Sino ad ora sono rimasto freddo e molto distante dalle diverse manifestazioni partite soprattutto dagli ambienti universitari. Sì, devo ammetterlo, non mi convincono molto, si muovono solo adesso che concretamente sono toccati negli interessi personali . . . ma della politica berlusconiana conosciamo i principi e gli obiettivi ormai da molti, troppi anni, mi infastidisce assai che le iniziative non siano partite prima. Né mi meraviglierei di scoprire che una metà di quanti stanno attualmente manifestando hanno, alle ultime elezioni politiche, espresso la loro preferenza nei confronti della coalizione attualmente al governo. Adesso mi sembra troppo tardi.
Sciopero comunque, perché stavolta è unitario, spero in una grande “manifestazione della sinistra” (ammesso che sia ancora possibile usare questi termini col significato che conosciamo), in un qualcosa che riesca a muovere qualcosa al di dentro del pachiderma scolastico al quale appartengo. Pachiderma che ha sempre reagito in modo conservativo alle proposte di riforma, qualsiasi ne fosse la parte proponente. Pachiderma capace di lamentarsi e di continuare a giacere nella totale inazione, anzi di contrastare qualsiasi sollecitazione al cambiamento.
Non spero, non ci riesco, in una qualche pratica conseguenza dello sciopero. Almeno nei termini del ritiro dei provedimenti annunciati. Invece mi auguro possa servire a mostrare ad una metà del paese che esistono dei “marziani” la cui adesione al modello di cittadino proposto dalle emittenti televisive non è totale. Cittadini che ancora non si arrendono alla banalizzazione del vaffanculismo, del “si è sempre fatto così” o, ancora, del “non vi preoccupate che ci penso io”. Che credono ancora nella validità dei principi costituzionali e nella necessità del corretto funzionamento del parlamento. E che lo scopo della cultura sia il benessere dell’individuo e la capacità sociale di affrontare le sfide della complessità .
Autore: Carlo Columba
Ma . . . queste cose ci sono in Sicilia?
Ho avuto ieri l’opportunità di accompagnare gli alunni delle mie classi presso la STMicroelectronics di Catania e ne sono tornato assai favorevolmente impressionato.
Intanto non mi aspettavo di trovare una azienda di questo livello: si, sapevo che si trattava di una grossa azienda produttrice di componenti a semiconduttore, ma diffidenza e siculo cinismo mi spingevano a credere che si trattasse di qualcosa che vivesse ormai grazie alle solite dinamiche di intervento pubblico. Mi trovo invece davanti ad una azienda il cui reparto manifatturiero è in piena produzione (Catania invece di Taiwan o della Cina . . una bella sfida davvero), con elevatissimi standard di competenza, una grande attenzione ambientale e una grandissima attenzione alla salute dei lavoratori se è vero, non ho motivo di dubitarne, che in 46 anni di esistenza non si è verificato nemmeno un incidente mortale. Un ottimo risultato per una azienda che solo a Catania conta 4000 dipendenti diretti e altrettanti nell’indotto.
Mi ha poi molto colpito la competenza e organizzazione con la quale siamo stati accolti: persone cortesi, competenti e garbate ci hanno fatto capire in cosa consiste lo stabilimento, quali siano le diverse parti, quali le competenze del personale, come vengono reclutate le diverse figure professionali, le competenze richieste. Per i nostri alunni era certamente il primo contato con una cultura ed un modo di fare assolutamente differente da quello scolastico.
Inoltre abbiamo avuto la possibilità di visitare un reparto produttivo: attraverso i vetri abbiamo potuto sbirciare entro la zona in “classe 10”, la zona dove vengono prodotti i dispositivi a partire dal vafer vergine di silicio, rendendoci conto del livello tecnologico, della impegnatività degli investimenti, dalla complessità di tutte le componenti del processo, dalle caratteristiche dell’edificio a quelle dei forni per la diffusione. Che dire . . . sembrava di essere in un film di fantascienza, lontani, lontanissimi dalla cappa di inefficenze e di lordure nella quale quotidinamente ci dibattiamo . . .
A riprova della concretezza della visita il comportamento degli alunni, non certo degli agnellini, è stato impeccabile per le circa 5 ore consecutive di attenzione consecutivamente richieste.
Da ripetere!
