Non mi convince

Critica all’intervento di Harari “Il nostro futuro”

Questo è il primo post dopo tanto, troppo tempo di abbandono di questo blog, ritrovatosi perfino offline per alcuni mesi. Tuttora è mancante di alcune sue parti. Adesso “è tornato” 😉

L’occasione per questo post l’ha fornita la sollecitazione di un amico riguardo l’intervento di Yuval Noah Harari nell’inserto “Robinson” di Repubblica del 13 Gennaio. L’avevo letto già e l’avevo classificato tra le cose mal fatte e poco interessanti (col mio amico ho usato un linguaggio più colorito..) ma, giusto per non essere rigido e presuntuoso , sono andato stasera a rileggerlo: il giudizio rimane confermato ma almeno adesso posso esprimere una critica un poco più puntuale.

Iniziamo dall’inizio

Il primo rigo si apre su “democrazia liberale”. Al quinto e successivi, senza cambiare argomento, il soggetto diventa “il liberalismo”. Ora, siccome io sono ignorante caprone non mi fido della sensazione che qualcosa non mi quadra e quindi vado a cercare il significato. Per democrazia liberale su wikipedia (ma anche altrove) leggo:

La democrazia liberale, o liberaldemocrazia, è una forma di Stato che si fonda sul principio della separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.

Dunque stiamo parlando di una forma di stato: bene. Vado quindi a cercare “liberalismo” e Treccani mi restituisce

Movimento di pensiero e di azione politica che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione di pubblico e di privato.

Movimento di pensiero? Alt, un momento, stiamo parlando di cose diverse o della stessa cosa? E qua si insinua, ovviamente, il dubbio che le parole e le argomentazioni siano usate un po’ alla leggera. E quando questa imprecisione viene da uno scrittore e influencer di fama internazionale mi viene il dubbio che possa nascondere qualche magagna e precisamente che l’argomentazione sia usata in modo malamente strumentale. Ma andiamo avanti:

A parte la spiegazione sul liberalismo che mi pare del tutto fuori registro, qui si comincia a parlare del libero arbitrio e su questo concetto e sul successivo che introdurremo tra poco si snocciola una sorta di ping-pong che dovrebbe dimostrare la tesi dell’autore. Mi sono preso la briga di contare, anzi di far contare a word quante volte ricorre “libero arbitrio”: sono 11 ricorrenze in un testo di appena sei paginette. Tanta fatica per dimostrare l’inadeguatezza del concetto relativamente alla capacità umana di fare delle scelte consapevoli… A mio parere non valeva la pena, si tratta di qualcosa di molto noto, il campo è di tipo sociologico e psicologico e credo si possano trovare diversi trattati in merito. E’ da notare inoltre come incongruenza significativa che l’autore usi un concetto filosofico e una argomentazione filosofica quando poi, più avanti nel testo, si lascia andare alla seguente affermazione: i filosofi sono persone molto pazienti — in grado di dibattere senza costrutto su qualunque cosa per tremila anniSenza costrutto… bah un po’ troppo sbrigativo, anche non rispettoso direi.

L’altro concetto, l’altra parola che ricorre come un tormentone è hackerare il sistema operativo umano che ricorre con poche varianti per ben 16 volte. Si tratta del concetto basilare del testo e l’autore vorrebbe dimostrare che come esseri umani siamo hackerabili grazie ai dati che lasciamo in rete e che lo diventeremo ancora di più grazie ai sensori biometrici:

Al momento gli hacker si affidano all’analisi di segnali esterni: i prodotti che comprate, i posti che visitate, le parole che cercate online. Ma nel giro di pochi anni i sensori biometrici potrebbero fornire agli hacker un accesso diretto alla vostra realtà interiore, nonché osservare quel che accade nel vostro cuore; non il cuore metaforico tanto amato dalle fantasie liberali, bensì il muscolo- pompa che regola la vostra pressione sanguigna e gran parte della vostra attività cerebrale. A quel punto gli hacker potrebbero correlare il vostro ritmo cardiaco con i dati della vostra carta di credito, e la vostra pressione sanguigna con la vostra cronologia delle ricerche. Che cos’avrebbero fatto, il Kgb e l’Inquisizione, potendo disporre di braccialetti biometrici che sorvegliano costantemente singoli stati d’animo e preferenze? Per nostra sfortuna, è assai probabile che lo scopriremo presto.

Fantastico! Qua entriamo pienamente in un fantasy distopico da serie televisiva! Qua, ancora una volta, si usa la paura e la suggestione al posto della dimostrazione e della argomentazione. Non mi pare corretto.

