Il buio che stiamo coltivando

Serata tra amici, ieri, siamo in tre che condividono fascia di età, sensibilità politica e culturale, lavoro. Docenti di tre diverse scuole secondarie, diverse per indirizzo e provenienza sociale degli alunni, ci ritroviamo volentieri a parlare di didattica, di metodologia di cosa tentiamo di mettere in atto ognuno con i propri studenti. Devo ammettere che imparo e capisco più in queste cene che in un corso di formazione.
Dunque anche ieri sera discorsi importanti: riflessioni su come un contenuto possa trasformarsi in una conoscenza. Ad un certo punto però si affaccia un pensiero triste , si fa strada la constatazione che la grande maggioranza degli studenti, soprattutto nell’istruzione tecnica e professionale (si faccia attenzione, si tratta in pratica della maggioranza assoluta degli studenti italiani) versa in una demotivazione pressocchè totale, in una mancanza di curiosità e di iniziativa preoccupante. Una mancanza assoluta di disponibilità allo studio e all’apprendimento che accomuna gli studenti sia dei docenti bravi che di quelli scarsi, sia dei docenti conservatori che di quelli innovatori. Che faranno, questi ragazzi, tra una decina d’anni, quando toccherà a loro lavorare e mantenere una famiglia, come faranno se già il lavoro scarseggia e qualsiasi forma di competenza è praticamente assente? L’idea di una imminente emergenza sociale diventa palpabile.

Stamattina magnifica giornata di sole, sono libero, prendo bicicletta e macchina fotografica e faccio un giro. In via Maqueda, complice il passaggio di due motociclisti della polizia a tutta velocità e a sirene spiegate in piena zona pedonale ci ritroviamo a parlare con dei negozianti della zona del fatto che la zona pedonale viene abusata da alcune categorie istituzionali (forze dell’ordine e scorte armate ai magistrati), delle crescenti difficoltà economiche, della presenza sempre maggiore, una presenza ormai vissuta come invasione, di comunità di immigrati dalla Cina e dal Bangladesh. In effetti ormai la cosa si tocca con mano: molte zone tradizionalmente occupate dai negozi storici della città hanno cambiato volto: un lungo tratto di corso Vittorio, ad esempio, è ormai occupato solo da negozi che vendono bigiotteria. Come fanno a campare, domando, e qui si scatenano vari ammiccamenti, riferimenti e allusioni a “sistemi diversi” dalla pura e semplice vendita. Capisco che l’argomento smuove pulsioni profonde quando uno mi dice che se continua così “finirà a rivoluzione”! Che ormai è giunto il momento di sfasciare tutto per poter ricominciare in qualche modo nuovo. Quale, ovviamente, non si sa….

Apro il giornale e leggo il bell’articolo di Saviano “L’odio per il bene” nel quale affronta il tema delle scomposte reazini verificatesi per la liberazione delle due ragazze rapite in Siria. Anche nelle parole di Saviano serpeggia amarezza e scoraggiamento:

…. Tutto serve a sporcare la vicenda di Vanessa e Greta….
Erano in Siria per portare impegno. E qui arrivano gli insulti che più di tutti mi colpiscono …. : «Ma se volevano fare del bene, non potevano farlo in Italia?». …
Tutti Charlie Hebdo, ma a casa propria ché se poi vi capita qualcosa ve la siete cercata.
Un Paese che non riesce a mostrare solidarietà verso due ragazze sequestrate rischia di essere un Paese fallito, che fa vincere il livore, la rabbia, l’idiozia…
La cooperazione internazionale è la migliore esportazione possibile. Il nostro Paese sta dando prova di non capire …. Mi vergogno delle reazioni di molti miei connazionali, delle loro parole, del loro livore, del loro odio. Se un Paese non è capace di stare accanto a due giovani donne volontarie, che hanno passato in condizioni di sequestro quasi sei mesi della loro vita, allora merita il buio in cui sta vivendo.

