Anno nuovo nuova programmazione

Partenza del nuovo anno scolastico, ancora una volta la voglia di cambiare tutto, come si fa ad andare avanti nello stesso modo? Troppo deprimente!

A distanza di un anno dall’uscita delle “indicazioni” per gli istituti tecnici si sono potute capire una serie di cose, almeno credo di averle capite limitatamente al mio insegnamento: gli “obiettivi” sono elevatissimi, il tempo si è ridotto sia per la diminuzione delle ore settimanali sia perchè la materia “telecomunicazioni” nell’articolazione dove io insegno si fa solo in due anni al posto dei precedenti tre (…), il numero di possibili contenuti cresce continuamente col crescere dell’evoluzione tecnologica… c’è da farsi venire più di un mal di testa. Sicuramente l’impianto classico della trattazione di elettronica e telecomunicazioni non è più adoperabile, dovrebbero rendersene conto anche gli editori e gli autori di testi scolastici che continuano a sfornare “buone” opere, purtroppo non adoperabili dai nostri studenti (il discorso merita da solo un altro post).

La voglia quindi è di partire “col piede giusto” sin dall’inizio: l’idea, già coltivata dalla fine dell’anno scolastico precedente, è quella di mettere a disposizione dei ragazzi  e delle famiglie una programmazione dettagliata alla settimana, una programmazione che li possa informare che in quella data settimana dovranno sostenere una prova di valutazione, gli argomenti della prova, le modalità di valutazione. In questo modo sin dall’inizio tutti avranno la sensazione del “passo” che si dovrà mantenere, avranno chiaro l’orizzonte verso il quale le attività della classe tenderanno, ma soprattutto avranno chiaro che cosa ci si aspetta da loro. Possibilmente in termini trivialmente operativi, scartando le generaliste formulazioni del genere “capacità autonome di rielaborazione” , privilegiando invece richieste operative chiaramente identificabili ( mi riservo di inserire qualche esempio in post successivo).

Date queste premesse che cosa ne discende? Che il momento fondamentale della programmazione è la elaborazione delle prove di valutazione! Il che significa anche l’adozione dell’approccio “centrato sullo studente”:  sapendo che io chiederò loro di eseguire un determinato lavoro, tutto lo sforzo di trasposizione didattica della disciplina ne verrà trasformato. Sembra banale, ma lo spostamento dell’attenzione dai contenuti disciplinari alla prestazione dello studente per una certa prova cambia davvero tutto: se penso alla disciplina, se la mia programmazione ha inizio dai “contenuti”, il mio agire sarà inevitabilmente pseudo-accademico, cercherò di essere esaustivo e completo, non tralasciando alcuno degli aspetti teorici e sistemici. Il che di per sé non sarebbe un male, peccato che non è raggiungibile come obiettivo e, probabilmente, non è nemmeno opportuno (almeno nel caso dei tecnici). Al contrario privilegiare l’aspetto valutativo mi costringe immediatamente, come docente, a pensare cosa effettivamente bisogna “sapere” e come procurare agli studenti l’esperienza del “fare”.

Cosa comporta questo approccio? Intanto si rende immediatamente necessario precisare al meglio le prestazioni richieste: per esempio al posto di chiedere genericamente l’attenzione alla “spiegazione” (già mi sento crescere la barba . . . ) sarebbe più indicato chiedere ai ragazzi la compilazione di un apposita scheda-lezione sulla quale riportare l’argomento (non deve sembrare strano ma spesso gli studenti non sono capaci di riferire su questo), le eventuali affermazioni notevoli, le eventuali espressioni matematiche indispensabili, etc. E per finire qualche rigo di riflessione su quanto rimanga da chiarire e da approfondire, una riflessione che ogni studente ovviamente deve compiere indipendentemente e che non deve essere oggetto di valutazione. Si tratterebbe di uno strumento utile a tenere il “focus” della trattazione e anche ad un minimo di sviluppo di abilità metacognitive. Questo ovviamente è solo un esempio giusto per capire come potrebbe essere possibile precisare cosa ci si attende, cosa “il professore vuole” e durante le attività in classe e durante le attività a casa.

Una seconda ricaduta, ahimè assai onerosa per il docente, è quella relativa ai libri di testo che diventano immediatamente non più utili sia per quanto prima accennato, sia perché la scansione richiesta non è più per contenuti ma per competenze. Conseguenza: sempre più frequentemente il docente dovrà indicare ai ragazzi materiali alternativi e/o fornire loro dei materiali auto-prodotti, materiali perfettamente centrati sulle prestazioni che si andranno a verificare e a valutare.

La scommessa dunque è grossa, il risultato, il completamento di tutte le fasi di progettazione e programmazione, probabilmente raggiungibili in un arco di tempo di alcuni anni scolastici, con ricadute e interazioni sulle programmazioni a livello di dipartimento.

 

Autore: Carlo Columba

Nato (1956), cresciuto e vissuto a Palermo ma certamente non "palermitano doc", piuttosto mi sento pronto per un trasferimento in svizzera… Insegno elettronica negli istituti tecnici industriali ma provengo da esperienze di progettazione e produzione nel campo della multimedialità sequenziale e interattiva. Amante della natura e del silenzio da sempre coltivo la fotografia come personale e indispensabile autoterapia.

