Finalmente rese disponibili con Direttiva 16 gennaio 2012, n. 4 (vedi http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=8347) . Si tratta ora di vedere che accoglienza avranno tra i docenti della scuola . . . Ho letto con interesse, oltre alle schede relative alla mia materia di insegnamento, le “linee guida” che ne spiegano finalità e struttura: ne riporto qui alcuni passaggi che mi sono sembrati particolarmente interessanti (il grassetto è mio).
In continuità con le Linee Guida relative al primo biennio, il documento non si pone come un prescrittivo “programma ministeriale”, ma vuole costituire un sostegno all’autonomia delle istituzioni scolastiche, per un’adeguata definizione del piano dell’offerta formativa e una efficace organizzazione del curricolo. In quest’ottica, i contenuti curriculari espressi vanno intesi come unabase di riferimento per la programmazione didattica di istituto, di classe e di insegnamento; essevanno, pertanto, assunte come punto di partenza per una approfondita riflessione da parte di tutti gli operatori interessati.
Viene qui ribadito qualcosa che sia molti colleghi che la maggior parte delle famiglie avrebbero già dovuto sapere da anni: non esiste, non deve esistere più la “lista dei contenuti” impartita dal Ministero! Piuttosto si tratta di costruire un curricolo che preveda lo sviluppo di competenze: scolastiche prima, professionali poi.
. . . ciò che connota gli Istituti Tecnici è l’obiettivo di far acquisire la padronanza di competenze scientifiche e tecnologiche che consentano al diplomato tecnico di interpretare, partecipare, gestire e coordinare processi produttivi caratterizzati da innovazioni continue, anche in una prospettiva di sviluppo. Gli Istituti Tecnici, quindi, si propongono di fornire allo studente una solida base culturale e, nel contempo, una specializzazione attraverso l’approfondimento, disciplinare e interdisciplinare, delle tecnologie e delle competenze scientifiche ad esse collegate, che gli permettano non solo di intervenire nei processi in atto ma anche di sviluppare le capacità creative e progettuali necessarie ad intercettare e presidiare l’innovazione.
Si esprime qui una visione molto “alta” del diplomato. Mi sembra importante lo sforzo di coniugare la crescita personale, la formazione culturale, la formazione professionale.
La risposta ai problemi di cambiamento della Scuola del secondo ciclo non risiede nella riproposizione dell’egemonia della cultura umanistica o di quella della cultura scientifica e tecnologica. I momenti più alti del “genio italiano” sono infatti avvenuti nell’intreccio dei saperi e nella loro feconda integrazione.
Mi pare sia un esplicito invito ad abbandonare una volta per tutte la visione crociana della cultura.
Il miglioramento della qualità dell’offerta di istruzione e formazione si realizza, inoltre, con l’adozione di metodologie didattiche innovative – altro punto chiave della Raccomandazione europea – fondate sia sull’ampio uso delle tecnologie informatiche (IT), sia sulla valorizzazione del metodo scientifico e dell’approccio laboratoriale, diffuso non solo alle discipline tecnologiche, ma a tutte le discipline del curricolo. Si fa riferimento, in particolare, all’utilizzo di aule attrezzate con la lavagna interattiva multimediale (LIM), che consente di gestire l’attività didattica in modo più efficace e funzionale ad una partecipazione “attiva” degli studenti; o, ancor più, ad una didattica laboratoriale, non legata ad uno specifico luogo fisico, attraverso la quale lo studente è chiamato ad affrontare le diverse problematiche disciplinari con metodologie di tipo induttivo, improntate alla pedagogia collaborativa del compito condiviso e del progetto che lo rendono protagonista degli apprendimenti. Per una trattazione più ampia di questo approccio si rimanda alle Linee Guida del primo biennio. Queste metodologie coinvolgono attivamente gli studenti nell’analisi e nella risoluzione di problemi, mobilitano l’insieme delle loro risorse e aiutano a far cogliere l’interdipendenza tra dimensione teorica e dimensione operativa delle conoscenze, fino a costruire dei saperi di tipo professionale.