Moodle International Conference 2008
Qualche breve appunto, qualche breve considerazione personale riguardante l’evento.
Impressioni generali: l’e-learning si è conquistato una sua certa indiscutibile maturità . Aviazione Militare Italiana e Guardia di Finanza hanno presentato i risultati delle attività intraprese per la formazione del personale in servizio: risultati di tutto riguardo, bisogna ammetterlo, se è vero che sono riusciti ad abbassare drasticamente i costi e, allo stesso tempo, incrementare sensibilmente il successo formativo. Bravi, hano proprio dato l’impressione di aver fatto le cose per bene e di essere in grado di continuare a farle anche nel prossimo futuro.
Anche da parte universitaria sono arrivati segnali di maturità del settore: i tempi pionieristici sono terminati, afferma Paula De Waal, adesso siamo nelle condizioni di cominciare a guardare ai dettagli, possiamo studiare e osservare anche gli aspetti più difficili del processo. Si comincia infatti ad indagare nella direzione della cosiddetta “digital abundance” responsabile in taluni casi di innescare processi di edonismo digitale ( il piacere di pubblicare notizie giusto per essere presenti, per farsi notare), oppure di “media collectionism” (essere sempre tra i primi ad entrare a far parte dei nuovi ambienti digitali), oppure ancora di riduzionismo informale.
Interessante poi la proposta, provenuta da più di un oratore, di cominciare a parlare di i-learning, in modo da superare definitivamente il retaggio e le limitazioni insite nell’idea di insegnamento a distanza, abbracciando al contempo le più costruttive ed edificanti interazioni reticolari caratterizzanti l’era internet, la “i” appunto.
Sul versante più strettatemente tecnico di Moodle mi sembra giusto citare l’intervento di Dougiamas, non tanto per la parte, comunque molto interessante, relativa alle caratteristiche di Moodle 2.0, quanto per la scaletta, userei forse la parola tassonomia, dei possibili utilizzi di moodle in ambito didattico. Martin ha fatto notare come, ancora oggi, la maggioranza delle applicazioni di moodle sia piuttosto banale, limitandosi all’uso della piattaforma per la distribuzione di documenti (pdf in testa . .) e per i forum passivi. Le potenzialità crescono molto se si riesce ad utilizzare gli strumenti dedicati alla interazione, wiki e workshop in testa.
Altrettanto interessante l’intervento di Helen Foster: “Ten useful thinghs a teacher can do with roles”, decisamente orientato ad un utilizzo scolastico della piattaforma, con utilissime indicazioni che consentono ai docenti di coinvolgere gli studenti in alcune fasi di amministrazione e gestione della piattaforma stessa ( può, ad esempio, essere utile “promuovere” uno studente a moderatore di un determinato forum).
Molto interessanti anche gli interventi dei numerosi neozelandesi intervenuti; risulta evidente l’utilizzo di moodle per risolvere realmente numerosi casi concreti.
Meno convincenti gli interventi provenienti dal Politecnico delle Marche, ingessati in una tradizione tutta ingegneristica e lontana dai temi delle strategie didattiche.
Non essendomi congeniale, tralascio qualsiasi considerazione per gli interventi provenienti dal mondo più squisitamente aziendale e concludo ricordando che tutti i materiali della conferenza saranno presto liberamente disponibili sul sito.
Towards a new idea of individual
Very stimulating post: Buddhism, chaos and complexity theory
I don’t know the answer posted by the author, but the reading caused me these thoughts: the christian man belong to a group, the church group (catholic or evangelic or . . .). This way he’s forced to be a sort of hero, to bring his own cross, to strongly beat off temptations, to fight against the heresy, to be intolerant.
May be, the buddhist man is fairly different: according to TechTicker he lives inside a network, he is part of a network, his identity comes from networks. Are buddist men intrinsically connectivist? 😉
La Classe
Spinto da molte entusiastiche recensioni sia del film che del romanzo originale, ho visto, ieri sera, “La Classe”.
Film fatto bene, senza ombra di dubbio. Sicuramente deve essere costato molto lavoro e il risultato si vede soprattutto nell’atteggiamento dei ragazzi in classe, atteggiamento che in nessun momento assume l’aspetto di finzione cinematografica e nella scelta del vocabolario e del linguaggio giovanile, perfetti direi, anche nella trasposizione in lingua italiana.
