Tecnologie Digitali . . . (4) – Produzione di contenuti

Produzione contenuti

Quello della produzione dei contenuti è un tema sicuramente centrale nelle attività scolastiche. Anche chi, tra i docenti, si volesse ancora ostinare a lasciare i compiti “da pag. xx a pag. yy” del libro di testo, si troverebbe comunque a dover avere a che fare con materiali prodotti dai ragazzi in una delle tante possibili forme digitali. Ma la maggior parte di noi docenti si trova più o meno piacevolmente impegnato nella preparazione di materiali didattici da distribuire ai ragazzi o sotto forma di integrazione del testo o perché si stanno adottando metodologie innovative quali la flipped classroom o perché si vuole aiutare qualche alunno che trova il testo in adozione troppo difficile da seguire.

Le divisioni e le classificazioni operate nel costruire questa mappa devono considerarsi indicative ed esemplificative: a destra troviamo strumenti il cui utilizzo è opportuno per la produzione di materiali strutturati ed estesi sotto forma di pubblicazioni in formato elettronico o di unità didattiche, quindi strumenti essenzialmente rivolti ai docenti. Nella parte a destra troviamo strumenti idonei alla realizzazione di contributi anche granulari e quindi idonei sia per gli studenti, ad esempio per la creazione di elaborati da consegnare, sia per i docenti. Qui nel seguito cercherò di evidenziare le caratteristiche peculiari di ognuno di essi.

In alto a destra troviamo tre strumenti per la realizzazione di libri elettronici in formato epub ovvero nel formato ideale per pubblicazioni da fruire tramite e-reader, tablet e cellulari. Si tratta di un formato “aperto” e quindi particolarmente indicato per rilasciare materiali sotto forma di “Open Educational Resources” (OER). Nell’ordine dall’alto in basso le prime due: Calibre e Sigil sono applicazioni gratuite e liberamente scaricabili e installabili sul proprio computer. L’utilizzo preminente per Calibre è quello della conversione di documenti originariamente in diversi formati verso il formato ePub, mentre con Sigil si ha la possibilità di produrre ex-novo il documento e di entrare molto profondamente nei meandri della struttura informatica dello standard. Personalmente prediligo, e consiglio fortemente, l’utilizzo del terzo strumento, ePubEditor: si tratta di un ambiente on line estremamente intuitivo da utilizzare e molto, davvero molto “potente”. Nella versione base (basta una semplice registrazione sul sito) mette a disposizione gratuitamente una quantità di strumenti e possibilità che difficilmente riusciremo ad utilizzare al completo. I vantaggi consistono nel non richiedere nessuna particolare formazione all’utilizzo dello standard e nessuna conoscenza aggiuntiva oltre al classico utilizzo di word e l’utilizzo delle classiche “textarea” per la generazione degli articoli su un blog.  In più ePubEditor è fatto per registrare contributi in formato epub3, cosa che consente l’inserimento immediato di elementi multimediali quali audio e video e la generazione di quiz interattivi a valutazione automatica. Nel mio piccolo ne ho ricavato una dispenza per la soluzione delle reti elettriche liberamente scaricabile. Grazie alla presenza dei quiz mi è molto utile per il recupero in itinere e per fornire ai miei studenti un materiale stringato e perfettamente centrato sugli obiettivi del nostro corso.

A seguire in senso orario sulla mappa ho indicato una soluzione idonea all’utilizzo dei tablet direttamente in classe mentre si svolge la lezione: si tratta di Explain Everything, una app disponibile sia in ambiente iOS (iPad) che Android (quasi tutto il resto del mondo). La app è a pagamento, costa, ad oggi, circa 6 euro ma ne vale assolutamente la pena. Giusto per avere una idea, la sua caratteristica è di funzionare come un generatore di presentazioni capace di registrare in tempo reale sia audio che video. Collegando il tablet al proiettore dell’aula è possibile fare lezione e contemporaneamente registrarla in modo da poterla in secondo tempo riutilizzare, modificare, mette a disposizione come materiale didattico. Consente di scrivere a mano col pennino, inserire testi formattati, inserire immagini, creare animazioni, etc etc. Per toccare con mano le sue diverse possibilità sul sito sono disponibili una serie di presentazioni liberamente fruibili e scaricabili. Un esempio di materiale realizzato dal sottoscritto è reperibile qui: Serie di resistori ove si vede il video ricavato dalla app. In questo altro esempio (Calcolo tensione su un condensatore) il materiale prodotto è stato salvato in pdf.

