Stamattina sfoglio il Venerdì della Repubblica di ieri (17 settembre) e vengo colpito subito dal fatto che dei quattro editoriali (rispettivamente di Bocca, Maltese, Ottone, Ceccarelli) ben tre sembrano essere ispirati ad un acuto e irrimediabile pessimismo. La sensazione è che le cose (l’informazione giornalistica, l’opportunismo dei servilisti . . .), in Italia, vanno male; che c’è – ci sarebbe – un urgente bisogno di cambiamento; ma, allo stesso tempo, che i cambiamenti non possono avvenire, se non, eventualmente, in tempi assai lunghi, nei tempi della storia. Il quarto editoriale è centrato sulla fotografia di Kerouac che riguarda il rotolo manoscritto di “On the road”: una boccata d’aria!
Non so se il fenomeno osservato è causato da un ormai generale pessimismo della ragione che non riesce più a scovare alcuna volontà sulla quale sperare in un minimo di ottimismo. Mi viene da pensare che in tempi come questi si (ri)scopre uno dei fondamentali pregi dell’opera artistica: il saper comunicare, magari anche non intenzionalmente, al di là dei livelli e dei condizionamenti culturali. Forse un piccolo antidoto contro il pessimismo?
Vero, verissimo. La sinistra è depressa. Nuove idee sono carenti.
L’arte comunica e solleva. L’arte nutre e rinforza i nostri sentimenti.
Anche il sociale rassicura: c’è qualcosa di vivo, qualcosa che evolve. La politica ed il governo (cui in passato abbiamo dato forse troppa importanza) sono poco più che un insieme di interessi e poltrone ma questo non impedisce la diffusione delle piste ciclabili, dai gruppi di acquisto, del cibo a km 0, di nuove forme artistiche, di slowfood, dei garden-guerrillia di forme solidali ed eco-compatibili eppure epicuree di consumo e vita.
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