Per quanto mi riguarda il film finisce qui! Per il resto l’ho trovato complessivamente noioso ed inutilmente lungo: dal punto di vista della narrazione cinematografica non accade nulla, o quasi. La descrizione della vita all’interno della classe mi ha dato l’impressione più della “fotografia” che della “vicenda”. Nel finale c’è un tentativo di far accadere qualcosa, qualcosa che faccia scoprire una sorta di profondità nascosta perfino in questi difficili adolescenti: ma il tentativo è goffamente condotto, lo spettatore per niente sedotto dalla scoperta della ragazzina de “La Repubblica” di Platone. E si rimane perplessi per il dialogo finale tra il prof e la ragazza che, all’ultimo giorno di lezioni, una volta usciti tutti i compagni, si avvicina al docente per confidargli che lei non ha imparato nulla e che non vorrà continuare gli studi: decisamente fiacco.
Ma ciò che mi ha addirittura infastidito è stato l’atteggiamento del prof, improntato alla stessa stentorea polemica di quello degli alunni e soprattutto delle alunne: davvero antipatico! E poi dà proprio l’impressione di essere costantemente in imbarazzo, durante l’intero anno scolastico! Beh . . . che dire, qualsiasi classe diventa problematica in queste condizioni! Almeno questa è la mia esperienza: i ragazzi vanno “sentiti” e il comportamento da adottare in classe dipende istante per istante dalla capacità di stare in mezzo a loro, di stare dalla loro parte ma, allo stesso tempo, fare il professore, essere l’adulto di riferimento, fornire le idee giuste nei momenti giusti. Il professore di francese del film sembra invece costantemente spiazzato dal non riuscire a svegliare l’interesse degli allievi per mezzo delle sole argomentazioni logiche e razionali. L’unico momento di deroga si trasforma in un errore, banale errore di relazione, errore grave perché compiuto da un adulto verso un adolescente, da un docente verso un allievo, da un uomo verso una donna. Insomma, un prof veramente disastroso al quale non esiterei a consigliare di cambiare mestiere!
ECDL? No grazie . . .
Qualcosa finalmente si muove al di là della ormai pervasiva certificazione ECDL!
Si tratta di un progetto portato avanti da Antonio Calvani e da un gruppo di esperti dell’Università di Firenze nell’ambito di quelle che l’Unione Europea indica come “competenze chiave”. Riporto qui un brano dalla home del sito digitalcompetence.org:
la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet (RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/keyrec_it.pdf)
CCK08 – Short Paper 1: Your position on Connectivism (Italian)
L’altro giorno in classe ho potuto osservare un comportamento non spiegabile in accordo alla teoria cognitivista. Stavo lavorando coi i miei alunni ad alcuni esercizi riguardanti l’utilizzo del sistema simbolico basato sui numeri complessi per la rappresentazione dei segnali di tipo sinusoidale. Dopo alcune ore di lavoro durante le quali abbiamo affrontato e sviscerato passo passo tutte le diverse difficoltà , i lavori hanno preso un ritmo decisamente differente: le soluzioni ad alcuni problemi arrivavano quasi istantaneamente, certamente ancora prima che fossimo in grado di spiegarne il perché. Come mai? Come può avvenire che la soluzione venga trovata “prima” della capacità di descriverne il processo seguito?
La spiegazione che mi accingo a farne è, ad oggi, la mia “posizione sul connettivismo”.
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CCK08 – Short Paper 1: Your position on Connectivism (English)
Yesterday, in a classroom of mines, I was able to observe something I cannot explain according to the cognitivist theory. Me and my pupils were solving exercises about the symbolic system (complex numbers based) in representation of sinusoidal electric signals. During a few hours we analized in depth, step by step, all different problems; after a certain time, the providing of answers did come out almost instantly, before – I’m sure – we were able to explain how! How come? What’s the process leading to answer “before” the ability to explain the process itself?
I’ll try to elucidate that: this is my “position on connectivism”.
Leggi tutto “CCK08 – Short Paper 1: Your position on Connectivism (English)”
CCK08 – Types of Knowledge and Connective Knowledge map
This night I tried to map Types of Knowledge and Connective Knowledge by Stephen Downes:
Too tired now to write something more. Tomorrow . . perhaps . .