Nella parte sinistra della mappa troviamo strumenti per la creazione di contenuti nelle forme più diverse e per lo più fruibili direttamente tramite web. Continuando l’esplorazione in senso orario troviamo indicati un software per la creazione di screencast ovvero Screencast-O-Matic.Uno screencast è un video che viene ricavato direttamente dallo schermo del pc o del tablet: ad esempio la dimostrazione di utilizzo di un software o la registrazione di una lezione dal vivo sulla lavagna interattiva. La registrazione comprende il video mostrato a monitor, una finestra aggiuntiva con immagine prelevata dalla webcam tipicamente il docente che parla, l’audio catturato dal microfono del pc o del tablet. Screencast-O-Matic lancia una sessione di registrazione direttamente dal sito web, e consente di ottenere il software di produzione anche in modalità residente, facendolo installare sul pc. Videolicious è dedicata ai tablet ed è a tutti gli effetti una app da installare per la produzione di veri e propri video e comprende in sé sia gli strumenti per la ripresa che gli strumenti per il montaggio del video e il suo rilascio finale. Strumenti di questo genere ne esistono parecchi, i due sopracitati sono stati scelti per la certa immediata funzionalità.

Continuando ad esplorare la mappa troviamo il logo del più affermato strumento per la produzione di “wiki“, ovvero “mediawiki“, il motore sottostante la più famosa “wikipedia”. il suo uso però non è dei più semplici: va installato su un server web per la realizzazione di un nuovo sito con funzionalità “wiki”. Ai fini scolastici è più funzionale rivolgersi a soluzioni che ci forniscono già un wiki preinstallato e immediatamente usabile ad esempio wikispaces che fornisce gratuitamente un ambiente già configurato per una classe, basta una semplice registrazione s subito si ha a disposizione un sito web di tipo “wiki”. Per capire le potenzialità del suo utilizzo in classe bisogna aver presente che si tratta di un ambiente web, un sito web quindi, le cui parti possono essere scritte ed editate tutte le volte che si vuole da qualsiasi componente della classe. Si pensi ad esempio ad una documentazione di progetto oppure ad una relazione o una ricerca su di un dato argomento. Il docente potrebbe generare sul wiki una pagina indice; gli studenti, a partire da quell’indice , generano altrettante pagine inserendovi testo, immagini e quant’altro sia utile alla trattazione. Quello che vien fuori è un documento editato cooperativamente e collaborativamente dall’intera classe. Il sistema ha particolare valore formativo perché in ogni momento è possibile risalire al’autore di ogni contributo inserito. Inoltre è sempre presente il sistema di “versioning” (controllo di versione in italiano) che consente il ripristino di una pagina alla versione corrispondente ad una certa data. In tal modo anche se qualche studente inserisce dei contributi non corretti o esegue delle manovre improvvide cancellando accidentalmente una parte del testo, con un solo click la pagina è ripristinabile alla versione desiderata. Lavorando con i ragazzi non è cosa da poco!

Continuando in senso antiorario incontriamo sulla mappa il logo di wordpress, uno dei generatori di blog più diffusi. Su wordpress.com è possibile ottenere un proprio blog personale gratuitamente e in pochissimi minuti. Su cosa sia un blog e sulla sua immediatezza di utilizzo non mi dilungo, eventualmente consiglierei di leggere qualcosa del genere e direttamente di provare a farne uno. Il suo utilizzo, essendo per lo più uno strumento personale, lo riserverei agli alunni della secondaria oppure ai docenti ma, chiaramente, con scopi e obiettivi differenti. A cosa serve un blog? A fare portfolio, a fare diario, a tenere conto e traccia di citazioni e contributi differenti, a fornire una presenza e una visibilità sulla rete. Tenere un blog significa pubblicare più o meno periodicamente dei contenuti con un incredibile ricaduta sulle abilità di ricerca e di scrittura e un notevolissimo incremento di pensiero critico.

