Nell’intervento Perché non si arriverà a valutare gli insegnanti, Gianni Gandola ci fa notare come, dalle proposte di Berlinguer alle più recenti di Aprea, siano esistite, e continuino tuttore a sussistere, nella scuola, fortissime opposizioni a trovare un qualche sistema che possa premiare, tra i docenti, i capaci e i meritevoli. L’analisi mi sembra del tutto condivisibile e particolarmente apprezzabile l’affermazione che la complessità non può diventare un alibi:
Abbiamo insomma la netta impressione che dietro le affermazioni secondo cui il sistema scolastico è una realtà complessa, la valutazione delle competenze è una questione complessa e per nulla semplice (verissimo), ecc. in realtà ci sia la tendenza (talvolta anche da parte sindacale) a lasciare le cose come stanno. Siccome valutare il “merito” è difficile allora non se ne fa nulla, fino a quando non si trova la soluzione perfetta. Cioè mai.
Sulla conclusione dell’intervento sono meno d’accordo, mi sembra davvero amara e distruttiva . . .
La mia personale e insignificante sensazione è che si possa cambiare i termini della questione e cercare dei sistemi di premio delle attività e dei progetti. Lasciamo stare le distinzioni tra bravi e meno bravi, all’interno delle comunità professionali sono sempre odiose e cerchiamo di premiare fatti e azioni. Se io quest’anno farò un’attività didattica che mi ha impegnato e che è stata utile ai miei alunni, sarà opportuno gratificarmi. Se, nel prossimo anno scolastico il mio impegno sarà minore, mi limiterò a percepire lo stipendio. In tal modo tutti avrebbero la possibilità di accedere a delle incentivazioni, ma non a trasformarle in diritto perpetuo, ovvero in un qualcosa di discriminante tra docente e docente. La pensavo così anche ai tempi della proposta del cosiddetto “concorsone”.
Rimane aperta, naturalmente, la questione relativa alla valutazione delle attività ammesse a premio. Una possibilità da prendere in considerazione sarebbe mutuabile dal sistema americano di assegnazione dei fondi ai progetti di ricerca nelle università: i diversi ricercatori presentano delle proposte che vengono valutate da una moltitudine di commisioni (panel) i cui membri sono scelti tra personaggi di indiscussa competenza e valore scientifico. Per ogni progetto viene calcolato un punteggio e i fondi disponibili assegnati secondo graduatoria. Il sistema è descritto efficacemente da Antonio Scarpa, sovrintendente alla distribuzione dei fondi per la ricerca del Center for Scientific Review (Csr) dei National Institutes of Health (Nih), in una intervista tuttora fruibile sul sito di radio 3. Non sarà perfetto, ma sembra proprio molto convincente sia dal punto di vista della equità delle valutazioni, sia da quello del costo (basso) dell’intero sistema.
Il sistema scolastico italiano prevede fondi per progetti più o meno complessi, più o meno ambiziosi, ma questi non vengono, in genere distribuiti in maniera equa e meritocraticatica nell’ambito di una stessa scuola. Non è raro che il docente più volenteroso porti avanti il proprio progetto senza poter contare sui fondi necessari, né ricevere alcuna menzione di merito per il lavoto svolto.
Siamo sicuri che la valutazione che si auspica non finisca per seguire gli stessi criteri?
Grazie per aver voluto inviare questo commento!
Sicuri non possiamo essere, possiamo solo cercare di trovare dei criteri idonei alla ricerca del bene collettivo. Altro non possiamo . . .
Non vorrei però che si pensasse possibile la messa a punto di sistemi e criteri capaci di evitare le conseguenze della poca correttezza, se non addirittura della disonestà, dei diversi soggetti coinvolti. Il piano deve essere un altro: la poca correttezza si combatte affermando e testimoniando l’etica del lavoro; la disonestà con il ricorso alla giustizia. Non esistono, purtroppo, sistemi e criteri che possano essere immuni dalle grandi o dalle piccole “mafie”.
A proposito di progetti, mai sentito dire che in alcuni casi i criteri per l’assegnazione dei PON vengono fatti in base a “chi” deve fare il PON? Poi visto che ha fatto questa attività “particolarmente formativa” per gli studenti, il docente in questione potrà salire nella graduatoria dei virtuosi! … mi sembra giusto!!!!!
Si, l’ho sentito dire, vivo in questo mondo, con la certezza che non si tratti del “migliore dei mondi possibili”.
Bisognerà comunque trovarli questi criteri! Se quelli sin’ora indicati non vanno bene, proponine altri: sarà un bene per tutti!
Rimango tuttavia convinto che il principio da inventare e poi applicare non debba essere distorto, a monte, dal pensiero che ci saranno sempre “i furbetti del quartierino”.