Soluzione delle reti elettriche in continua

copertinacontitoloHo da pochissimo completato la stesura di un breve testo concepito per aiutare i miei alunni a comprendere e ad eseguire l’analisi delle reti elettriche in corrente continua. Il testo e un form di segnalazione di eventuali problemi o per inviare dei commenti è disponibile alla pagina http://www.columba.it/e-book-soluzione-delle-reti-elettriche-in-continua/ ed è scaricabile anche direttamente da qui: [sdm_download id=”2285″ fancy=”0″]

Il libro è in formato epub3 e contiene degli esercizi interattivi pertanto è idoneo alla lettura su iPad, tablet e smartphone che utilizzano questa tecnologia. In alternativa il libro è direttamente consultabile online qui  (consigliabile in tal caso il browser Chrome con l’estensione Readium ).

Vagando in una luminosa notte

Ripropongo oggi la mostra presso Asterisco, sto per andare alla inaugurazione, ho bisogno di raccogliere qualche pensiero, spero sensato, spero intelligente.
Non è mia intenzione, in questa sede, parlare delle fotografie: ai posteri l’ardua sentenza, come si suol dire, piuttosto mi piacerebbe parlare del percorso che ha portato alla realizzazione delle stesse. La narrazione di questo percorso è importante. Nel caso di fotografie e di fotografi si finisce quasi sempre con lo scoprire che il percorso di vita e quello fotografico sono tra loro strettamente legati: difficilmente potrebbe esistere l’uno senza l’altro.
Il percorso che mi ha portato a queste foto è durato oltre due anni, un percorso che mi ha portato in giro per tutta la sicilia (sono esclusivamente siciliani gli alberi qui rappresentati) e che mi ha creato molte veglie notturne da dedicare alla postproduzione. Ma in realtà, come tutte le occasioni della vita nelle quali matura un momento di così palese esposizione pubblica, si manifesta il risultato di un percorso durato più o meno una intera vita.
Dal punto di vista fotografico io nasco, se si fa eccezione delle foto familiari fatte con la “Istamatic”, durante il periodo in cui frequentavo l’università: caratteristica di quel periodo la semplicità dei mezz:i il bianco e nero e le infinite ore passate di notte in camera oscura. Un primo grosso salto lo faccio quando entro a far parte di Laboratorio Immagine, una delle migliaia di cooperative giovanile nate agli inizi degli anni ottanta, dedicandomi a quel punto esclusivamente alle diapositive. Colore quindi (e che colori la vecchia Ektachrome), modalità “uno scatto e via” perchè con le dia non si può poi intervenire in nessun modo: esposizione e composizione sono tutte e solo decise al momento dello scatto. Una formidabile palestra che mi ha portato a contatto con tanti temi classici di quegli anni: la cultura materiale e popolare, l’ambiente, il territorio, l’ecologia, la società, la gente.
Finito quel periodo la mia attenzione creativa si sposta prima verso il video, poi verso la realizzazione dei cdrom interattivi per approdare infine ai primi siti web in html. La fotografia rimane sullo sfondo ma sostanzialmente non fotografo più, a parte le classiche occasioni familiari.
A “risvegliare il neurone fotografico” interviene la disponibilità delle tecnologie digitali a costi accessibili, il tutto condito dalle possibilità di Flickr e delle rete tutta. Credo che il mio primo anno di partecipazione a Flickr mi abbia fatto crescere forse più di tutti gli anni precedenti, vado sperimentando tecniche e soggetti, pubblico le foto online e aspetto i commenti positivi, comincio a pensare ad un tipo di fotografia che sia veramente “mia”. Dopo un periodo piuttosto forsennato sento il bisogno di fermarmi un attimo per rispondere alla domanda: ma io, che cosa fotografo? E mi metto a guardare, con occhi il più possibile distaccati, il mio archivio digitale ormai arricchitosi di oltre diecimila immagini. Scopro i miei soggetti preferiti e tra questi forse “il”preferito: gli alberi. Sul perché di questa preferenza il discorso sarebbe adesso troppo lungo ma giusto per avere una idea si pensi ad uno spirito ecologico impregnato di un certo animismo immanentista. Decido quindi di cominciare a lavorare esplicitamente e deliberatamente sugli alberi, di farne oggetto di una mia personale ricerca da portare avanti consapevomente.
A questo si aggiunge, nello stesso periodo, una certa stanchezza rispetto al tipo di fotografia dilagante. In realtà dilaga di tutto, di tutti i generi fotografici, con uno spiccato orientamento verso la ricerca dell’effetto “wow”. Sono stanco di quanto vedo in giro, voglio distaccarmene, ambisco a qualcosa di più personale, comincio a coltivare e a far crescere l’idea di una fotografia “poco fotografica”, almeno nel senso classico del termine, una fotografia lontana dalla classiche forme della retorica del mezzo. Comincio così a considerare l’atto fotografico come solamente il momento di inizio di un processo di costruzione dell’immagine: non fotografo più “le cose”, i luoghi, gli oggetti. Piuttosto, fotografando, creo materiali grezzi che mi serviranno a costruire delle immagini non necessariamente coincidenti a qualcosa di reale. È nella camera oscura, ormai diventata camera chiara e digitale, è nelle lavorazioni che vengono dopo gli scatti che si insegue l’immagine che si vuole generare. Dunque “poco fotografico” non sta ad indicare una fotografia che insegue la pittura o qualche altra forma di arte o di comunicazione visiva: indica invece un processo che partendo dalla fotografia sfrutta le possibilità messeci a disposizione dalle tecnologie digitali.
Le fotografie della mostra sono il risultato di questo processo, spero che vi piaccia!