Non rimane che da parlare di Google “Drive”, già “documents” che più che come semplice strumento o ambiente si propone come vera e propria galassia onnicomprensiva. E infatti alcuni aspetti non sono così di immediato utilizzo come potrebbe sembrare, ma vale la pena imparare ad utilizzarlo, assolutamente. Per accedere a “Drive” è necessario possedere un account google, tutto si basa e ha inizio da qui: fare un indirizzo di posta elettronica su gmail. Una volta fatto questo si ha immediato e gratuito accesso a tutti gli ambienti e strumenti messi a disposizione da “Drive” a partire da una suite di software di tipo “office” (compatibile microsoft) assai completa e funzionale.

googledriveRiporto qui sopra il menu che si apre una volta fatto accesso a drive e click su “nuovo”: come si vede si può creare una nuova cartella, caricare dei file, caricare intere cartelle di file; sono, queste, funzionalità da disco rigido, da sistema operativo. I successivi menu consentono di creare dei documenti di testo anche con formattazione complessa, dei fogli elettronici tipo excel, delle presentazioni con le slide. Qualsiasi documento prodotto è automaticamente conservato sulla spazio che drive mette a disposizione dell’utente ed eventualmente esportato e scaricato in diversi formati: pdf, doc, ppt, etc. Qualsiasi documento e/o cartella è condivisibile con altri utenti ai quali si può dare facoltà di modifica ed ulteriore condivisione. Si tratta quindi di un ambiente con spiccate caratteristiche collaborative. Gli ulteriori menu consentono di creare “moduli” da mettere on line e far completare agli utenti per l’effettuazione di sondaggi, la raccolta dati o altro. Non manca un ambiente di disegno e un’altro per la creazione, congiuntamente con “Maps”, di mappe personalizzate. Si tratta quindi di uno strumento prezioso: evita l’acquisto e l’installazione di software a pagamento, consente la collaborazione a più mani sullo stesso documento, consente la condivisione online immediata con tanto di link da potere incollare sui blog e sui social, consente di avere a disposizione strumenti del tutto nuovi e innovativi rispetto ai sistemi tradizionali (si pensi alle mappe editabili e ai sondaggi on line con statistiche automatiche e immediate). Le possibilità messe a disposizione da Google non si esauriscono qui comprendendo anche la possibilità di realizzare siti web, di pubblicare su youtube, di fare videochiamate, etc. etc. ma queste sono funzioni di comunicazione e interazione piuttosto che di produzione di contenuti e quindi vanno trattate in altra mappa.

Riflessione scolastica

Periodo difficile questo che precede la chiusura dell’anno scolastico: difficile perché è tempo, in tutti i sensi, di valutazioni finali, è il tempo nel quale si capisce cosa si è riuscito, o meno, insegnare ai propri alunni. Attacco subito con un mea culpa: ebbene si, credo mai come quest’anno, la percentuale di insuccesso formativo,  i n s u c c e s s o, sì, sia vicina al 100%. In altre parole: non sono riuscito ad insegnare niente a nessuno! O quasi. Non c’è da stare sereni, proprio per niente. Ovvio interrogarsi sulle cause: ebbene, credo proprio di avere sbagliato tutto! Lasciatemi dire come. Quest’anno, per la prima volta da quando insegno elettronica, non ho avuto quinte. E già, con l’ultima riforma nell’indirizzo “Informatica” dei tecnici, elettronica si ferma al quarto anno. Magnifico, dico io ai ragazzi, vuol dire che finalmente saremo liberi di fare qualcosa di veramente significativo perché non avremo da prepararci alle classiche domande di esame! Di conseguenza centro tutta la mia attività su un qualcosa che a scuola è rivoluzionario, metto in mano ai ragazzi “Arduino”, ovvero metto nelle loro mani il cuore pulsante dell’intero movimento dei makers a livello mondiale! Chissà cosa verrà fuori, pensavo. E infatti non è venuto fuori praticamente niente. Dopo qualche iniziale settimana, esaurito l’effetto novità, le dinamiche sono state quelle purtroppo ormai usuali: resistenza passiva, disinteresse, incuria, sciatteria. Il risultato è quello che ho già detto. La considerazione è che, evidentemente, ho sbagliato ancora una volta a prevedere la reazione dei ragazzi; ho pensato a quello che sarebbe successo a me, alla curiosità che la proposta avrebbe generato, all’interesse e alla motivazione conseguente.

