La testa ben fatta – Capitolo 3: La condizione umana

Capitolo denso e filosofico nel quale Morin “vola alto” e affronta alcuni dei temi più classici sull’uomo e sulla sua esistenza.
Anticipo subito la conclusione che trasferisce nell’ambito dell’insegnamento quanto poco prima detto in termini di riflessione più vasta e generale: << l’insegnamento può efficacemente tentare di far convergere le scienze naturali, le scienze umane, la cultura umanistica e la filosofia nello studio della condizione umana.>> La finalità da perseguire è quella di una presa di coscienza del destino di tutti gli essere umani, accomunati dalla necessità di confrontarsi con i medesimi problemi vitali e mortali.

Il capitolo è diviso in tre parti. La prima si intitola “L’apporto della cultura scientifica”; queste le afffermazioni fondamentali:
– siamo figli marginali del cosmo, maggiormente perduti in esso proprio a causa del nostro pensiero e della coscienza che ci permettono di studiarlo
– il nostro pianeta ha generato la vita, noi siamo un ramo di una ramo dell’evoluzione. Con la nascita partecipiamo all’avventura biologica; con la morte alla tragedia cosmica.
– portiamo al nostro interno il mondo fisico, il mondo chimico e quello vivente, e nello stesso tempo ne siamo separati dal nostro stesso pensiero, dalla nostra cultura (qui mi viene da pensare al destino di Ulisse, cui la consapevolezza e la conoscenza raggiunte grazie all’esperienza con la maga Circe lo rendono irrimediabilemente distante dai suoi compagni). Ecologia, cosmologia e scienze della terra permettono di situare questa doppia condizione umana, naturale e metanaturale e riescono ad operare nel verso di situare l’umano nell’universo.
– l’essere umano, nello stesso tempo naturale e sovranaturale, ha la sua origine nella natura vivente e fisica, ma ne emerge e se ne distingue attraverso la cultura, il pensiero e la coscienza. L’umanità non si riduce affatto all’animalità; ma senza animalità non c’è umanità
– nella sua complessità l’essere umano ci appare contemporaneamente otalmente biologico e totalmente culturale. Ciò che è più biologico – il sesso, la nascita, la morte – è anche ciò che è maggiormente imbevuto di cultura.Le nostre attività più culturali – parlare, cantare, danzare, amare, meditare – mettono in moto i nostri corpi e i nostri organi.
– in quanto uomini portiamo in seno alla nostra singolarità anche tutta l’umanità, tutta la vita, tutto il cosmo con il suo mistero. Minuscola parte del tutto che racchiude in sè la presenza del tutto (Morin fa l’analogia con l’ologramma, forse sarebbe più calzante quella con un frattale).

Queste invece le affermazioni della seconda parte: “L’apporto delle scienze umane”:
– paradossalmente, in quanto frazionate e compartimentate, sono proprio le scienze umane ad apportare il contributo più debole, alla studio della condizione umana;
– il contributo della storia alla conoscenza della condizione umana deve essere quello di introdurre il caso e le perturbazioni. La storia non obbedisce a processi deterministici e non è sottomessa ad una logica tecnico-economica ineluttabile. Nè è guidata verso un progresso necessario.
– nessun progresso è aquisito per sempre
– Non ci sono LEGGI della storia.

La terza parte tratta “L’apporto della cultura umanistica” ritenuto “capitale” allo studio della condizione umana. In primo luogo vi è lo studio del linguaggio perchè introduce alla caratteristica più originale della condizione umana.
Morin osserva poi come siano il romanzo e il cinema a farci vedere la relazione dell’essere umano con gli altri, con la società con il mondo.<< Il miracolo di un grande romanzo, come di un grande film, è che immergendosi nella singolarità dei destini, localizzati nel tempo e nello spazio, rivela l’universalità della condizione umana.>>
La poesia ci fa comunicare con il mistero che è al di là del dicibile. Le arti ci schiudono la dimensione estetica dell’esistenza.<< La filosofia, se si riavvicina alla sua vocazione riflessiva su tutti gli aspetti del sapere e della conoscenza, potrebbe, dovrebbe, far convergere la pluralità dei loro punti di vista sulla condizione umana>>.

Autore: Carlo Columba

Nato (1956), cresciuto e vissuto a Palermo ma certamente non "palermitano doc", piuttosto mi sento pronto per un trasferimento in svizzera… Insegno elettronica negli istituti tecnici industriali ma provengo da esperienze di progettazione e produzione nel campo della multimedialità sequenziale e interattiva. Amante della natura e del silenzio da sempre coltivo la fotografia come personale e indispensabile autoterapia.