Mois de la Photo

Di ritorno da Parigi, ho qualche ora di attesa a Fiumicino, provo a riordinare le idee di un weekend interamente dedicato alla fotografia.
IMG_1561.JPGCominciamo da Paris Photo, 169 gallerie da 35 paesi rappresentano i migliori fotografi “fine art” del mondo. Fine art sta per fotografia artistica, non (necessariamente) legata al mondo dell’informazione e della documentazione. Si tratta di una vera e propria fiera con tanto di marea umana che pascola senza molto capire e riuscire ad apprezzare. Ed in effetti apprezzare è difficile se dappertutto ricevi spintoni e devi far fatica per guardare un’opera senza una qualsiasi testa in mezzo. Tant’è, non so se i galleristi siano tanto contenti di una tale affluenza, i loro clienti sono persone di altra natura, diciamo meno “turistica”.
Per un bel pezzo mi sono quindo sentito piuttosto a disagio non riuscendo a godermi nulla di quanto esposto. Almeno sino a quando non ho deciso che dovevo essere molto più spregiudicato e politicamente scorretto, ho capito che dovevo assecondare il mio momentaneo arbitrio, trascurando quanto (in quel momento) non poteva interessarmi (per favore, basta con Irvine Penn e tanta, anche se importantissima,fotografia storica), ho capito che dovevo essere disincantato e affidarmi brutalmente alla sensazione immediata. E ho svoltato, per così dire, scoprendo che mi piacevano più di tutti i fotografi contemporanei giapponesi e coreani con opere vibranti dalla sensibilità estrema ed estremamente differente da quella occidentale. Ho preso appunto per ulteriori approfondimenti, almeno qualche libro vorrei riuscire a comprarlo.

Nella stessa giornata mi sono spostato dalla zona “commerciale” a quella culturale del Mois de la Photo e sono andato a Jeu de Paume, per la mostra di Garry Winogrand. Bella e interessante mostra, molto ben curata, senza dubbio, ma si tratta di un genere fotografico ormai molto noto il cui interesse probabilmente rimane fondamentalmente storico.

IMG_1564.JPGIeri, sabato, sono andato alla Mep, Maison Europeenne de la Photographie, a vedere principalmente la mostra di Tim Parchicov, “Suspense” e “Faux Horizons” di Alberto Garcia Alix. La prima è allestita in una sala buia dalle pareti scure. Le immagini sono stampate si supporto trasparente e retroilluminate. Suggestiva ma tuttosommato “perdibile”.
Falsi Orizzonti, dello spagnolo, è invece assai interessante anche se inevitabilmente risente di una certa dolorosità cattolica e di una sorta di machismo futurista. L’ho trovata molto stimolante.