Ma credo che su questo tema della demotivazione altri, molto più quotati di me, hanno già speso le loro riflessioni. Mi dirigo quindi ad una seconda riflessione sul tema, ma anche questa volta devo brevemente raccontare da cosa scaturisca. Ebbene, tempo di interrogazioni finali, incastro me e loro, loro, ovvero i ragazzi delle varie classi, intendo, con uno stringente calendario di interrogazioni programmate. Per ogni classe i vari nomi giorno per giorno, gli argomenti sui quali avrei centrato la verifica, gli eventuali materiali ad integrazione degli appunti e del libro di testo. Tutto ben comunicato e organizzato su “Edmodo”, piattaforma che usiamo un po’ tutti per comunicare con i ragazzi al di là della presenza in classe. Risultato: quasi tutti si fanno trovare impreparati! E qua il discorso si fa assai impegnativo: che vuol dire “impreparati”? Ci sono quelli che, nonostante fossero perfettamente a conoscenza della scadenza, hanno ritenuto che non fosse il caso di preparare il colloquio. E infatti te lo dicono subito: “no professore, sono impreparato . . .” Vabbé si fa presto a mettere un due e andare avanti. Poi ci sono quelli che accettano il colloquio esaurendolo dopo le prime tre parole (non scherzo) dell’argomento ” a piacere”. Vabbé, hanno fatto lo sforzo di alzarsi dal posto, si beccano un tre e avanti un altro. Loro vanno via non contenti ma nemmeno dispiaciuti. Il prof sottoscritto rimane assai pensoso e si fa domande del genere: “era o non era consapevole di non sapere nulla?”; “come mai la scelta di un argomento del quale non si riesce a parlare?”; “quale il livello di consapevolezza circa i propri saperi?”. Ma le categorie di impreparazione non sono ancora finite: ci sono quelli che vengono a ripetere a memoria un testo che somiglia ad un temino delle elementari (giuro, non ho nulla contro le elementari, anzi il contrario) ma che non hanno alcuna capacità di ragionare su uno schema, un diagramma, delle caratteristiche tecniche, delle espressioni matematiche. Li classifichiamo come “immaturi”, prendono un bel quattro e vanno al posto un po’ perplessi: “ho parlato e ho ripetuto”, pensano loro . . . come mai il quattro? E sempre il sottoscritto docente rimane lì a farsi, tra sé e sé, ulteriori domande: ” ma dove l’hanno presa questa cosa del temino da bravo bambino quando nemmeno una volta in classe abbiamo fatto qualcosa del genere? Perché, attenti come sono a “cosa vuole sapere il professore”, adottano poi uno schema comportamentale (non oso chiamarlo cognitivo) evidentemente derivato da altre discipline e da altri, precedenti, anni scolastici? A queste domande qualche risposta riesco a balbettarla: evidentemente hanno acquisito, nei vari anni scolastici, la convinzione che a loro sia richiesto di ripetere a memoria e senza senso un qualche testo che gli è stato proposto. La memoria riescono ad usarla, almeno quelli che un po’ di sforzo sono disposti a metterci, e così la utilizzano al posto della sistematizzazione, della modellazione, del pensiero critico, della capacità di applicare le conoscenze alla soluzione di problemi. “Fa proprio schifo la scuola, pensa sempre lo stesso sottoscritto prof, se è riuscita a fare tutto questo danno!” Ma ancora non abbiamo finito con le categorie di impreparazione, arriviamo a quella che proprio stamattina mi ha provocato una violenta reazione di indignazione, sì, proprio così, indignazione. Stiamo parlando della categoria di studenti che magari sembrano anche bravini, ti illudi, quando li guardi seduti ai loro posti: prendono appunti, in qualche modo seguono ( almeno ti fanno capire questo), sembrano