camere. Canale 5 stabile: biscione supestar! E guai a proporre un cambiamento…. Qualcosa dovrà pur significare.

Scoperta n.2
I recenti avvenimenti legati alla protesta dei “forconi” ha mostrato chiaramente come le tendenze “indipendentiste” dei siciliani nulla abbiano da invidiare alle grettezze leghiste: l’argomentazione “in sicilia raffiniamo il petrolio e qundi dobbiamo pagare di meno i carburanti” ha la stessa acutezza e raffinatezza de”i soldi delle tasse devono rimanere da chi le ha pagate”….

Scoperta n.3
I racconti delle atrocità commesse “tra vicini di casa” durante l’ultimo conflitto serbo-croato-bosniaco mi erano sembrati sino ad ora descrivere un fenomeno non ipotizzabile dalle nostre parti, ma i recenti avvenimenti di accaparramento vistisi ai distributori di benzina e ai supermercati alimentari mi costringe a ricredermi. Nel mio palazzo, abitato per lo più da gente benestante e di età media piuttosto elevata in ben tre occasioni nella stessa giornata ho sentito odore di benzina in ascensore! Segno evidente di un panico non soddisfabile facendo il pieno di tutte le auto di casa… E infatti in città i primi incendi non si sono fatti attendere. Mamma mia! E se davvero scoppiasse una guerra cosa faremmo? Andremmo subito all’assalto all’arma bianca del contenuto del frigorifero del vicino?

🙁

Le metodologie didattiche sono espressione e realizzazione di valori

Leggo su “Didattica attiva con la Lim” una bella citazione di Bruno Ciari:

Gli strumenti sono utilizzabili per scopi diversi, Le metodologie didattiche sono espressione e realizzazione di valori

E subito mi si scatena una serie di riflessioni.

Quindi chi sostiene che sia necessario tornare alla scuola “all’antica” non sta facendo altro che abdicare alla possibilità di guardare e analizzare la trasformazione della società e delle stessa conoscenza a favore di un modello che coincide con quello “subito” da bambino e da ragazzo durante il suo periodo scolastico.
In questo senso sembra delinearsi chiaramente una significativa concordanza tra gli obiettivi dell’azione educativa e i metodi adottati per realizzarla. Questa cosa sembra assolutamente chiara se pensiamo ad esempio alla gentilezza: insegnare ad un bambino ad essere gentile richiede la pratica della gentilezza verso lo stesso bambino che in tal modo ha la possibilità di sperimentare cosa la gentilezza sia e quali ne siano gli effetti quando se ne è fatti oggetto. Nessuno penserebbe di insegnare la gentilezza con la violenza…
Adottare quindi come metodo educativo scolastico quello della ripetizione di contenuti codificati dal testo , ovvero la classica dinamica scolastica , mi sembra solamente idoneo allo sviluppo dell’individuo conformista. Cosa del resto facilmente riconoscibile tra gli obiettivi della scuola almeno sino agli anni 70: riuscire nella vita significava conformare la propria testa, ovvero il proprio pensiero, le proprie convinzioni, il proprio sentire a modelli di volta in volta coincidenti con quelli precodificati per i vari mestieri e professioni.
Chi continua a sostenere una tesi del genere non si rende conto ( in qualche caso in buona fede) che gli obiettivi della scuola sono molto cambiati! Se non altro, volendo trascurare tutte le istanze libertarie e di rinnovamento emerse nella seconda metà del secolo scorso, per un motivo assolutamente strumentale: i ragazzi che oggi terminano gli studi devono essere molto più praparati dei loro omologhi dei decenni precedenti. Lo sostengo pensando alla accresciuta complessità del sistema nel quale viviamo e dal quale dobbiamo trarre il nostro sostentamento (non basta più “imparare un mestiere”) , pensando all’accresciuta mole di conoscenze e competenze legate ai settori tecnici e scientifici, pensando al rimanere sul territorio nazionale di sempre minori opportunità legate al classico manifatturiero (esportato in paesi che garantiscono una molto maggiore economia della realizzazione) capace di assorbire rapidamente masse di persone con limitati livelli di scolarizzazione e specializzazione. Pensando che dobbiamo diventare sempre “più bravi” in tutto ciò che ci toccherà di fare.

A Night on Bosphorus

Una gradevole serata ad Istanbul, la città del sogno.