Nel pomeriggio al museo Carnavalet per la raccolta di Michael Kenna su Parigi. Qui l’incanto è purissimo e assoluto, atmosfere delicate e sospese ma non desolate e rarefatte, una capacità di trattare anche temi classicissimi come i ponti sulla Senna in chiave sempre intrigante e mai banale, mai lasciandosi tentare dal “meraviglioso” o dal “bel paesaggio”. Beh, sulle qualità della fotografia di Kenna non ho certo bisogno di dilungarmi. Unico cruccio l’atmosfera rumorosa e poco ripettosa, cafonismo da gruppo turistico, cosa ben diversa dalla prima esposizione di Kenna che avevo visto qualche anno fa alla Biblioteque Nationale in una atmosfera praticamente mistica di silenzioso raccoglimento. Infine a Saint Germain, le gallerie più numerose dei panifici, che ospita per lo più autori della sezione “Off”.

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Ritorno alla base col velib (la bici comunale in affitto) con tanto di passeggiata su un lungo senna al crepuscolo 🙂

Italy in a day

italyinadaysmallAppena finito di guardarlo, voglio scrivere qualche mia impressione e considerazione prima di andare a leggere cosa se ne dice e prima di cercare qualche dettaglio sulle modalità di realizzazione. L’ho visto oggi, bella la tecnologia, su “replay” della Rai, per fortuna è disponibile! Nonostante l’avessi messo in calendario l’avevo perso, ieri sera…

Mi è piaciuto! I motivi sono tanti, ad esempio il registro linguistico selezionato, la dimostrazione che è possibile realizzare coralmente un’opera cui contribuiscono, letteralmente, decine di migliaia di persone. Mi sono piaciuti i singoli video anche a prescindere dal montaggio complessivo, trovo che siano frutto di sensibilità, di attenzione, di arguzia. Poetico e onirico  il clip girato sulla porta-container in navigazione nell’oceano. E intimo e riflessivo come il monologo della ragazza sotto il lenzuolo.

Bambini, vecchi, disoccupati, in salsa di buone intenzioni, si potrà dire che costituiscono semplici ed efficaci ingredienti per il confezionamento di un prodotto accattivante ai limiti del ruffiano ma la mia sensazione è che realmente il film contenga molto di più: una non banale ventata di ottimismo anche quando provata dalle difficoltà dell’esistenza, l’assenza di retoriche individualiste, il tentativo di guardarsi dentro. E poi tanta amorevolezza, tanta disponibilità, tanta socialità. Perfino della saggezza.

La mia curiosità adesso, non so se riuscirò a soddisfarla, è quella di capire se ciò che ci è stato mostrato riflette la sostanza e il messaggio dell’insieme delle clip prodotte e inviate. Vorrei sapere insomma se la regia ha rispettato il messaggio emergente dall’insieme degli autori o se ha compiuto una operazione di curvatura, piegamento ed edulcorazione.

Per il momento mi piace pensare, al di là delle beghe politiche, degli abbaiamenti delle trasmissioni televisive di pseudoconfronto, di una ansiogena modalità comunicativa dei media, che si tratta del frutto genuino della migliore, attuale e popolare cultura italiana.