Bah… potrei andare avanti ancora per molto nel fare le pulci a questo testo che mi sembra non degno di apparire come esempio di dibattito su questi temi che pure sono reali e interessanti. Il mio consiglio è quello di andare a leggere l’intervento di Baricco di qualche giorno fa “E ora le élite si mettano in gioco” e il grappolo di interventi successivi che ne sono scaturiti: ben altro respiro!

Tornando ad Harari possiamo dire che la conclusione è ragionevole e condivisibile

È giusto salvaguardare la democrazia liberale, non solo perché si è dimostrata la migliore forma di governo rispetto a qualunque alternativa, ma anche perché pone il minor numero di limitazioni al dibattito sul futuro dell’umanità. Al tempo stesso, però, è necessario mettere in discussione tutti i presupposti tradizionali del liberalismo e inventarsi un progetto politico nuovo, che sia più in sintonia con le realtà scientifiche e la potenza tecnologica del Ventunesimo secolo.

Ci si poteva arrivare più onestamente!

Parlamentare ultràs? Non è divertente.

Mi è molto dispiaciuto sentire stamattina alcune affermazioni di Antonio Polito su “Prima Pagina” di Radio3. Mettendo giustamente l’accento sulla prima volta di un parlamentare proveniente dalle tifoserie e tracciandone brevemente alcune significative note biografiche per lo più improntate ad una certa pierineria, Polito conclude che si tratta di un parlamentare da seguire perchè chissà quante ne combinerà, intendendo con questo riferirsi ad iniziative e interventi irrituali e kitch. Polito utilizza una certa ironia e un certo sarcasmo che, a mio parere, non lo salvano da un giudizio di inopportunità della affermazione. Avrei capito se si trattasse di un cabarettista ma di un parlamentare si parla in modo diverso e da un parlamentare, qualsiasi sia la sua provenienza, ci si deve aspettare un comportamento corretto e sempre improntato allo spirito critico, al servizio della comunità, alla collaborazione.

Quanto detto fa parte di una serie di riflessioni che mi trovo spesso a fare sul ruolo della stampa e dell’informazione tutta e sul peso che certe modalità giornalistiche hanno sulla formazione dell’opinione pubblica e sulla cultura di un intero paese. Le modalità con le quali Polito si è espresso, infatti, rischiano inevitabilmente di legittimare atteggiamenti e comportamenti che saranno certamente di danno allo svolgimento delle attività parlamentari. Al più saranno buone per consentire la realizzazione di qualche servizio “di colore” il cui effetto sarà probabilmente ulteriormente diseducativo.

Certamente non può sfuggire ad un giornalista della levatura di Polito che il sarcasmo e l’ironia richiedono capacità di interpretazione che appartengono a determinate culture e non ad altre: certamente gli ormai numerosi lavoratori stranieri (non necessariamente extracomunitari) non riescono ad apprezzare, se non quei pochissimi che ormai parlano l’italiano come lingua madre,  le sfumature linguistiche adottate a proposito delle attese boutade di uno arrivato in parlamento grazie alla popolarità raggiunta con i comportamenti da curva sud. Ma anche tra quanti si sono formati nel ventennio berlusconiano troveremo molti privi degli strumenti culturali necessari e, purtroppo, pronti ad accogliere le annunciate intemperanze come qualcosa di divertente.

E’ questo che vogliamo?

 

 

Cambio pelle (e che sono… un serpente?)

Come dice Sam Shepard, l’avanzare dell’età ci dà la possibilità di fare quei cambiamenti che magari non siamo riusciti a compiere nel corso di tutta la precedente esistenza, di compiere qualche passo in una direzione diversa e nuova (vedi). Di essere un personaggio diverso, dice lui, da attore. Ma in qualche modo tutti quanti nella vita “recitiamo” , eventualmente a nostro personale uso e consumo. Capita a puntino perchè da qualche tempo ormai mi trovo a voler “cambiare pelle”: io sono sempre io, intendiamoci, ma da questo momento vorrei presentarmi in un modo diverso, un modo che sia meno stereotipato e più aderente a quella che (adesso) sento essere la mia intima natura. Basta, cambio pelle! Come? Voglio mettere in secondo piano alcune abitudini e interessi legati alle tecnologie informatiche, ai media, alle tecnologie didattiche, ai sistemi di rete e mettere invece in primo piano i miei interessi nel settore della fotografia artistica (passatemi la definizione anche se mi sta un po’ stretta). Voglio quindi farmi conoscere non più per quello che so fare e che so insegnare a fare ma piuttosto per quello che riesco ad esprimere in termini di bellezza ed emozione. In pratica: mettere in evidenza i miei lavori fotografici creando una certa continuità nei tempi di pubblicazione dei materiali; cercare contatti con altri fotografi e con curatori e galleristi; mettere in mostra alcune serie; creare, se possibile, degli “oggetti vendibili” (piccole pubblicazioni, stampe); partecipare a qualche concorso. Lo scopo? Bah…fondamentalmente: vivere! Facendo cose belle e interessanti.

