Queste considerazioni prendono spunto dal post La rete tradita di Mario Rotta che, ancora una volta lucidamente e brillantemente, mette in evidenza la distanza abissale tra quelle che erano considerate le possibili evoluzioni della rete e la dura e cruda realtà delle realizzazioni cui quotidianamente assistiamo. Mario, sono con te! Ciò che dici fa male: a fronte delle possibilità veramente “rivoluzionarie” dello stare in rete assistiamo anche qui al dilagare, guarda caso, di una preoccupante e mortificante mediocrità. Nè, d’altro canto, può essere di consolazione la constatazione della non esclusività del fenomeno: se guardiamo agli altri settori critici e strategici per il prossimo futuro del nostro paese, ad esempio a scuola e a politiche energetiche, rischiamo di farci prendere da un irrimediabile sconforto.
Non bello.
Peggio: temo che si tratti di qualche cosa, di una dinamica, del tutto connaturata con la natura dell’essere umano, una dinamica che agisce una trasformazione in senso banalizzante dell’oggetto di volta in volta di interesse. Un classico esempio è, per me, la dinamica che si instaura quando si vuole proteggere un ambiente naturale (l’accostamento sembra forse un pò troppo ardito, ma spero di riuscire a spiegare di cosa si tratta). Questa consapevolezza è maturata in me in seguito alle prime “conquiste” di stampo ambientale ed ecologista a partire dagli anni 80. Gruppi di persone, attivisti di varie associazioni, a quei tempi ancora non era nato alcun partito “verde”, cominciavano una battaglia per la salvaguardia di un tratto di costa: famoso, qui da noi, il caso dello “Zingaro”, ultimo lembo residuo di costa della sicilia settentrionale a non essere servito da una strada e quindi ad essere rimasto immune dalla speculazione edilizia. Oggi Riserva Naturale, a quei tempi era meta di un turismo naturalista e naturista giovanile che trovava accoglienza nelle casette di un minuscolo villaggio di contadini dediti alla coltivazione della “scoparina” , la palma nana dalla quale si facevano le scope ( ere ormai passate) e di qualche albero da frutta. Montagna e mare meravigliosamente insieme a formare una specie di eden fuori dal tempo. Bene, la faccio breve, il progetto di costruzione della strada è stato bloccato e la zona è diventata la prima Riserva Naturale siciliana. Per riuscire in questo obiettivo si è dovuta diffondere la conoscenza e la frequentazione della zona all’intera popolazione, snaturandone, di fatto, la sua intima essenza: l’essere rimasta, nei millenni, una contrada nella quale attività umane ed equilibri naturali erano in perfetto equilibrio e simbiosi. Giusto, ovviamente, fare la Riserva. Prezzo da pagare: una certa volgarizzazione e banalizzazione del suo uso. Stesso tipo di dinamica l’ho notata anche per altri territori: trovare, costruire un valore collettivo, sembra un processo comportante, inevitabilmente, la banalizzazione, la semplificazione estrema, la riduzione della visione originaria. E sto parlando di trovare un valore collettivo, evitando come la peste l’uso del termine massificazione che lascio volentieri all’ambito della pubblicità e comunque del broadcasting.
Ecco, temo che per la rete sia successo esattamente qualcosa dello stesso genere. Ricordo ancora le trasmissioni, per lo più radiofoniche, che nei primissimi anni 90 parlavano di internet, questo nuovo fenomeno sconosciuto ai più. I toni erano quelli della meraviglia e del mistero insieme, della promessa e della vertigine cognitiva. La consapevolezza di un potenziale senza limiti e confini. Sarebbe retorico a questo punto descrivere la situazione attuale; mi piace prendere ad esempio il fatto che anche i colleghi che si vantano di non sapere usare il computer, sono però perfettamente capaci di consultare il cedolino dello stipendio on line. O di scommettere dei soldi su qualche insignificante partita. Il fatto è che la nostra mente è sempre molto più avanti della nostra azione. E che le cosiddette leggi dell’economia sonmo specialiste nel fare piazza pulita di tutte le sottigliezze. Parliamo chiaro: qual’è stato il motore della diffusione di massa della rete in Italia? Brutalmente: l’abbassarsi delle offerte ADSL concepite per far scaricare la musica e film agli adolescenti! Chi, come me, insegna a scuola, ha avuto piena e totale consapevolezza di questo fenomeno. Non voglio qui prendere le parti di chi è contrario allo “sharing” o al processo di ridefinizione dei diritti di utilizzo delle opere pubblicate in rete, tutt’altro, ma solamente voglio far notare come lo sviluppo non sia stato guidato dalle belle idee, dalla voglia di diventare “nodo” della grande ragnatela. I più si sono accostati alla rete come ad una scorciatoia per qualcosa di già noto e arcinoto . . . dobbiamo forse cercare l’equazione che lega la moltiplicazione degli accessi alla banalizzazione?
Vorrei commentare partendo dall’ultima considerazione che ho ritagliato nel clip di questo post: http://w2wai.amplify.com/2010/07/15/per-acquistare-coscienza-del-fatto-che-tradendo-la-rete-riusciamo-solo-a-tradire-noi-stessi/ …
Per il momento mi candido a farlo ..
Piacere di conoscerti
luigi bertuzzi 🙂
E’ sempre un piacere conoscere qualcuno in grado di apprezzare la natura! Seguirò la tua iniziativa!