Il tunnel dell’economia

Leggo l’editoriale di Scalfari odierno (17 agosto) nel quale brillantemente si tratta, tra l’altro, della differenza tra depressione e deflazione, delle cause e degli effetti dell’una e dell’altra, di come entrambe contribuiscono al declino complessivo dell’economia italiana, di come si potrebbe/dovrebbe operare a livello tecnico e politico per far fronte alla situazione. Limpido, chiaro, efficace.
Non posso però fare a meno di constatare, ancora una volta, che, ammesso che esista un modo per far riprendere le economie europee, tale processo viene concepito e messo in atto nelle modalità storiche che lo hanno determinato. Sicuramente si ripresenterà e forse in forme anche più gravi.
In ogni caso si tratta di un processo basato sull’incremento della produzione e dei consumi secondo aspettative e teorie risalenti al periodo nel quale si poteva ancora credere che le risorse naturali e ambientali fossero tanto grandi da potersi, ai fini pratici, considerare infinite.
Quanto queste convinzioni siano diventate drammaticamente inattuali è così evidente che non si richiede alcuno sforzo esplicativo epperò sembra che non possa esistere nessuna alternativa al modello economico vigente. Che significa affermare che non esiste la possibilità di evitare il disastro ecologico ed ambientale tipico delle dinamiche puramente zoologiche, il disastro delle sovrappopolazioni. Ovvero: se non ci fermiamo da soli, sarà l’ambiente a farlo, come sempre accade in natura. Peccato che si tratta di passare da milioni (miliardi?) di morti, da spaventose guerre e violenze e sofferenze inenarrabili.
Mi sembra una logica tossica e da tossicomane, forse oltre il tunnel dell’eroina esiste anche un collettivo tunnel dell’economia 🙁

That’s me!

Secondo Five Labs!

fivelabscolumba

Capita a tutti . . .

. . . di dir fesserie . . .
Questa volta c’è incappato Alessandro Baricco, autore che io per altro amo e apprezzo, uomo arguto, intelligente e affabulatore formidabile. Oggi ci fa scoprire su Repubblica l’esistenza di una fotografa “inconsapevole” se così si può dire, una straordinaria donna che per campare faceva la “tata” e per passione scattava foto per le strade della città (si veda www.vivianmaier.com e Vivian Maier (1926-2009). A Photographic Revelation per saperne di più sulla sua vita e sulle sue opere). Lo fa come al solito in modo estremamente interessante e accattivante, lo fa restituendo la magia della vita e l’importanza dell’opera della Maier. Peccato che sul finire dell’articolo si lasci così andare:

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Sinceramente non capisco in cosa possa consistere la “vigliaccheria del fotografare digitale”!

Leggi tutto “Capita a tutti . . .”

Logaritmi e sveglie appese al collo

E così anche Odifreddi ha perso oggi una buona occasione per tacere! E lo fa nel peggiore dei modi: aderendo alla pratica della inutile lamentazione. Nel suo articoletto su R2 esprime disappunto per la disabitudine ad usare i logaritmi, sostituiti, a suo dire, dal computer. A parte il fatto che non è vero, semmai è la raccolta delle tavole dei logaritmi ad essere stata sostituita dal computer, cioè il modo di calcolo e non il logaritmo come strumento, non si accorge che la stragrande maggioranza dei suoi lettori, in questa italia ancora così fortemente crociana e gentiliana, non è in grado, per ignoranza, di comprendere “l’estetica logaritmica” invocata. E volendo prescindere anche da questa cruciale mancanza di valutazione, fa veramente un gioco offensivo (anche del selvaggio):

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Tra l’altro tutta la sua posizione è del tutto inutile: nemmeno lui stesso lascerà la calcolatrice per tornare al regolo! Molto più intelligente sarebbe invece domandarsi come trarre vantaggio dalla situazione che si è venuta a creare: maggiore velocità, maggiore precisione, maggiore economicità, etc. Forse minore consapevolezza, questo si. Allora sforziamoci di crearla, questa consapevolezza, tirare in basso certo non serve.

In memoria

Senza retorica dedico un pensiero ad Alessandra Siragusa. Da piú parti se ne sta scrivendo molto meglio di quanto io sia capace di fare e con molta maggiore cognizione di causa. Mi limito ad un pensiero affettuoso, a registrare come proprio questa – la manifestazione affettuosa- sia la cifra che ho letto nei volti delle persone incontrate durante la visita alla camera ardente. Da oggi a Palermo siamo tutti un po’ più soli.
Accendo virtualmente una fiammella celebrativa.