Invito tutti a visitare il nuovo sito che ho creato a questo scopo e possibilmente a lasciare una valutazione dell’esperienza d’uso alla pagina: carlocolumbaphotography.cloud/il-tuo-parere-sul-sito/

Sin d’ora: grazie!

Si arriva a un punto…

… della vita nel quale diventa relativamente facile riconoscere nelle biografie altrui dei percorsi che avrebbero potuto essere i nostri. Non senza qualche rimpianto leggo un intervista con Tony Bynum, fotografo ambientalista basato nel Montana, apprendendo del suo lavoro fotografico così strettamente intrecciato con le campagne ambientaliste e l’amore per “l’outdoor” e la natura incontaminata. E notando come un periodo della mia vita sia stato piuttosto simile (ero ancora studente universitario o appena laureato). Avrei molto volentieri fatto il fotografo per “Airone” (prima maniera però, taglio esclusivamente naturalistico), per un periodo è stato il mio sogno ma, forse perché non mi sono dato mai i “permessi giusti”, forse perché mi sembrava un qualcosa al di fuori della mia portata, non l’ho mai inseguito questo sogno, ho dato la priorità a stare coi piedi per terra. Vabbè… ho vissuto lo stesso, non mi pento di niente…ma qualche pensierino in questi casi fa capolino.

Ringrazio Tiziano Bonini

per lo splendido articolo riportato su “Doppiozero” . Ha citato tra l’altro molte delle persone che entrano a pieno titolo nel mio Personal Learning Network e per giunta con riferimento ad un periodo storico molto caro. Ho conosciuto Ivan Illich a Palermo, portato proprio dal citato Franco La Cecla, in una notte monrealese a base di contradanza e tanta, proprio tanta, buona compagnia e convivialità. Io ho fatto le scuole superiori tra il 69 e il 74 ed appartengo quindi a quella generazione per la quale coltivare l’utopia è il solo possibile realismo. Riconosco oggi appartenere a questa tribù il molto più giovane Bonini del quale ho apprezzato moltissimo lo sforzo propositivo e lo sguardo sistemico. Credo però che le potenzialità del singolo individuo siano anch’esse molto grandi, ma certo quando diventano diffuse e di massa. Esistono cioè dei comportamenti che, come consumatori, potremmo adottare subito a costo zero e che sarebbero a dir poco rivoluzionari (ecco l’utopista…). Ad esempio: spegnere (tutti o quasi) la televisione (e ormai evidentemente anche i canali on demand ) ! Qui e ora…tac e di colpo le aziende impegnate nelle campagne pubblicitarie dovrebbero rivedere tutta la loro filosofia! Oppure…smettere di comprare pesce spada: improvvisamente avremmo una pesca molto più ecologica. E ancora: non comprare più acqua in bottiglia: tonnellate di plastica in meno…Insomma ci sono tante “piccole cose” che se fatte collettivamente cambierebbero di colpo il mondo. E senza bisogno di difficili competenze relative al design e alla produzione che, in quanto competenze di nicchia, difficilmente potrebbero essere utilizzate per un processo di cambiamento delle pratiche industriali. Rimango comunque assai contento di essermi imbattuto in questo testo e metto in coda di lettura una moltitudine di interessanti riferimenti.

Grazie!

Le parola terribili che si dicono ai bambini

Leggo con molto piacere il post Le parole terribili che si dicono ai bambini perchè dà voce a certe riflessioni che forse a molti capita di fare ma senza dare loro un esito, una conseguenza. Appartengo infatti ad una generazione alla quale, da bambini, non era infrequente sentirsi dire “ti scanno” o altre cosette del genere che oggi avremmo pudore ad utilizzare anche nei confronti di un animale. Normale. Era normale! Ma non per questo, come evidenziato dall’articolo, meno traumatico per il bambino cui era diretto. Mi è sembrata una riflessione importante sulla quale soffermarsi.