Un grande cuore bianco

20111029-020548.jpgAnkara, poco dopo mezzogiorno, dai minareti attaccano quasi all’unisono i muezzin dell’intera città, subito coperti dal rombo di uno stormo di caccia dell’aviazione militare turca. Prima tre, poi altri tre, poi ancora e ancora: a gruppetti passano sulla città a volo radente ben 24 caccia. Passano e vanno via.
Non è finita: un rombo ancora più invadente annuncia l’arrivo della pattuglia acrobatica: ben 8 mezzi bianco e rossi che danno luogo ad un forsennato (e sconsiderato) carosello cittadino. Già ieri li avevo sentiti, alla stessa ora, ne lungo ripetersi del loro rombare: dal ristorante, insieme agli altri commensali, non vi avevo fatto molto caso. Oggi, in cima al castello di Ankara, ho potuto pienamente rendermi conto. Non so come sia possibile consentire ad una pattuglia acrobatica di fare le proprie esibizioni, circa una mezzora di passaggi, sopra una città popolosa come Ankara. Certo lo spettacolo è proprio fuori dall’ordinario: lo stormo picchiava e si avvitava come un tutt’uno, le traiettorie evidenziate dalle scie colorate, la velocità da brivido. Impennate, picchiate, loop, avvitamenti si sono succeduti per alcuni minuti quando ad un tratto lo stormo si é diviso. I singoli aerei hanno cominciato a fare voli radenti tenendosi a pochi metri dalla principale arteria cittadina! Non sto esagerando: le scie invadevano il cielo e persino la carreggiata automobilistica. In un passaggio una copia di aerei lo ha fatto addirittura “dorso a dorso” , uno in assetto normale, l’altro in volo rovesciato, con i timoni di coda praticamente a contatto: da brivido. Con gli amici con i quali ero in compagnia cercavamo nel frattempo di fare qualche sensata ipotesi sul perchè di questa esibizione, del resto non isolata, su come fosse possibile e accettabile far correre un simile rischio alla popolazione: una esibizione di potere delle forze armate? Un avvertimento? Una pura esibizione “muscolare”?
Ad un tratto i due solisti si incrociano due volte, una in volo verticale, l’altra in picchiata: un brivido segnalato da tutti gli spettatori con un “ohhh” spontaneo quanto impaurito. Sul cielo rimane disegnato dalle scie un grande cuore bianco: guardandolo bene, agghiacciante, si vede chiaramente al suo interno un aereo di linea placidamente avanzare verso l’aereoporto.

un grande cuore bianco

Cultura, Natura, Bauman

Su R2 di oggi un interessante articolo di Bauman: http://www.repubblica.it/dal-quotidiano/r2/2011/09/17/news/perch_serve_una_eco-scienza-21784844/
L’argomento, un classico, quello del rapporto tra cultura e natura. Bauman sostiene, pena l’andare incontro a disastri colossali, la necessità di un forte cambiamento epocale, la necessità di trovare una maniera per contemperare gli interessi dell’uomo con quelli di tutte le altre specie viventi. Da uomo colto lo fa con importanti citazioni storiche e filosofiche. Nella pagina a fianco gli fa da eco Esposito, questa volta con una citazione letteraria, scomodando Leopardi.
L’uno e l’altro dicono delle cose giuste e interessanti ma rimango con la sensazione che il vero nocciolo del problema non sia nemmeno stato sfiorato: rimane vivo e vegeto, infatti (almeno questo è quanto sia io riuscito ad interpretare), il convincimento della contrapposizione “di fatto” tra natura e cultura, essendo quest’ultima al di fuori, estranea, alla prima. E quindi destinate storicamente a scontrarsi.
A mio parere si tratta di una contrapposizione falsa: la cultura fa parte della natura dell’uomo. Ogni specie vivente opera in modo tale da modificare l’ambiente in cui vive e l’uomo non fa eccezione: l’ambiente in cui vive e opera non obbedisce peró solamente a quanto ci insegna l’ecologia classica: accanto alle componenti biotiche e abiotiche del sistema, unitamente ai flussi di energia e materia, dobbiamo considerare anche la presenza e la dinamiche della cultura (forse dovremmo dire delle culture al plurale). L’uomo determina l’ambiente in cui vive realizzandovi anche delle strutture immateriali, delle ardite costruzioni del pensiero. Ciò che vorrei affermare, cioè, è che la cultura va considerata come elemento interno al sistema e quindi la sua influenza probabilmente è diversa da quanto potremmo aspettarci da un elemento “esterno”. Cercheró di mettere a fuoco in cosa consiste questa diversità.
Le specie viventi si mantengono in equilibrio grazie alla retroazione negativa dell’ambiente che si attuano con le note dinamiche tra disponibilità di cibo e di spazio e presenza di predatori ed elementi patogeni (mi si perdoni l’estrema brevità e semplificazione). Quando la popolazione di una specie raggiunge una certa consistenza, il feedback ambientale opera in modo da arrestare il processo: diminuisce la disponibilità per ogni individuo della specie delle risorse, aumenta il numero dei predatori e quindi dei predati. Si tratta di una legge spietata quanto raffinata, almeno nel senso del provilegiare, direi quasi perseguire, il raggiungimento della massima complessità. In termodinamica diremmo che si tende ad un minimo dell’entropia.
In quanto specie vivente l’uomo non è estraneo a questa dinamica: la sua intrinseca “missione” (ahimè chiaramente espressa persino nelle scritture bibliche) è quella di espandersi e moltiplicarsi. Sino a quando? Sino al feedback della terra, ovvero sino a quando le catastrofi epidemiologiche e la scarsità di cibo e di energia non procurerà la fine per milioni o miliardi di individui della nostra specie.
Sebbene insignificante sul piano cosmico un evento di questo genere sarebbe per noi assai spiacevole e preoccupante. E non risolvibile, come afferma Bauman (ma l’abbiamo sentito ripetere per decenni da Piero Angela), con lo sviluppo di nuovi saperi tecnici e scientifici, in quanto tali saperi, agendo dall’interno, analogamente a quanto accaduto sino ad ora, non potrebbero che obbedire al primitivo quanto imperativo scopo della specie.

