Stamattina sfoglio il Venerdì della Repubblica di ieri (17 settembre) e vengo colpito subito dal fatto che dei quattro editoriali (rispettivamente di Bocca, Maltese, Ottone, Ceccarelli) ben tre sembrano essere ispirati ad un acuto e irrimediabile pessimismo. La sensazione è che le cose (l’informazione giornalistica, l’opportunismo dei servilisti . . .), in Italia, vanno male; che c’è – ci sarebbe – un urgente bisogno di cambiamento; ma, allo stesso tempo, che i cambiamenti non possono avvenire, se non, eventualmente, in tempi assai lunghi, nei tempi della storia. Il quarto editoriale è centrato sulla fotografia di Kerouac che riguarda il rotolo manoscritto di “On the road”: una boccata d’aria!
Non so se il fenomeno osservato è causato da un ormai generale pessimismo della ragione che non riesce più a scovare alcuna volontà sulla quale sperare in un minimo di ottimismo. Mi viene da pensare che in tempi come questi si (ri)scopre uno dei fondamentali pregi dell’opera artistica: il saper comunicare, magari anche non intenzionalmente, al di là dei livelli e dei condizionamenti culturali. Forse un piccolo antidoto contro il pessimismo?