Leggo, stamattina, Quando gli studenti ci danno una lezione di Marco Lodoli su “La Repubblica” e subito ne rimango colpito per l’efficacia e per la capacità di tratteggiare, con mano ferma e sicura, l’ennesimo particolare dell’affresco raffigurante la scuola (italiana, ma forse non solo).
Uno studente esprime davanti alla classe il suo pensiero che può essere riassunto così: vi siete mai chiesti, voi professori, perchè tutto quello che ci dite sui consumi, il futuro, la nostra esistenza, rimanga del tutto inascoltato? Perchè voi siete degli illusi che vivete fuori dal mondo! Gli “adulti che contano”, quelli che possono spendere, cioè, non certo voi, non fanno altro che alimentare questa macchina del desiderio sulla quale è centrata l’intera vita economica dell’Occidente. Meno male che la cultura non ha più importanza: perchè se la gente si mettesse a fare come dite voi, l’intera economia andrebbe a rotoli! E questo certamente nessuno può permetterselo. ( Il testo completo qui.)
Sono riuscito perfino a leggerlo ai miei studenti di una quinta, ragazzi dai 18 ai 20 anni, curioso di osservare le loro reazioni e i loro commenti. La cosa positiva è che sono rimasti ad ascoltarmi: le parole del loro compagno, benchè a distanza e mediate dalla stampa, “arrivavano” a destinazione. Lo sconsolamento arriva subito dopo con frasi del tipo: << è tutto vero professore, meglio non pensarci . . . godiamoci la giornata!>>
Sono adesso in fase di riflessione personale, riflessione che abbraccia diversi ambiti. Intanto quello professionale: ma che ci sto a fare, io, se veramente la situazione è quella qui descritta? Voglio praticamente fare una rivoluzione, o forse sto combattendo i mulini a vento . . . Poi quello da genitore di un ragazzino di scuola media, doppiamente a rischio in quanto entrambi i genitori, insegnanti, vivono “fuori dal mondo”! Cosa sto proponendo a mio figlio? Qualcosa di “alieno” rispetto alla cultura dei suoi coetanei? Rispetto alla cultura della società nella quale comincia solo adesso a manifestarsi? Altro che comuni “New Age” . . . la nostra normalità di docenti è diventata utopia!
Certo che la situazione è quella descritta! Possiamo a malapena sperare di cambiare noi stessi, già cambiare il partner è cosa pressoché impossibile. Ai figli si possono trasmettere dei valori essenziali e consegnare degli strumenti intellettuali per interpretare la realtà mutevole. Agli studenti si può dare meno ancora, alcuni elementi di riflessione che potranno anche cadere nel vuoto, ma non è detto che ciò accada. Le speranze di un cambiamento sociale sono scarse, e se cambiamento ci sarà non sarà certo determinato dai nostri sforzi. Lo scopo dell’educazione allora quale sarebbe? Quello di consentire a un numero relativamente ristretto di persone, ci sono sempre state e ci saranno sempre, di accedere ad una conoscenza più raffinata di quella ordinaria, di aprire delle porte di percezione. Senza dimenticare l’educazione alla sopravvivenza …