Roma, Parco della Musica, che ci fa una rockstar nell’auditorium di Renzo Piano? Beh, Patti Smith non è una rockstar. È molto, ma molto, di più. Quattro persone in tutto: alla chitarra uno dei figli (bravo accidenti a lui!), un batterista opportunamente soft (i 2,2 secondi di riverbero di una sala dedicata alle orchestre non è certo l’ideale per delle percussioni) e un quarto che spaziava dal basso elettrico e alla voce e alle tastiere e al pianoforte. E poi lei, dotata di una forza pari solo alla sua grazia. Non c’è nulla di spigoloso nel suo attraversare i tempi, la storia e i generi, nessuna discontinuità, nessuna disomogeneità: tutto ciò che propone “è lei”, senza alcun dubbio. Nessuna sbavatura. Come fa, c’è da domandarsi e a questo punto appare chiara e opportuna la scelta di una scena per un classico quartetto, una scena senza alcun artificio, senza luci colorate ed effetti speciali. Quattro persone bastano a creare un canto e un incanto.