In principio c’era la parola?

More about In principio c'era la parola?Appena finito di leggerlo. Libro piccolo ma molto sostanzioso, soprattutto per chi, come me, non ha una formazione di tipo linguistico. Allo tempo perfettamente leggibile, comprensibile e molto godibile. Non è il caso che mi eserciti in questa sede nel tentativo di scriverne una recensione, in rete se ne trovano di molto migliori di quanto non potrei fare io, mi limito quindi a qualche riflessione, il libro ne sollecita parecchie.
Intanto si tratta di un tema e di un testo che volano molto “alti”! Mai in maniera pretenziosa, accademica o pomposa, tutt’altro. Se De Mauro riesce a renderla così chiaramente è solamente in virtù delle sue indiscusse doti di studioso e di pensatore. E in questo periodo di comunicazione di massa centrata sulle vicende da letto del premier ha costituito per me un vero balsamo rinfrescante. Il testo tratta dei rapporti tra il costituirsi delle lingue e delle identità sociali, in un processo mutuamente generante.
Davvero interessante la parte finale nella quale evidenzia come la Costituzione Italiana preveda la tutela delle minoranze linguistiche come strumento di garanzia delle molteplicità culturali e si occupi di prescrivere la messa in atto della rimozione di tutti gli ostacoli alla partecipazione delle medesime minoranze. Riporto due illuminanti citazioni:

Quello che mi interessa però sottolineare, e che in definitiva il nostro ordinamento ci aiuta a capire, è che nell’ordinamento stesso il nesso fra lingua e società è un nesso portante nella definizione e nell’indicazione dei principi di base, che trovano poi completamento nell’idea degli articoli centrali della Costituzione, sul carattere primariamente pubblico della funzione educante. È compito della Repubblica istituire scuole e università.

E ancora:

Bene, bisogna che alle discussioni che fanno il tessuto della vita democratica possano partecipare tutti, quale che sia la loro lingua materna, usando questa o apprendendo la lingua più diffusa, che è orami diventata davvero la lingua italiana, privilegio di pochi fino a cinquant’anni fa. E scuola ed educazione linguistica hanno una funzione centrale in ciò. Spendere in scuola e in educazione è un investimento per la democrazia.

Io voto sì – ancora stop per il nucleare!

In risposta, e a rinforzo, delle numerossissime mail arrivate in questi giorni con l’invito a votare “sì” contro il nucleare, dichiaro – ma dubbi non potevano essercene – che il mio voto a questo referendum del 12 e 13 giugno sarà, senza dubbi e senza possibilità di ripensamento, un fermo “SI”!

Le motivazioni di questo mio convincimento non sono nuove, al contrario risalgono agli anni 80, una trentina d’anni fa quindi, durante i quali le problematiche fondamentali connnesse alla produzione di energia elettrica mediante reattori nucleari non mi sembra siano sensibilmente mutate. Si tratta quindi di un convincimento pre-Chernobyl e pre-pre-Fukushima, un convincimento freddo e meditato che si basa su questi pochi assunti fondamentali:

  • l’energia elettrica prodotta per via nucleare non è più economica di quella prodotta da altre fonti ( non fidatevi di costi calcolati trascurando lo smaltimento del combustibile esausto e la dismissione degli impianti ormai “vecchi”);
  • l’uranio in natura è tutt’altro che abbondante ed un suo uso diffuso ne creerebbe l’esaurimento forse ancor prima del petrolio. Gli impianti quindi dovrebbero essere costruiti per funzionare col Plutonio e con altri prodotti di fissione nei reattori cosiddetti “autofertilizzanti”, una tecnologia con criticità ancora più marcate di quella ad uranio arricchito;
  • non è pensabile risolvere il problema del confinamento delle scorie ( materiali da confinare per -letteralmente – migliaia di anni);
  • non è accettabile che le centrali “esauste” diventino dei “cimiteri nucleari”. Sia per motivi ambientali, sia per motivi di militarizzazione del territorio.