ragionevoli e ordinati. In qualche modo il povero prof  si ritrova a nutrire una qualche aspettativa nei loro confronti, almeno loro una bella interrogazione me la faranno sperimentare! Atrocemente sbagliato . . . quello che è successo stamattina mi ha fatto pensare ad un novello medioevo, alla superstizione, alla mancanza totale di raziocinio. Un ragazzo cui avevo chiesto di calcolare la corrente in un semplice circuito comincia a scrivere delle cose alla lavagna: ebbene mi accorgo che al posto di seguire i passaggi logici e matematici del caso sta arrancando ancora una volta facendo ricorso alla memoria. Il risultato è che la stessa grandezza elettrica scritta in due righe successive cambia forma e sostanza! Richiesto del perché e invitato a fare l’evidente correzione il ragazzo non riesce a fornire alcuna spiegazione e a modificare di una virgola il suo operato.. Questo episodio, ripetuto tante volte, e tanti altri che qui non racconto sennò esaurisco il blog, mi fanno chiaramente capire quanto grande e grave sia lo scollamento tra il segno e il suo significato. Ciò accade per i simboli, per le lettere, per le espressioni matematiche e non. Non è solo questione di “formule” matematiche: lo stesso avviene con un testo verbale o multimediale che sia, lo stesso avviene con un grafico e una schematizzazione. Ciò che viene scritto e riportato dai ragazzi per i medesimi non ha alcun significato, si tratta di un qualcosa che viene portato fuori in qualche modo che esclude certamente il ragionamento, la consequenzialità, lo sviluppo di un pensiero, il seguire un processo.  Il risultato è che vengono fuori delle cose senza senso e che nessuno in classe sia in condizioni di accorgersi che sono senza senso! Il paradigma “soggetto-predicato-complemento” è del tutto disatteso: al posto di frasi, anche molto semplici, vengo fuori solo singole parole chiave. La distinzione di causa ed effetto è totalmente assente, del fenomeno osservato, del sistema studiato non si distingue il sopra dal sotto, l’ingresso dall’uscita. Devo dire che questa cosa mi ha molto spaventato, mi sembra segno e sintomo di una rinuncia a pensare, a capire, a imparare. Mi sembra che lo spirito dei “lumi”, della razionalità, che pure riteniamo fondante di tutto il nostro pensiero contemporaneo e della maggior parte delle nostre competenze sia andato totalmente perduto. Ammetto di essere impreparato io, questa volta, ad affrontare questa emergenza. E come si fa? Tutto l’anno non ho fatto altro che mostrare loro esempi di ragionamento, allenandoli a “tradurre” una espressione matematica in italiano o a tradurre una affermazione in espressione matematica. Tutto l’anno ho proposto loro schemi, diagrammi e modelli mostrando come già la semplice loro “lettura” sia fondamentale atto conoscitivo. Devo ammetterlo: mi sembrano pazzi (attenzione, sto parlando di individui dai 16 ai venti anni, non di bambini) quando vedo indifferenza di fronte a tutta questa evidenza. Mi sembra che siano pronti a credere e ad agire in base a tutto quell’insieme di superstizioni e di credenze di cui nei recenti passati secoli ci siamo, a fatica, liberati. Se lo stesso gatto ( o corrente elettrica nel caso dell’alunno di cui sopra) in un rigo è bianco e nel successivo è nero significa che il pensiero è stato abolito. Cosa è successo a queste generazioni? E’ effetto del mercato? E’ effetto del ventennio berlusconiano nella cultura del quale sono cresciuti? E’ effetto della disponibilità immediata in rete di così tante informazioni che non sanno che farsene? E che possiamo fare, come docenti, per correggere la rotta?