Viene qua affermato un principio fondamentale: è necessario fare innovazione didattica. Vero che il testo si sbilancia a favore della LIM, cosa che sarà causa di infinite polemiche e resistenze, però bisogna pur affermare che fare didattica significa necessariamente “fare ricerca didattica”. Questo mi pare il senso della dimensione laboratoriale, che non vuol dire che bisogna fare lezione di volta in volta nel laboratorio di informatica o di elettronica o di matematica o . . . . Piuttosto si tratta di una dimensione nella quale la classe si mette al lavoro su un tema, su un progetto, una realizzazione, un qualcosa che veda docenti e studenti lavorare insieme, collaborare, anche rischiando degli insuccessi, per il raggiungimento di un certo obiettivo. Questo è uno dei punti più delicati, sarà per questo necessario che il Ministero preveda, nelle misure di accompagnamento, anche delle iniziative rivolte alla motivazione e all’aggiornamento professionale dei docenti.
Nel secondo biennio, gli aspetti scientifici, economico-giuridici, tecnologici e tecnici sviluppati dalle discipline d’indirizzo assumono le connotazioni specifiche relative al settore di riferimento in una “dimensione politecnica”. Le discipline, nell’interazione tra le loro peculiarità,promuovono l’acquisizione progressiva delle abilità e competenze professionali. L’adozione di metodologie condivise, l’evidenziazione del comune metodo scientifico di riferimento, l’attenzione ai modelli e ai linguaggi specifici, il ricorso al ‘laboratorio’ come spazio elettivo per condurre esperienze di individuazione e risoluzione di problemi, contribuiscono a far cogliere la concreta interdipendenza tra scienza, tecnologia e tecniche operative in un quadro unitario della conoscenza.(Cfr. Regolamento art. 5, comma 2, lettera e).
Concordo in pieno con l’analisi delle linee guida del Ministero ma voglio soffermarmi su un punto cruciale dell’intervento di Carlo: le eventuali iniziative del Ministero per promuovere e incentivare nei docenti la motivazione a rivedere la propria professionalità e ad aggiornarsi.
Prima di tutto sono molto scettica sulla volontà dei docenti di mettersi in discussione e, soprattutto, di mettersi a… studiare (non dimentichiamo fra l’altro che l’età oscilla dai 50 ai 62 e passa ) Da quello che vedo intorno a me la rassicurante routine viene difesa ad ogni costo e viene paradossalmente motivata dalle situazioni di deprivazione culturale presenti in quasi tutte le scuole che non siano i licei.
Last but not least, dove sono i soldi per riformare sul serio la scuola? Bastano teoriche indicazioni scritte ad attuare un severo cambiamento?
Sono ormai una veterana dell’insegnamento ed ho alcune certezze in merito. La scuola che vorrei dovrebbe essere a tempo pieno, confortevole nella logistica ed attrezzata di tecnologie.
Dovrebbe essere rivoluzionata la scansione oraria,gli alunni non costretti ad un avvilente assetto frontale per 6 ore consecutive.
Laboratori, aule arredate ,armadi, scaffali, libri consultabili con facilità e stampanti accessibili e fotocopiatrici e carta , sedie, lim, tende, riscaldamenti, appendi abiti, porte funzionanti, pulizia, decoro e tanto altro ancora.
Può sembrare ridicolo questo elenco ma tutto ciò, nulla di meno, contribuisce a fare della scuola una scuola diversa dove imparare e insegnare sono un piacere. Una scuola dove vengano investite tante risorse perchè si crede nella necessità di volerla cambiare.
Alcune di quelle risorse dovrebbero essere destinate all’aggiornamento di docenti curiosi e volenterosi che meriterebbero di poter fare carriera.
La scuola dei miei sogni, la scuola dell’utopia.
Eugenia, grazie del commento! Ho apprezzato particolarmente quando dici dell’assetto frontale per 6 ore. E aggiungo: aggravato dalla scansione oraria settimanale e giornaliera che ucciderebbe la curiosità anche del più incallito degli appassionati!