Appena finito di leggerlo. Libro piccolo ma molto sostanzioso, soprattutto per chi, come me, non ha una formazione di tipo linguistico. Allo tempo perfettamente leggibile, comprensibile e molto godibile. Non è il caso che mi eserciti in questa sede nel tentativo di scriverne una recensione, in rete se ne trovano di molto migliori di quanto non potrei fare io, mi limito quindi a qualche riflessione, il libro ne sollecita parecchie.
Intanto si tratta di un tema e di un testo che volano molto “alti”! Mai in maniera pretenziosa, accademica o pomposa, tutt’altro. Se De Mauro riesce a renderla così chiaramente è solamente in virtù delle sue indiscusse doti di studioso e di pensatore. E in questo periodo di comunicazione di massa centrata sulle vicende da letto del premier ha costituito per me un vero balsamo rinfrescante. Il testo tratta dei rapporti tra il costituirsi delle lingue e delle identità sociali, in un processo mutuamente generante.
Davvero interessante la parte finale nella quale evidenzia come la Costituzione Italiana preveda la tutela delle minoranze linguistiche come strumento di garanzia delle molteplicità culturali e si occupi di prescrivere la messa in atto della rimozione di tutti gli ostacoli alla partecipazione delle medesime minoranze. Riporto due illuminanti citazioni:
Quello che mi interessa però sottolineare, e che in definitiva il nostro ordinamento ci aiuta a capire, è che nell’ordinamento stesso il nesso fra lingua e società è un nesso portante nella definizione e nell’indicazione dei principi di base, che trovano poi completamento nell’idea degli articoli centrali della Costituzione, sul carattere primariamente pubblico della funzione educante. È compito della Repubblica istituire scuole e università.
E ancora:
Bene, bisogna che alle discussioni che fanno il tessuto della vita democratica possano partecipare tutti, quale che sia la loro lingua materna, usando questa o apprendendo la lingua più diffusa, che è orami diventata davvero la lingua italiana, privilegio di pochi fino a cinquant’anni fa. E scuola ed educazione linguistica hanno una funzione centrale in ciò. Spendere in scuola e in educazione è un investimento per la democrazia.
E’ un balsamo anche che oltre chi scrive libri ci sia chi li legge. 🙂
“I libri sono di chi li legge” diceva un aforisma di De Carlo, visto ieri alla Feltrinelli.
Lo studio della linguistica poi dice tante cose, perchè spiega la logica di formazione dei contenuti profondi di una cultura… il modo di parlare esprime il modo di pensare… è qualcosa di affascinante, perchè è un universo in formazione (a me fa pensare alle divisioni delle cellule). Condivido la necessità di interessare ed educare, specie in modalità non accademiche, ma godibili e aperte a tutti. Un po’ meno credo ormai nella democrazia come forma di governo, mi pare sia il governo delle pecore incoscienti. Però è vero, bisognerebbe poter parlare tutti. Riflessioni balsamiche.
Grazie Treccenere! Io continuo a credere che la democrazia sia possibile e opportuna, semmai i dubbi mi vengono sulle modalità di scelta delle rappresentanze: le elezioni sono infatti ormai assai drogate e dai massmedia e dalla quantità di denaro che alcuni riescono ad investire. Certe volte immagino, in alternativa, una sorta di “servizio civile parlamentare ” di tipo assolutamente gratuito…
De Carlo alla Feltrinelli? Peccato non averlo saputo, è uno degli scrittori italiani che ho sinora più apprezzato.