Come si vede, pur non considerando il problema delle sicurezza,e quindi degli incidenti, problema che ci porta alle inevitabili posizioni emotive di quest’ultimo periodo, i motivi per bandire il nucleare dalle tecnologie adoperabili appaiono in tutta la loro chiarezza.

Possiamo – dobbiamo – votare SI in tutta serenità e tranquillità.

La salita a Monte Cuccio

Giornate meravigliose, di questa stagione, una vera goduria di cieli azzurri e verdi freschi e intensi della nuova vegetazione. La salita a Monte Cuccio fa parte di una delle possibili escursioni montanare e cittadine possibili a Palermo. Il tracciato e qualche foto:

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Arca dei Suoni – Aspetti e Innovazioni

Aspetti formativi e innovativi del progetto “Arca dei Suoni”

Lo scorso 2 marzo si è tenuta a Palermo, presso l’Albergo delle Povere, la presentazione del primo numero della pubblicazione “Quaderno di Arca dei Suoni”. E’ stato un momento interessante di incontro tra gli amministratori e il pubblico convenuto, soprattutto composto da studenti e da docenti provenienti dalle scuole che sono state coinvolte nella prima fase di vita e di sperimentazione del progetto.

Ho partecipato all’evento con una relazione che allego qui di seguito in forma di “slidecast” (le slide sincronizzate con l’audio “live” della presentazione)

Mi piace, in questa sede, cercare di sottolineare ulteriormente quanto indicato nella slide n. 12 . E’ infatti opportuno riflettere sul, e valorizzare fortemente, il valore didattico e formativo della iniziativa. Trattandosi di beni culturali l’aspetto formativo viene, in un certo senso, dato per scontato, ma con il progetto “Arca dei Suoni” si mettono in campo dinamiche potenzialmente assai interessanti, dinamiche a maggior grado di coinvolgimento di quanto possano fare eventi e momenti centrati sulla fruizione piuttosto che sulla creazione. Mi voglio esplicitamente riferire all’aspetto di scoperta e di manipolazione insiti e connaturati alle operazioni di registrazione e di pubblicazione di un contributo audio (per chi non lo sapesse: arcadeisuoni.org è un sito sul quale gli utenti possono direttamente pubblicare contributi sonori di carattere culturale). Gli studenti vengono in questo mobilitati su più livelli, da quelli tecnici della registrazione, a quelli espressivi del prodotto finito e infine a quelli critici degli eventuali feedback su quanto pubblicato. In questo processo accade un qualcosa di veramente importante e formativo: il racconto (per fare un esempio ma potrebbe essere un canto o qualcos’altro) che si va a registrare e pubblicare, in quanto effetto della propria ricerca e della successiva manipolazione, diventa un qualcosa di personale, qualcosa che fa parte della storia personale. In qualche modo, quanto documentato diventa parte del patrimonio personale di chi lo documenta: e questo è un modo non soltanto per imparare, ma per generare direttamente e immediatamente patrimonio culturale! Si valuti questa affermazione alla luce del discorso sulle competenze che da qualche tempo è diventato centrale nella scuola, discorso estremamente complesso, del quale fanno parte degli obiettivi particolarmente difficili da raggiungere in una situazione, quale quella scolastica, nella quale la vita reale viene approcciata, quando va bene, con le forme della simulazione. Arca dei Suoni ha le potenzialità per far superare questo gap tra la vita scolastica e le emergenze culturali del territorio e per di più con modalità di produzione mediatica che fanno parte della cultura giovanile e che non richiedono alcun investimento in tecnologia. Partecipare all’accrescimento dell’archivio sonoro di Arca dei Suoni è un generatore di competenze: come risultato mi sembra niente affatto disprezzabile.

Nucleare? No grazie!

Logo "Nuckeare No Grazie!

E’ proprio il caso di far circolare nuovamente il sole che ride!

Personalmente, trascorsi i decenni che ci separano dal successo di questo simpatico simbolo, continuo ad essere convinto della non opportunità dell’investimento nell’energia nuclerae e nella sostanziale impossibilità di fare un nucleare realmente sicuro. Lo sono stato sempre, non sono questi ultimi avvenimenti giapponesi a muovermi. Il referendum col quale l’Italia aveva chiuso la sua storia col nucleare è stato per me sempre valido. Mi piacerebbe che tutti lo ricordassimo, che tutti ne fossimo sempre fermamente convinti.