4 pensieri riguardo “Anno nuovo nuova programmazione”

  1. Una bella ristrutturazione dell’edificio didattico! Un solo dubbio: quali sono i criteri di costruzione delle prove? Non devi presupporre una gerarchia di abilità? Forse sei aiutato dalla strutturazione propria della disciplina che intrinsecamente ha una gerarchia nell’apprendimento dai contenuti più semplici ai più complessi. Io mi sono sempre trovato in difficoltà perché la mia disciplina (filosofia) parte da contenuti molto difficili che mal si adattano a una trattazione di livello semplice. La scansione dei contenuti, pare assurdo, parte dai più complessi. Allora mancandomi la bussola dei contenuti mi trovo un po’ spiazzato.

    1. Sicuramente c’è una propedeuticità dei diversi argomenti che, almeno in parte, ti obbliga a seguire la trattazione in un certo ordine. Tuttavia, trattandosi di tecnologia, ci troviamo sempre nella situazione classica dell’automobilista: quanto è necessario conoscere del funzionamento del motore, delle sospensioni, dei freni? Certamente più se ne sa meglio è ma un corretto addestramento (imparare materialmente a guidare) mette chiunque in condizioni di guidare l’auto senza problemi. Se si vuole (ed infatti è previsto dall’esame per la patente) che l’automobilista sia in condizioni di cambiare la ruota bucata, valutare se bisogna cambiare l’olio, interpretare una spia di segnalazione e altre cosette di questo tipo allora è necessaria anche una competenza che riguarda alcune specifiche componenti e alcuni aspetti fondamentali del “sistema auto”. In poche parole: dipende dalle competenze che si dichiara di voler raggiungere.
      Capisco che per l’insegmanto della filosofia non sia applicabile il criterio “funzionalista” appena esemplificato! Tuttavia la scelta delle competenze da raggiungere, scelta sicuramente più difficile che per altri insegnamenti, dovrebbe poter costituire una guida “forte” per la scelta dei criteri delle prove di valutazione. In sostanza (spero di mon risultare presuntuoso, il mio è solamente un tentativo di comprensione e di collaborazione): la problematica forte è quella della selezione delle competenze auspicabili e raggiungibili, le conoscenze necessarie per le quali vengono solo in subordine.

  2. Uno stimolo migliore non potevi dare, soprattutto in questo periodo.
    E su tutto sono d’accordo con te, per questo la mia “spinta” a continuare potrebbe farti capitombolare 🙂
    E’ anche giusta l’osservazione di Silvio che però, almeno a mio parere, si potrebbe risolvere se si aggiungesse una reale voglia di “stravolgere” gli schemi, insieme alla soluzione che prospetti. Allentare quindi la morsa che lega, noi insegnanti, alle abitudini, ai modi, ai tempi, ai luoghi, alla modalità di verifica degli apprendimenti, alla valutazione. Non tutti gli insegnanti sono pronti e questo, secondo me, è il vero problema. Mi spiego meglio. Finora ho interpretato secondo la visione dell’insegnante, del professionista dell’insegnamento. Chi ha voglia, chi non ha paura, può provare a cambiare. Ma per l’innovazione ci vuole uniformità di intenti, condivisi non solo dall’intero corpo insegnante ma da tutta la comunità scolastica, e qui mi fermo per non strafare. Come viene interpretato il tuo pensiero se il punto di osservazione è quello degli alunni, dei genitori? Negli ultimi anni, da quando ho intrapreso il difficile cammino che porta dalla centralità dell’insegnante alla centralità dell’allievo (come sottolinei anche tu), il maggior ostacolo incontrato è stato l’atteggiamento di alcuni alunni, rafforzato talvolta dai loro genitori. Esiste una inerzia al cambiamento legata al fatto che nel nuovo modo di fare scuola, che prospettano, ad oggi, solo alcuni insegnati, l’impegno, la serietà, la voglia di imparare, la consapevolezza dell’importanza del “diritto” di apprendere a scuola, dovrebbero essere ancor più saldi negli studenti di quanto lo siano stati finora. Questo problema esiste? Che ne pensi? Come. o meglio quando, potrebbe dirsi risolto?

    1. Ti ringrazio per l’intervento! Forse tu stai parlando di “rigore morale” che dovrebbe essere manifestato dagli studenti, di qualcosa che in questo periodo storico non è che sia molto frequentato. Più che pensare ad una soluzione del problema mi limito a cercare di fare qualche proposta che sia il più possibile sensata. I ragazzi, lo sappiamo, crescono in un ambiente fortemente determinato dalle interazioni con gli adulti da un parte e da quelle con il mercato dall’altra, interazioni caratterizzate, le prime, da un frequente sentimento di disillusione e di scoraggiamento, le seconde dalla costruzione di miraggi fatti di successi raggiunti con poco sforzo. La miscela è letale per la motivazione dei più…Per quanto mi riguarda spero che il mio pensiero venga interpretato come una possibilità di fare qualcosa di diverso, di meno barboso. Soprattutto qualcosa che metta o ragazzi in condizione di poter credere in se stessi perchè stanno riuscendo a fare qualcosa.

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