Non basta non essere mafioso

Bah…devo dire la verità, a me tutta questa retorica celebrativa crea un terribile fastidio. Non voglio e non posso dire – non ne sono capace- se sia giusto o sbagliato ricordare Falcone e Borsellino in questo modo spettacolarmente televisivo. Quello che voglio esprimere è una mia personale e insignificante posizione. Il mio solo stato d’animo. Ebbene, in tutti questi anni sono stato capace di partecipare a manifestazioni antimafia pochissime volte: non sopporto, in queste occasioni, l’idea di condividere, di stare accanto ad altre persone della mia città. Chi, come me, vive da 60 anni a Palermo sa benissimo che il confine tra comportamenti virtuosi e comportamenti deplorevoli nella propria vita e nel proprio lavoro è di una esilità così minuscola, di una fragilità così evidente che mi spinge ad un pudore tale da farmi sembrare esibizionismo anche l’esposizione del simbolico lenzuolo al balcone. Si può essere veramente “antimafia” a Palermo? La domanda non deve sembrare strana: chi lavora in questa città non può fare a meno di entrare in contatto più o meno diretto con personaggi discutibili o con flussi di denaro di non certissima provenienza. Questo è vero per un professionista autonomo (dall’ingegnere all’idraulico e al medico…) così come per il funzionario o il dirigente di un ente pubblico. Non basta non essere mafioso o fiancheggiatore dei mafiosi: siamo immersi in un flusso economico del quale non è parte trascurabile il sommerso derivante dalle attività illecite. La nostra società, le nostre frequentazioni sono “drogate” da questo fenomeno. Può un imprenditore trascurarlo? Può farlo un politico? Certamente no. Ma non dobbiamo pensare necessariamente a cose grosse e costose: sappiamo che il panino che compriamo contribuisce a pagare un pizzo? Abbiamo mai fatto ricorso ad una conoscenza per una pratica lenta o per prenotare un servizio? La risposta è “si”, l’abbiamo fatto tutti. E allora il rischio e il sospetto, durante una manifestazione antimafia, di trovarmi accanto ad una intollerabile ipocrisia mi fa desistere dal parteciparvi. Come si esprime allora il tuo essere e il tuo impegno antimafia, mi si potrà domandare. La mia risposta è: col senso etico del mio lavoro e col mio voto. Con la personale condotta di vita. Altre possibilità non ne ho. Questa è la mia personale quotidiana testimonianza.

The indispensable Patti

Roma, Parco della Musica, che ci fa una rockstar nell’auditorium di Renzo Piano? Beh, Patti Smith non è una rockstar. È molto, ma molto, di più. Quattro persone in tutto: alla chitarra uno dei figli (bravo accidenti a lui!), un batterista opportunamente soft (i 2,2 secondi di riverbero di una sala dedicata alle orchestre non è certo l’ideale per delle percussioni) e un quarto che spaziava dal basso elettrico e alla voce e alle tastiere e al pianoforte. E poi lei, dotata di una forza pari solo alla sua grazia. Non c’è nulla di spigoloso nel suo attraversare i tempi, la storia e i generi, nessuna discontinuità, nessuna disomogeneità: tutto ciò che propone “è lei”, senza alcun dubbio. Nessuna sbavatura. Come fa, c’è da domandarsi e a questo punto appare chiara e opportuna la scelta di una scena per un classico quartetto, una scena senza alcun artificio, senza luci colorate ed effetti speciali. Quattro persone bastano a creare un canto e un incanto.

Aggiornamenti alla voce “didattica”

Ho recentemente pubblicato i seguenti nuovi materiali:

Soluzione reti elettriche in corrente continua – un esercizio

Utilizzare gli strumenti di Google per la didattica

 

Disprezzo delle regole e delle persone – Repubblica Palermo

Apro stamattina l’edizione locale di Repubblica, il giornale che leggo abitualmente e al quale sono in qualche modo affezionato, e trovo che una mia foto di alcuni anni addietro è stata usata come corredo ad un articolo inserito nelle pagine culturali.rep piratata

 

La foto è senz’altro mia ed è recuperabile su Flickr all’indirizzo: https://flic.kr/p/3rgPv5

Come quasi tutte le mie foto su Flickr ( in genere faccio eccezione per foto con persone riconoscibili) è rilasciata in licenza Creative Commons del tipo “Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo stesso modo”, una licenza cioè che ne consente il riutilizzo per scopi non commerciali purché venga citata la fonte e il prodotto derivato sia rilasciato con medesima licenza.

Ora, ragioniamo a mente serena e domandiamoci: perché mai un giornale nazionale, uno dei più importanti, con una tiratura invidiabile e una struttura produttiva nella quale convergono molteplici prodotti a stampa e uno dei più grossi siti web dedicati all’informazione, perché un tale colosso si ritrova a rubacchiare una foto certamente non particolare, un soggetto sicuramente ri-fotografabile, una foto, insomma, di modesto valore complessivo? E poi: passi il fatto che l’utilizzo è commerciale, passi il fatto che il giornale non è rilasciato con la medesima licenza (e sono già due violazioni dei miei diritti di autore), perché, Repubblica Palermo , perché non riporti nemmeno in forma piccola e illeggibile il mio nome e l’indirizzo di provenienza della foto? Questa non è solamente la terza violazione dei diritti, questo è disprezzo delle regole operato da un giornale che tante volte si è schierato per la difesa della legalità! Disprezzo della norma, disprezzo delle persone. Perché?